Detenzione Domiciliare: i Limiti Normativi e le Conseguenze dell’Inammissibilità
L’istituto della detenzione domiciliare rappresenta una delle più importanti misure alternative al carcere, ma il suo accesso è subordinato a precisi requisiti di legge. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito la rigidità di tali presupposti, dichiarando inammissibile il ricorso di un condannato e facendo luce sui confini tra l’applicazione della norma e le questioni di legittimità costituzionale. Analizziamo nel dettaglio la decisione per comprenderne la portata e le implicazioni.
I Fatti del Caso: La Richiesta di Detenzione Domiciliare
Un soggetto condannato presentava ricorso avverso un decreto del Tribunale di Sorveglianza di Milano, che aveva respinto la sua istanza di ammissione alla detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 47-ter, comma 1-bis, dell’Ordinamento Penitenziario. A fondamento del ricorso, il condannato sollevava anche una questione di legittimità costituzionale. Egli lamentava la mancata previsione, nella normativa vigente, di ulteriori ipotesi di differimento della pena o di ammissione a misure alternative per tutelare valori preminenti come la salute e la genitorialità, al di fuori dei limiti già stabiliti.
La Decisione della Cassazione: Inammissibilità e Limiti Normativi
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. La motivazione si articola su due punti fondamentali, che chiariscono la posizione della giurisprudenza su questi temi.
Le Motivazioni della Suprema Corte
In primo luogo, la Corte ha identificato un ostacolo insormontabile nella data di fine pena del ricorrente, fissata per il 23 settembre 2028. Tale termine superava i limiti normativi previsti per l’applicazione della detenzione domiciliare richiesta. Secondo i giudici, il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente applicato la legge, rigettando l’istanza sulla base di un presupposto oggettivo e non derogabile.
In secondo luogo, riguardo alla questione di legittimità costituzionale, la Cassazione l’ha ritenuta manifestamente infondata. I giudici hanno specificato che la doglianza del ricorrente non rappresentava un reale conflitto con i principi costituzionali, ma piuttosto una critica alla valutazione operata dal legislatore. La legge, infatti, compie già un bilanciamento tra l’esigenza di esecuzione della pena e la tutela di valori come la salute e la genitorialità, stabilendo limiti precisi. La richiesta del ricorrente, pertanto, si configurava come un tentativo di sovvertire una scelta discrezionale del legislatore, non come la denuncia di una violazione costituzionale.
La Condanna alle Spese e all’Ammenda
Come diretta conseguenza della dichiarazione di inammissibilità, e in applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha disposto il versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione viene applicata quando, come nel caso di specie, non emergono elementi per ritenere che il ricorso sia stato proposto senza colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, citando a supporto la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 186/2000).
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: l’accesso alle misure alternative alla detenzione, come la detenzione domiciliare, è strettamente vincolato ai requisiti oggettivi stabiliti dalla legge. La discrezionalità del giudice non può superare i limiti imposti dal legislatore, come la durata della pena residua. La decisione sottolinea inoltre che le questioni di legittimità costituzionale non possono essere utilizzate come strumento per contestare le scelte di bilanciamento di interessi già operate dal Parlamento, a meno che non si configuri una palese irragionevolezza o una violazione diretta dei principi fondamentali. Per il condannato, la proposizione di un ricorso privo dei presupposti di ammissibilità comporta non solo il rigetto, ma anche significative conseguenze economiche.
Perché il ricorso per la detenzione domiciliare è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché la data di fine pena del ricorrente (23.9.2028) superava i limiti temporali stabiliti dalla legge per poter accedere alla misura della detenzione domiciliare richiesta.
Qual è stata la posizione della Corte sulla questione di legittimità costituzionale?
La Corte ha giudicato la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata, ritenendo che la richiesta del ricorrente non fosse una vera e propria censura di incostituzionalità, ma una critica alla scelta del legislatore nel bilanciare i valori di salute e genitorialità con le esigenze di esecuzione della pena.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
A causa dell’inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43261 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43261 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MERATE il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 17/05/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Per il rigetto della detenzione domiciliare ex art. 47-ter, comma 1-bis, Ord. pen. il Tribunale ha correttamente ritenuto ostativo il termine della pena fissata per il 23.9.2028, mentre la questione di legittimità costituzionale svolta dal ricorrente per la mancata previsione ‘di ipotesi di differimento dell’esecuzione della pena e di ammissione a misure alternative alla detenzione al di fuori dei limiti normativamente previsti in via ordinaria al fine di tutelare valori costituzionali ritenuti preminenti come la salute e la genitorialità appare correlata ad una difforme valutazione del ricorrente rispetto a quella operata dalla legge ; -MI < 1,1 -41, eu(tf. , GLYPH rtA GLYPH IWFoNnnnuLn.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/10/2024