Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35627 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35627 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
XXXXXXXXXXXXXXX
avverso l’ordinanza del 03/04/2025 del TRIBUNALE di SORVEGLIANZA di BARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Bari ha rigettato l’istanza volta ad ottenere la detenzione domiciliare ex art. 47ter , comma 1bis legge 26 luglio 1975, n. 354, presentata da XXXXXXXXXXXXXXXX, detenuto in espiazione della pena di anni sei e mesi dieci di reclusione (con fine pena attualmente fissato al 27/03/2026), inflittagli per il reato di violenza sessuale pluriaggravata, con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Larino del 27/05/2019.
Ricorre per cassazione XXXXXXXXXXXXXXXX, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo un motivo unico, mediante il quale denuncia vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., per inosservanza o erronea applicazione dell’art. 47ter comma 1bis Ord. pen., nonchØ per mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il Tribunale di sorveglianza di Bari ha svolto una ricognizione ponderata, in punto di meritevolezza della concessione della auspicata misura alternativa, attribuendo valenza negativa alla osservazione della personalità del soggetto e considerando ancora sussistente il rischio di recidiva, stante l’assenza di un pur minimo percorso di revisione critica delle proprie azioni, ad opera del condannato; sulla base di tali elementi, Ł stata formulata una prognosi negativa. Le censure difensive mirano esclusivamente ad ottenere una diversa valutazione in fatto, incentrata sul medesimo compendio documentale e processuale già valutato nell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł da dichiarare inammissibile.
Giova ricordare, in primo luogo, come la misura della detenzione domiciliare di cui all’art. 47ter , comma 1bis , Ord. Pen. – stando al dettato normativo – possa trovare
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
applicazione, per l’espiazione di pena detentiva residua non eccedente i due anni, pur se costituente residuo di maggior pena, «quando non ricorrono i presupposti per l’affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea a evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati».
In assenza di piø dettagliate indicazioni normative, quanto alle condizioni alle quali ancorare la valutazione circa la concessione della detenzione domiciliare, nelle ipotesi indicate dall’art. 47ter , comma 1bis , Ord. pen., salva l’insussistenza di condizioni per l’affidamento in prova al servizio sociale, il Tribunale di sorveglianza Ł tenuto a dar conto delle ragioni specifiche, in base alle quali tale beneficio possa risultare idoneo ad evitare che il condannato commetta altri reati. Tali elementi possono riguardare tanto l’efficacia delle prescrizioni imposte, quanto le caratteristiche di personalità del soggetto, ovvero anche i progressi da quest’ultimo fatti registrare, durante l’eventuale trattamento intramurario, o infine gli esiti delle indagini svolte sulla condotta serbata, in ambiente libero (Sez. 1, n. 56703 del 05/06/2018, COGNOME, Rv. 274657 – 01; Sez. 1, n. 6712 del 01/12/1999, COGNOME, Rv. 215098).
2.1. Tanto premesso, il ricorrente si trova – come sopra già esposto – in espiazione di una condanna riportata per il reato di violenza sessuale, commesso nei confronti di alunni; avendo terminato di scontare la porzione di pena inerente al reato ostativo, si troverebbe – in via teorica – in condizioni adatte ad accedere alla invocata misura alternativa.
Il provvedimento reiettivo assunto dal Tribunale di sorveglianza – ad onta delle deduzioni difensive – trae però alimento non solo dal presupposto della gravità del fatto commesso, bensì soprattutto dalla considerazione della totale assenza di resipiscenza e consapevolezza di quanto posto in essere, da parte sia del condannato che della famiglia intera. In quest’ottica – secondo l’avversata ordinanza – il rientro del soggetto in casa esplicherebbe addirittura un effetto demolitorio, rispetto ai progressi eventualmente già compiuti dallo stesso, nel percorso rieducativo.
Adeguatamente valutato, inoltre, risulta l’ulteriore profilo dedotto nell’impugnazione, ossia il corretto comportamento serbato durante il periodo detentivo; il Tribunale di sorveglianza, nondimeno, giudica tale percorso ancora insufficiente, a legittimare la concessione delle richieste misura alternative. Si sottolinea nel provvedimento impugnato, inoltre, come il condannato non abbia mai fruito di benefici premiali e, quindi, come non ne sia stata mai sperimentata la condotta all’esterno.
2.2. Per aggredire tale struttura motivazionale – che Ł esaustiva, lineare e priva del pur minimo spunto di contraddittorietà, logica o infratestuale – il ricorrente evidenzia anzitutto di esser stato assoggettato, in sede di cognizione, alla misura cautelare degli arresti domiciliari, poi sostituita dall’obbligo di presentazione alla p.g., senza aver mai commesso trasgressioni di qualsivoglia genere. Il pericolo di recidiva – posto a fondamento del provvedimento impugnato – sarebbe dunque del tutto privo di base reale, non influendo sullo stesso, in particolare, la carenza di revisione critica di quanto commesso. In realtà – prosegue la difesa nell’impugnazione – non Ł richiesto un completo ravvedimento del condannato, bensì solo la possibilità di formulare un sufficiente giudizio prognostico, in ordine alle possibilità di far fronte alla residua pericolosità del condannato.
Non sarebbe possibile riconnettere decisivo rilievo – in ipotesi difensiva – nØ alla mancanza di compiuta revisione critica, nØ al vissuto delinquenziale del soggetto. Non si sarebbe considerato, infatti, trattarsi di fatti estremamente risalenti nel tempo e non seguiti da ulteriori violazioni di alcun tipo; il condannato, inoltre, non avrebbe la possibilità di reiterare il reato, in ragione della impossibilità di entrare in contatto nuovamente con
l’ambiente scolastico, visto che andrebbe a svolgere, da remoto, una diversa attività lavorativa, alle dipendenze della ditta che si Ł dichiarata pronta ad assumerlo.
2.3. Non vi Ł chi non rilevi come vengano articolate, in tal modo, censure estranee al perimetro valutativo riservato al giudizio di legittimità, in quanto costituite da mere doglianze versate in fatto e non scandite da una specifica critica, rivolta al complesso delle argomentazioni poste a base dell’ordinanza.
In definitiva il giudice a quo , nell’esercizio del potere discrezionale di cui Ł titolare (Sez. 1, n. 8712 del 08/02/2012, COGNOME, Rv. 252921-01), ha sottolineato come sia necessario attenersi al principio di gradualità (si veda Sez. 1, n. 27264 del 14/01/2015, COGNOME, Rv. 264037 – 01: ‹‹Prima di ammettere il condannato a misure alternative alla detenzione, il Tribunale di sorveglianza, pure quando sono emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, al fine di verificare la attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre con la concessione delle stesse, specie se il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacità a delinquere e della verosimile contiguità con ambienti delinquenziali di elevato livello››; così anche Sez. 1, n. 22443 del 17/01/2019, Froncillo, Rv. 276213 – 01).
L’insieme dei sopra enucleati elementi – ciascuno di univoca significazione e tra loro perfettamente collimanti – impone infatti, a giudizio del Tribunale di sorveglianza, di disattendere la richiesta, in ossequio appunto al succitato principio generale della gradualità trattamentale.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma – che si stima equo fissare in euro tremila – in favore della Cassa delle ammende (non ravvisandosi elementi per ritenere il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della causa di inammissibilità, conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000). Ricorrendone le condizioni, infine, deve essere disposta l’annotazione di cui all’art. 52, comma 1, del decreto legislativo 20 giugno 2003, n. 196, recante il ‘codice in materia di protezione dei dati personali’.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 29/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.