Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3793 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3793 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Enna il 10/8/1980 avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Milano del 7/5/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 7.5.2024, il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha provveduto su una domanda di detenzione domiciliare e affidamento in prova presentata da COGNOME NOME NOME in relazione alla pena di quattro anni e sette mesi di reclusione per il reato di atti persecutori (2017 e 2019).
L’ordinanza premette che il detenuto ha presentato un’istanza in data 21.10.2023, con cui ha chiesto l’affidamento in prova e ha evidenziato la necessità
di riprendere il lavoro presso la sua agenzia immobiliare, dando atto della disponibilità di un domicilio in caso di concessione di misure alternative. In seguito, con istanza del 5.2.2024 il detenuto ha chiesto anche la concessione della misura alternativa della detenzione domiciliare.
Il Magistrato di sorveglianza di Milano, con provvedimento in data 25.3.2024, ha respinto l’istanza di affidamento in prova, evidenziando che non sussistesse alcun grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione e, in ogni caso, esprimendo perplessità relative al luogo di svolgimento dell’attività lavorativa, che è prossimo all’abitazione della persona offesa del reato di cui all’art. 612-bis cod. pen., per il quale il detenuto sta espiando la pena.
Successivamente, il Magistrato di sorveglianza, con provvedimento del 2.4.2024, ha respinto anche l’istanza di detenzione domiciliare presentata ex L. 199 del 2010, ritenendo che le condotte poste in essere dall’imputato durante il periodo in cui era stato sottoposto agli arresti domiciliari non consentivano di formulare un giudizio prognostico positivo in ordine all’astensione dalla commissione di altri reati; evidenziava, in particolare, che sia in sede di misura cautelare, sia successivamente, ai sensi dell’art. 656, comma 10, cod. proc. pen., il ricorrente aveva dimostrato mancanza di autocontrollo, minacciando telefonicamente la persona offesa e i carabinieri, ragione per la quale il Magistrato di sorveglianza aveva revocato la misura il 20.3.2023.
Ciò premesso, il Tribunale di Sorveglianza rileva che, alla luce di questi fatti, erano state già rigettate precedenti istanze di affidamento in prova e di detenzione domiciliare con ordinanze del 16/5/2023, 19/10/2023 e 27/11/2023, ritenendo che le misure alternative fossero del tutto premature e inidonee a prevenire il pericolo di recidiva. Il provvedimento del Magistrato di sorveglianza aveva dato atto, altresì, che anche le relazioni di sintesi del 23/11/2023 e del 18/3/2024, pur segnalando che il detenuto negli ultimi mesi avesse aderito positivamente al percorso rieducativo, individuavano come programma trattamentale l’ammissione al beneficio del lavoro all’esterno ex art. 21 Ord. Pen., previa verifica dell’idoneità del luogo del lavoro con riferimento ai luoghi in cui vive la persona offesa dello stalking.
L’ordinanza impugnata richiama, altresì, due procedimenti pendenti a carico del condannato (uno per i reati di cui agli artt. 336, 341-bis cod. pen. del 28.9.2022 e uno per il reato di cui all’art. 612-bis cod. pen. del 26.1.2023), posti in essere mentre si trovava agli arresti domiciliari. Fa riferimento, infine, ad una nuova relazione di sintesi del 2.5.2024, in cui si dà atto che il detenuto frequenta un corso di arte terapia, che gli ha consentito di fare progressi, e in cui si esprime parere favorevole alla detenzione domiciliare.
In conclusione, l’ordinanza, evidenziato che il percorso trattamentale con partecipazione a gruppi dedicati agli autori di reati di maltrattamenti è appena iniziato e tenuto conto dei procedimenti pendenti, rigetta l’istanza, ritenendo più opportuno che il detenuto prosegua il percorso trattamentale in carcere, che non può ritenersi concluso con riferimento all’aspetto della revisione critica dei reati oggetto della condanna.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore del condannato, articolando un unico motivo, con cui deduce l’erronea applicazione dell’art. 47 -ter, comma 1 -bis, Ord. Pen., nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla concessione della detenzione domiciliare.
Il ricorso censura che il Tribunale di Sorveglianza non abbia fornito alcuna motivazione in relazione al parere favorevole alla detenzione domiciliare, espresso nella relazione di sintesi del 2.5.2024, affermando, con motivazione apparente, di non aver ravvisato sufficienti e sostanziali mutamenti nella situazione di fatto, senza considerare le specifiche informazioni sulla personalità e senza tenere conto del grado di consapevolezza e di rieducazione raggiunto dal condannato nonché dell’evoluzione della sua personalità successivamente al fatto.
Nella motivazione dell’ordinanza, infatti, non v’è alcun accenno ai progressi personali di revisioni critiche che sono evidenziati nella relazione di sintesi (atteggiamento collaborativo e propositivo, richiesta di inserimento nel corso per il conseguimento di HACCP, attività lavorativa di pulizia).
L’ordinanza è censurabile anche per aver fatto cattivo governo del criterio della gradualità nel trattamento penitenziario, peraltro smentendo una precedente ordinanza del 27.11.2023, che, nel rigettare un’istanza di detenzione domiciliare, concludeva che ulteriori richieste del detenuto avrebbero potuto essere prese in seria considerazione se avesse proseguito nella sua intenzione di partecipare a progetti tratta menta I i .
Invece, l’unico elemento valorizzato a motivo del rigetto è la esistenza di procedimenti penali, che tuttavia non sono recenti e sono collegati a un periodo precedente all’inizio della detenzione in carcere. Peraltro, anche la precedente relazione di sintesi del 18.3.2024 aveva suggerito come proposta trattamentale l’ammissione al beneficio del lavoro esterno ex art. 21 Ord. Pen., che è misura sicuramente maggiormente liberatoria rispetto alla detenzione domiciliare: anche in questo passaggio, perciò, quella del Tribunale di sorveglianza è una motivazione manifestamente illogica.
Con requisitoria scritta trasmessa il 14.9.2024, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile, perchè non si confronta con le argomentazioni dell’ordinanza impugnata, la quale, con motivazione non illogica né viziata in diritto, ha richiamato le ripetute violazioni delle prescrizion degli arresti domiciliari e ha conseguentemente formulato un giudizio prognostico negativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che limita le doglianze del condannato al rigetto dell’istanza della misura alternativa della detenzione domiciliare, è infondato per i motivi di seguito esposti.
La concessione della detenzione domiciliare richiede, ai sensi dell’art. 47ter, comma 1-bis, L. n. 354 del 1975, che il giudice verifichi se le prescrizioni che connotano questa modalità di espiazione della pena siano idonee ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati.
Sotto questo profilo, la motivazione dell’ordinanza impugnata è del tutto congrua nella parte in cui disattende il parere, non vincolante, della relazione di sintesi e valuta come subvalente l’inizio del percorso trattamentale (relativo, dunque, ad un lasso di tempo non particolarmente consistente) rispetto alle ripetute violazioni delle prescrizioni degli arresti domiciliari in cui il condannato era incorso prima dell’ingresso in carcere.
Si tratta di trasgressioni, che, sebbene riferite al 2022 e al 2023, sono indubbiamente significative, se si tiene conto che COGNOME sta scontando una pena per il reato di cui all’art. 612-bis cod. pen. e che le violazioni delle prescrizioni hanno avuto ad oggetto anche minacce alla persona offesa del reato.
Altrettanto appropriato, nel contesto della valutazione del pericolo di recidiva, è il riferimento contenuto nell’ordinanza impugnata alla circostanza che, dopo la condanna al reato per il quale si trova in espiazione di pena, Cagno abbia ricevuto altri due recenti avvisi di conclusione delle indagini preliminari, uno dei quali, peraltro, relativo ad un nuovo reato di cui all’art. 612-bis cod. pen. in danno della medesima persona offesa.
E, in tema di misure alternative alla detenzione, è giustificato il giudizio prognostico negativo in ordine alle probabilità di esito favorevole della misura allorché il giudice di merito abbia accertato una rilevante propensione a delinquere del soggetto sulla base dei precedenti penali e delle pendenze giudiziarie (Sez. 1, n. 38953 del 18/6/2021, Rv. 282146 – 01), non essendo sufficiente l’assenza di indicazioni negative ed occorrendo, invece, elementi positivi che consentano un
giudizio prognostico di esito favorevole della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 11573 del 5/2/2013, Rv. 255362 – 01).
A questo proposito, non è censurabile l’ordinanza laddove stima necessario che il percorso trattamentale da poco iniziato da Cagno prosegua in carcere, onde consentire al detenuto “di prendere definitivamente atto dei meccanismi e delle problematiche che lo hanno portato sia alla commissione dei reati che ai successivi comportamenti “.
E’ vero che il Tribunale di Sorveglianza ha disatteso il parere favorevole alla concessione della detenzione domiciliare che era stato espresso dall’Equipe della Casa circondariale di Monza.
Tuttavia, in tema di misure alternative alla detenzione, il giudice, nell’esaminare le relazioni provenienti dagli organi deputati all’osservazione del condannato, non è, in alcun modo, vincolato dai giudizi di idoneità ivi espressi, ma è tenuto soltanto a considerare le riferite informazioni sulla personalità e lo stile di vita dell’interessato, parametrandone la rilevanza ai fini della decisione alle istanze rieducative e ai profili di pericolosità dell’interessato, secondo la gradualità che governa l’ammissione ai benefici penitenziari (Sez. 1, n. 23343 del 23/3/2017, Rv. 270016 – 01).
Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata ha dato adeguatamente conto del fatto che l’osservazione penitenziaria era, in definitiva, riferita ad un lasso temporale ancora poco apprezzabile, circostanza – questa – nient’affatto marginale se confrontata con la natura del reato per cui è intervenuta la sua condanna e con il dato oggettivo della consuetudine di Cagno con le condotte maltrattanti anche dopo la condanna stessa.
In questo modo, il Tribunale di Sorveglianza ha ragionevolmente motivato circa il fatto che le informazioni provenienti dagli organi deputati all’osservazione penitenziaria, dovendo aver pur sempre come parametri le peculiarità delle esigenze rieducative riferibili agli specifici reati per cui l’istante è stato condannato e i residui profili di pericolosità dello stesso desunti dal comportamento successivo, possono essere legittimamente disattese, dopo essere state prese in esame, quando l’osservazione riguardi un lasso di tempo limitato e il corredo di risultanze documentali in atti sia di rilevante evidenza dimostrativa nell’attestare l’inidoneità della misura richiesta per l’accertata pericolosità del condannato (cfr. Sez. 1, n. 8319 del 30/11/2015, dep. 2016, Rv. 266209 – 01; Sez. 1, n. 20040 del 26/1/2024, Rv. 286402 – 01).
A quanto fin qui osservato, consegue, pertanto, il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 25.10.2024