Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9770 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9770 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MELITO DI PORTO SALVO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/10/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso, la memoria difensiva e la ordinanza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che la concessione delle misure alternative alla detenzione è rimessa alla valutazione discrezionale della magistratura di sorveglianza, che deve verificare, al di fuori di ogni automatismo, la meritevolezza del condanNOME in relazione al beneficio richiesto e l’idoneità di quest’ultimo a facilitarne il reinserimento sociale (da ultimo, Sez. 1, n. 8712 del 08/02/2012, Tanzi, Rv. 252921-01);
Considerato altresì che, in tema di detenzione domiciliare speciale ex art. 47quinquies Ord. pen. in favore di detenuto padre di prole di età inferiore a dieci anni quando la madre versi nell’impossibilità di prestarle assistenza e non vi sia altro modo di affidarla ad altri che al padre, la nozione di siffatta condizione di impossibilità della madre deve identificarsi con quella che – per l’emersione di oggettivi fattori impeditivi inerenti alla sfera di azione della medesima – determina il rischio concreto per la prole di un grave “deficit” assistenziale e di un’irreversibile compromissione del suo processo evolutivo ed educativo (Sez. 1, n. 4796 del 08/02/2021, G., Rv. 280789, principio nnassimato rispetto alla fattispecie di prole con handicap grave ma valevole anche per il caso in esame);
Ritenuto, che, nella specie, il Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria, con motivazione adeguata e non manifestamente illogica, ha respinto la richiesta alla luce dello stadio assolutamente prematuro del trattamento penitenziario (visto il recente ingresso del detenuto in carcere per l’espiazione di condanna relativa a reati di sicura gravità), della pendenza di un procedimento per reati analoghi a quello in espiazione, delle non poche segnalazioni di polizia anc:he per fatti recenti e successivi a quelli relativi alla condanna, dell’assenza di riscontri circa l situazione di impossibilità della madre di occuparsi della prole (atteso che lo svolgimento di attività lavorativa da parte della stessa risulta limitato a sei ore a giorno e che i figli frequentano regolarmente la scuola dell’obbAgo nelle ore in cui la madre è impegnata nel lavoro) e della riscontrata presenza di altre figure familiari di supporto;
Considerato, pertanto, che, il ricorso articola deduzioni generiche, in fatto e prive di reale confronto con il provvedimento impugNOME, la cui motivazione risulta congrua ed esente da vizi logici;
Rilevato altresì che le informazioni valorizzate dal Tribunale sono state riferite dalla madre della prole, e, pertanto, non realizzano una forma di travisamento per
invenzione (v. pag. 2 dell’ordinanza), e che il ricorrente non ha dimostrato la rilevanza di quanto sarebbe stato dedotto nella memoria difensiva asseritamente non esaminata dai giudici a quo;
Rilevato, infine, che la detenzione domiciliare speciale di cui all’art. 47quinquies, Ord. pen., contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non si sottrae comunque alla necessità di verificare l’adeguatezza della misura alle finalità di reinserimento sociale e postula che non vi sia il concreto pericolo di commissione di ulteriori reati (v. Sez. 1, n. 47092 del 19/07/2018, Barbi Cinti, Rv. 274481);
Ritenuto, pertanto, che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2024.