Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2166 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2166 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato ad Andria il 21/03/1975;
avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma del 30/10/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto la domanda di detenzione domiciliare proposta da NOME COGNOME ai sensi degli artt. 47-ter Ord. pen. e 16-nonies d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, conv. con I. 15 marzo 1991, con riferimento alla pena ad anni trenta di reclusione di cui al provvedimento di cumulo n.102/2024 emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania in data 12 aprile 2024.
1.1. In particolare, l’ordinanza ha osservato che la richiesta (sulla quale la Direzione Nazionale Antimafia aveva espresso parere favorevole) era ammissibile ai sensi del comma 5 del citato art. 16-nonies avendo il detenuto espiato le inflittegli per i reati ostativi indicati nell’art. 4-bis Ord. pen. ed in quanto il suo rapporto di collaborazione con la giustizia è iniziato nel corso della carcerazione e per reati differenti rispetto a quelli per i quali sta espiando la pena.
1.2. Ciò posto, il Tribunale di sorveglianza ha escluso di potere accogliere la richiesta escludendo la sussistenza del ravvedimento prescritto dal sopra richiamato art. 16-nonies e una maturazione solida ed affidabile del detenuto di portata tale da escludere il pericolo di recidiva, tenuto conto che i pareri favorevoli espressi dalla D.N.A. e dagli operatori penitenziari erano fondati essenzialmente sulla collaborazione con la giustizia, elemento non sufficiente a manifestare il ravvedimento del soggetto, vista anche la pregressa condotta carceraria non regolare, il solo recente inizio della collaborazione e l’atteggiamento giustificativo del detenuto rispetto al duplice omicidio da lui commesso nel 1999.
Inoltre, nemmeno la circostanza della fine della pena non lontana (fissata al 18 giugno 2025) è stata considerata elemento valido, di per sé solo, ai fini della concessione del beneficio richiesto.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo pe l’annullamento del provvedimento impugnato.
2.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione di legge ed il vizio di motivazione per avere disatteso, senza una adeguata motivazione, tutti i pareri favorevoli alla
concessione della detenzione domiciliare per il residuo della pena (pari a circa sette mesi) e senza tenere conto della sua collaborazione con la giustizia.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la carenza, illogicità e contraddittorietà dell motivazione rispetto alla ritenuta insussistenza dell’elemento del ravvedimento, nonostante il contenuto positivo della relazione del carcere ed i pareri espressi dalla D.N.A. e dalla D.D.A. a favore della ammissione alla misura alternativa richiesta ed il fatto che il sicuro ravvedimento è richiesto ai fini della liberazione condizionale avente natura sicuramente differente e caratteristiche più ampie rispetto al beneficio ex art. 47-ter Ord. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso (i cui motivi possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione) è infondato.
Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di adozione delle misure alternative alla detenzione, allorché il giudice di merito abbia accertato una propensione a delinquere del soggetto, desunta dal tipo di reato commesso e dalla assenza (o non completamento) di un processo di revisione critica, è giustificato il giudizio prognostico negativo in ordine alle probabilità di successo dell’applicazione di misure alternative al regime carcerario, non essendo sufficiente l’assenza di indicazioni negative ed occorrendo, invece, elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di esito favorevole della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 11573 del 05/02/2013, COGNOME, Rv. 255362; Sez. 1, n. 4553 del 21/06/2000, COGNOME, Rv. 216914).
La valutazione delle condizioni per la concessione delle misure alternative alla detenzione è, quindi, compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre non sono ammesse le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già esaminate da detto giudice.
Posto in astratto quanto sopra deve notarsi, con riferimento al caso concreto ora in esame, che il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rispettato i suddetti principi e non è incorso in alcun vizio di violazione di legge e di motivazione. Infatti, in ossequio al principio sopra indicato, è stato osservato con motivazione congrua ed esente da vizi logici – che non era possibile escludere la persistente pericolosità dell’odierno ricorrente in considerazione della solo recente sua scelta di collaborare con la giustizia, della tendenza a giustificare i gravi delitti commessi ed alla luce della irregolare condotta da lui serbata in carcere prima della collaborazione (tra cui il rinvenimento di un telefono cellulare in suo possesso).
3.1. Sulla base di tali elementi il provvedimento impugnato, in modo non manifestamente illogico, ha escluso la possibilità di concedere la detenzione domiciliare ritenendo, invece, necessaria una prosecuzione dell’osservazione inframuraria al fine di valutare la reale portata del processo di risocializzazione solo di recente intrapreso dal detenuto.
3.2. Si tratta, all’evidenza, di una valutazione di fatto, espressa in modo compiuto e logico, mentre il ricorrente – pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione – vorrebbe in realtà pervenire ad una non consentita lettura alternativa degli elementi di merito coerentemente esaminati dal giudice a quo per respingere la richiesta di detenzione domiciliare.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2025.