Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30259 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30259 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
– Relatore –
Sent. n. sez. 2012/2025
CC – 10/06/2025
2. XXXXXXXXX propone, tramite i propri difensori, ricorso per cassazione, deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 32 Cost., 47 ter commi 1 ter ed 1 quater , 684 cod. proc. pen. e 147 n. 2 cod. pen., 164 cod. pen. e 674 cod. proc. pen., nonchŁ mancanza e contraddittorietà della motivazione in relazione al giudizio di pericolosità del ricorrente.
Il Tribunale non ha adeguatamente valutato la compatibilità delle gravi condizioni di salute del detenuto con il regime detentivo intramurario, come attestate dalla relazione del 15/05/2024 del prof. COGNOME dell’ASL Roma, che evidenziava i «gravissimi rischi per la salute e la vita» derivanti al richiedente dal perdurare del regime detentivo; proprio l’aggravarsi delle condizioni di salute aveva infatti comportato il ricovero del ricorrente dal 29/10/2024 al 10/04/2025 presso l’ospedale Belcolle di Viterbo; a seguito delle dimissioni dal nosocomio si era inoltre reso necessario il trasferimento del detenuto dal carcere di Civitavecchia al centro clinico di Rebibbia.
L’ordinanza impugnata Ł inoltre affetta da grave vizio motivazionale nella parte in cui ha ritenuto sussistente la pericolosità sociale del ricorrente, atteso che il condannato si trova in espiazione di pene per reati commessi sino al 2009; che allo stesso era stata concessa la detenzione domiciliare ex legge 199 del 2010, poi revocata in considerazione della sopravvenienza di un nuovo provvedimento di cumulo comprendente il reato di cui all’art. 648 cod. pen., commesso in epoca anteriore prossima al 07/11/2006: Ł pertanto manifestamente illogica l’ordinanza nella parte in cui si evidenzia un pericolo di recidivanza da parte di soggetto che non commette reati da quasi vent’anni.
3. Il sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
2.Va preliminarmente, osservato che la concessione della detenzione domiciliare, il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica ai sensi dell’art. 147 cod. pen. e il differimento obbligatorio ai sensi dell’art. 146 dello stesso codice sono istituti che si fondano sul principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge senza distinzione di condizioni personali (art. 3 Cost.), su quello secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (art. 27 Cost.) e, infine, su quello secondo il quale la salute Ł un diritto fondamentale dell’individuo (art. 32 Cost.);quindi, a fronte di una richiesta di differimento dell’esecuzione della pena per ragioni di salute o di detenzione domiciliare per grave infermità fisica, il giudice deve valutare se le condizioni di salute del condannato, oggetto di specifico e rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all’interno dell’istituto penitenziario o, comunque, in centri clinici penitenziari, e se esse siano o meno compatibili con le finalità rieducative della pena, con un trattamento rispettoso del senso di umanità, tenuto conto anche della durata del trattamento e dell’età del detenuto, a loro volta soggette ad un’analisi comparativa con la pericolosità sociale del condannato e alla possibilità che un eventuale (anche residuo) rischio di recidiva sia adeguatamente fronteggiabile con la detenzione domiciliare cosiddetta umanitaria, considerate le limitazioni
e le restrizioni ad essa apponibili; il giudice deve, quindi, operare un bilanciamento di interessi tra le esigenze di certezza e indefettibilità della pena, nonchØ di prevenzione e di difesa sociale, da una parte, e la salvaguardia del diritto alla salute e ad un’esecuzione penale rispettosa dei criteri di umanità, dall’altra, al fine di individuare la situazione cui dare la prevalenza;di tale valutazione deve dare conto con motivazione compiuta, ancorchØ sintetica, che consenta la verifica del processo logico-decisionale ancorato ai concreti elementi di fatto emersi dagli atti del procedimento.
Questa Corte ha, inoltre, sottolineato che ai fini dell’accoglimento di un’istanza di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute, ai sensi dell’art. 147, comma primo, n. 2, cod. pen., non Ł necessaria un’incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione, ma occorre pur sempre che l’infermità o la malattia siano tali da comportare un serio pericolo di vita, o da non poter assicurare la prestazione di adeguate cure mediche in ambito carcerario, o, ancora, da causare al detenuto sofferenze aggiuntive ed eccessive, in spregio del diritto alla salute e del senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario (Sez. 1, n. 27352 del 17/05/2019, Nobile NOME, Rv. 276413).
