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Detenzione domiciliare: no per reati ostativi

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un detenuto ultrasettantenne, condannato all’ergastolo per gravi reati di terrorismo commessi nel 1974, che chiedeva la concessione della detenzione domiciliare. La Corte ha ribadito che i condannati per i cosiddetti “delitti ostativi” sono esclusi da tale beneficio. Inoltre, ha chiarito che il principio di non retroattività della legge penale più sfavorevole non si applica, in quanto l’istituto della detenzione domiciliare per anzianità non esisteva all’epoca del reato, escludendo così qualsiasi lesione di un’aspettativa legittima.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione domiciliare per ultrasettantenni: la Cassazione conferma la linea dura per i reati ostativi

Un condannato all’ergastolo per reati gravissimi, che ha superato i settanta anni d’età, può sperare di ottenere la detenzione domiciliare? Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha risposto negativamente, affrontando due questioni giuridiche di fondamentale importanza: l’interpretazione restrittiva delle norme sui benefici penitenziari e i limiti di applicazione del principio di non retroattività della legge penale più sfavorevole.

I fatti di causa

Il caso riguarda un uomo condannato alla pena dell’ergastolo per essere stato uno degli autori di una strage a sfondo terroristico avvenuta nel 1974. Avendo superato la soglia dei settant’anni, il detenuto ha presentato istanza per la concessione della detenzione domiciliare, misura prevista dall’art. 47-ter dell’Ordinamento Penitenziario. Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, ha dichiarato la domanda inammissibile.

I motivi del ricorso

Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su due argomentazioni principali:
1. Errata applicazione della legge: Secondo la difesa, la norma (art. 4-bis Ord. pen.) che limita i benefici per i cosiddetti “delitti ostativi” non escluderebbe in modo assoluto la concessione di misure alternative, ma la subordinerebbe all’assenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata.
2. Violazione del principio di non retroattività: Il reato è stato commesso nel 1974, mentre le leggi che hanno inasprito il regime penitenziario sono state introdotte solo a partire dal 1991. Applicare oggi queste norme più severe costituirebbe una violazione del divieto di applicazione retroattiva della legge penale più sfavorevole, sancito dall’art. 25 della Costituzione e dall’art. 7 della CEDU.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato in ogni sua parte e confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza.

Le motivazioni

La sentenza si fonda su un doppio binario argomentativo che chiarisce in modo netto la posizione della giurisprudenza su questi temi.

L’interpretazione restrittiva della detenzione domiciliare per reati ostativi

Sul primo punto, la Cassazione ha ribadito la sua “posizione granitica e risalente”. La norma che prevede la detenzione domiciliare per gli ultrasettantenni esclude esplicitamente i condannati per i reati elencati nell’art. 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario. La Corte ha specificato che il richiamo a tale articolo è un “rinvio recettizio”, ovvero un rinvio puramente formale. Questo significa che viene recepito solo l’elenco dei reati ostativi, ma non le deroghe o le procedure speciali (come la prova della rottura dei legami con l’ambiente criminale) che lo stesso art. 4-bis prevede per altri benefici. In sostanza, se il reato rientra in quella lista, il beneficio della detenzione domiciliare per anzianità è automaticamente precluso, a prescindere da altre valutazioni.

L’inapplicabilità del principio di non retroattività al caso specifico

Ancora più interessante è la motivazione sul secondo punto. La difesa sosteneva che al momento del reato (1974) il regime penitenziario era meno severo e che, pertanto, il condannato non poteva vedersi applicare le restrizioni introdotte decenni dopo. La Corte, pur riconoscendo la complessità del dibattito sulla natura (sostanziale o procedurale) delle norme penitenziarie, ha definito la questione “del tutto mal posta”.

Il ragionamento della Corte è lineare: l’istituto stesso della detenzione domiciliare per gli ultrasettantenni non esisteva nel 1974. È stato introdotto nell’ordinamento solo con una legge del 2005. Di conseguenza, al momento della commissione del reato, il condannato non poteva nutrire alcuna legittima aspettativa di accedere a un beneficio che, semplicemente, non era previsto dalla legge. Non si tratta, quindi, di una “riforma peggiorativa” che ha reso più difficile ottenere un beneficio esistente, ma di un istituto “totalmente sopravvenuto”, nato già con i limiti e le esclusioni oggi contestate. Pertanto, invocare il principio di irretroattività non ha senso, poiché non c’era alcuna situazione giuridica precedente più favorevole da tutelare.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di estremo rigore nei confronti dei condannati per reati ostativi, escludendo per loro l’accesso alla detenzione domiciliare basata sul solo requisito anagrafico. Soprattutto, offre un’importante chiave di lettura sul principio di non retroattività in materia penitenziaria: tale principio non può essere invocato per beneficiare di istituti giuridici che sono stati creati ex novo in epoca successiva alla commissione del reato. La decisione sottolinea che un condannato non può rivendicare un diritto a un trattamento penitenziario basato su aspettative relative a benefici inesistenti al tempo del fatto criminoso.

Un detenuto ultrasettantenne condannato per un “reato ostativo” può ottenere la detenzione domiciliare?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che la condanna per uno dei delitti elencati nell’art. 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario preclude automaticamente l’accesso alla detenzione domiciliare prevista per gli ultrasettantenni, senza possibilità di deroghe.

Il principio di non retroattività della legge penale più severa si applica alle norme sull’esecuzione della pena?
La questione è dibattuta, ma in questo caso la Corte ha stabilito che tale principio non può essere invocato se il beneficio richiesto (la detenzione domiciliare per ultrasettantenni) non esisteva affatto nell’ordinamento al momento della commissione del reato. Non si può parlare di un peggioramento retroattivo se non esisteva una situazione precedente più favorevole.

Cosa significa che il rinvio all’art. 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario è “recettizio”?
Significa che la norma sulla detenzione domiciliare per anzianità si limita a ‘copiare’ l’elenco dei reati per cui il beneficio è escluso, senza importare anche le eccezioni o le condizioni speciali che l’art. 4-bis prevede per altri fini. È un richiamo formale e non sostanziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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