Detenzione Domiciliare e Pericolosità Sociale: La Decisione della Cassazione
Quando un condannato soffre di gravi patologie, ha automaticamente diritto alla detenzione domiciliare? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5438 del 2024, ha fornito una risposta chiara: la salute è un fattore cruciale, ma non l’unico. La pericolosità sociale del soggetto e la sicurezza della collettività giocano un ruolo altrettanto fondamentale. Questo caso illustra il complesso bilanciamento che i giudici devono operare tra il diritto alla salute del detenuto e la tutela della società.
I Fatti del Caso
Un uomo, condannato a scontare una pena, aveva presentato istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere il differimento della pena o, in subordine, la detenzione domiciliare a causa delle sue gravi condizioni di salute. Il Tribunale di Sorveglianza aveva rigettato la richiesta. Ritenendo la decisione illogica e la valutazione dei fatti errata, il condannato ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che la gravità del suo stato di salute fosse stata sottovalutata.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Secondo i giudici di legittimità, il ricorso non presentava vizi di legge o di motivazione, ma mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione degli elementi già esaminati, un’operazione non consentita in sede di Cassazione. La conseguenza diretta è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Il Bilanciamento tra Diritto alla Salute e Sicurezza Pubblica
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni che la sostengono. La Cassazione ha ritenuto corretta e logica la valutazione del giudice di sorveglianza. Quest’ultimo, pur prendendo atto delle problematiche di salute del ricorrente, ha fondato la sua decisione su elementi concreti che ne attestavano la pericolosità sociale.
In particolare, sono state decisive le comunicazioni dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna (UEPE) e le annotazioni di polizia giudiziaria relative a precedenti evasioni. Questi episodi avevano già portato alla revoca di una precedente misura alternativa, dimostrando l’inaffidabilità del condannato. Il Tribunale ha quindi operato un coerente bilanciamento tra due esigenze contrapposte:
1. Le condizioni di salute del condannato: meritevoli di tutela ma non assolute.
2. La sicurezza della collettività: un interesse primario che lo Stato deve garantire.
La Corte ha stabilito che, di fronte a un profilo di pericolosità concreto ed emergente dagli atti, l’istanza di detenzione domiciliare doveva essere respinta. In sostanza, l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure invocate è stata motivata non solo in base alla necessità di sicurezza, ma anche alla luce del comportamento passato del condannato, che minava la fiducia necessaria per la concessione di benefici.
Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale nell’esecuzione penale: le misure alternative alla detenzione non sono un diritto automatico. La concessione di benefici come la detenzione domiciliare è subordinata a una valutazione complessiva della persona del condannato, che include non solo il suo stato di salute, ma anche e soprattutto il suo comportamento e il rischio che rappresenta per la società. La violazione di precedenti misure, come le evasioni, costituisce un elemento fortemente negativo che può precludere l’accesso a futuri benefici. Infine, la decisione sottolinea come un ricorso in Cassazione palesemente infondato, teso unicamente a una rivalutazione del merito, comporti non solo il rigetto, ma anche significative sanzioni economiche per il ricorrente.
Una grave condizione di salute garantisce automaticamente la concessione della detenzione domiciliare?
No. Secondo questa ordinanza, il giudice deve effettuare un bilanciamento tra lo stato di salute del condannato e la sicurezza della collettività. Se emerge un profilo di pericolosità sociale, ad esempio da precedenti evasioni, la richiesta può essere respinta.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla cassa delle ammende per aver presentato un ricorso infondato.
Perché il comportamento passato del condannato è stato così rilevante?
Le precedenti evasioni e la revoca di una misura alternativa hanno dimostrato l’inaffidabilità del soggetto e la sua pericolosità sociale. Questo comportamento ha fatto venire meno i presupposti di fiducia necessari per la concessione di una nuova misura alternativa, rendendo la decisione di rigetto coerente e motivata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5438 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5438 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di TARANTO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Sorveglianza di Taranto ha rigettato la richiesta di COGNOME NOME di differimento pena nelle forme di cui all’art. 147 cod. pen. e della detenzione domiciliare ex art. 47 ter, comma 1 ter ord. pen.
Rilevato che con i due motivi di ricorso si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione dalla misura richiesta che sarebbe fondata su di una illogica e contraddittoria valutazione degli atti in quanto da questi risulterebbe incontrovertibilmente la gravità delle condizioni di saluto del condannato;
Rilevato che il giudice della sorveglianza, preso atto che il ricorrente potrebbe beneficiare ex art. 58 quater, commi 2 e 3, ord. pen., esclusivamente della detenzione domiciliare a seguito della revoca della medesima misura alternativa, con il concreto riferimento agli elementi acquisiti (le comunicazioni dell’UEPE e le annotazioni di p.g. con le evasioni che avevano determinato la revoca della precedente misura), ha adeguatamente motivato in ordine all’effettiva gravità delle condizioni di salute del condannato e alla necessità di sicurezza della collettività e ha pertanto coerentemente concluso in ordine all’insussistenza dei presupposti di applicazione delle misure invocate (Sez. 1, n. 2337 del 13/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280352 – 01
Rilevato in conclusione che tale motivazione, anche con il riferimento al profilo di pericolosità del condannato che emerge dagli atti, appare corretta e logica;
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile in quanto le censure ora esposte dalla difesa sono tese a sollecitare una diversa e alternativa lettura degli elementi acquisiti che non è consentita in questa sede;
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna deI ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il c ntenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il COGNOME ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro remila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25/1/2024