La valutazione in ordine alla compatibilità tra il regime detentivo carcerario e le condizioni di salute del detenuto – o anche sulla possibilità che la prosecuzione dello stato detentivo si risolva in un trattamento inumano o degradante – deve essere condotta raffrontando le complessive condizioni di salute del condannato e le cure praticabili in ambiente carcerario, ovvero anche presso i presidi sanitari territoriali (artt. 47ter , comma 1, lett. c ) e art. 11 Ord. pen.). Tale valutazione involge un giudizio non solo in punto di astratta idoneità di tali presidi posti a disposizione del condannato, ma anche di effettiva idoneità delle cure praticabili presso gli stessi.
Nella concreta fattispecie, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha mostrato di saper fare buon governo dei principi sin qui riassunti, adottando un apparato motivazionale coerente ed esaustivo, immune da vizi logici e giuridici e, quindi, incensurabile in sede di legittimità. Effettuato un attento esame della documentazione medica versata nell’incarto processuale, il Tribunale Ł giunto ad un giudizio di compatibilità tra lo stato di restrizione in carcere e la condizione morbosa nella quale versa il condannato.
L’ordinanza impugnata, in particolare, dopo avere analizzato le piø recenti relazioni sanitarie, ha motivatamente messo in luce come il detenuto sia affetto da un quadro patologico certamente complesso, ma, purtuttavia, privo di risvolti critici espressivi del rischio di aggravamenti, scompensi o complicanze tali da non poter essere gestiti in ambito murario.
Peraltro, Ł stato anche sottolineato come il ricorrente avesse, nel maggio 2024, rifiutato un ricovero per un dolore toracico, e che nell’estate del 2024 avesse intrapreso uno sciopero della fame rifiutando la terapia ipertensiva.
Sul punto, si richiama l’esegesi di legittimità di questa Corte, che ha già affermato, ed intende ribadire, il seguente principio: «I trattamenti sanitari nei confronti del detenuto sono incoercibili ma, se potenzialmente risolutivi di condizioni di salute deteriori, in forza delle quali il detenuto medesimo chiede il differimento della pena, o una misura alternativa alla detenzione, la loro accettazione si pone come condizione giuridica necessaria alla positiva valutazione della relativa richiesta» (Sez. 1, n. 5447 del 15/11/2019 dep. 2020, COGNOME, Rv. 278472; Sez. 1, n. 46730 del 18/10/2011, COGNOME, Rv. 251414; Sez. 1, n. 266 del 21/02/1996, COGNOME, Rv. 203826). Detto principio risponde ad una evidente esigenza di non strumentalizzare le patologie di cui si sia portatori, in vista del risultato di ottenere il differimento della pena: invero, la condizione di sofferenza autoprodotta dal condannato,
realizzata cioŁ mediante comportamenti come la mancanza di collaborazione per lo svolgimento di terapie e di accertamenti o il rifiuto dei medicamenti e del cibo, non può essere presa in considerazione ai fini del bilanciamento tra esigenze di salvaguardia dei diritti fondamentali ed obblighi di effettività della risposta punitiva, non potendosi pretendere tutela di un diritto abusato ed esercitato in funzione di un risultato estraneo alla sua causa (Sez. 1, n. 26540 del 04/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270269; Sez. 1, n. 39986 del 08/05/2019, COGNOME, Rv. 277488).
Anche il profilo della pericolosità sociale Ł stato adeguatamente scandagliato nell’impugnata ordinanza, contrariamente all’assunto difensivo, essendosi valorizzato come il ricorrente fosse stato estradato dalla Tunisia nel 2016 per espiare gravi reati; che, dopo essere stato ammesso allavoro esterno, ne avesse violato le prescrizioni, e che avesse subìto una sanzione disciplinare per utilizzo di un telefono cellulare.
In tali termini, deve dirsi assolta la verifica del bilanciamento tra il diritto alla salute del condannato e le esigenze di sicurezza della collettività.
La decisione impugnata si palesa, pertanto, congruamente argomentata e frutto del fisiologico esercizio della discrezionalità giudiziale, a fronte della quale il ricorrente oppone obiezioni meramente confutative e del tutto inidonee ad individuare sintomi di illogicità o contraddittorietà.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Deve, infine, rilevarsi che, in caso di diffusione del presente provvedimento, devono essere omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 10/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME