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Detenzione domiciliare: la richiesta va sempre valutata

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di revoca di affidamento in prova perché il Tribunale di Sorveglianza non aveva valutato la richiesta subordinata di concedere la detenzione domiciliare. A seguito di violazioni delle prescrizioni, il condannato si era visto revocare la misura alternativa. La sua difesa aveva chiesto, in subordine, la detenzione domiciliare. La Cassazione ha stabilito che tale richiesta è ammissibile e deve essere esplicitamente considerata dal giudice, annullando il provvedimento e rinviando per un nuovo esame.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Domiciliare: L’Obbligo del Giudice di Valutare la Richiesta Alternativa

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 5795/2025) ribadisce un principio fondamentale nell’ambito delle misure alternative alla detenzione. Quando viene discussa la revoca dell’affidamento in prova, il giudice ha il dovere di esaminare l’eventuale richiesta di detenzione domiciliare presentata in via subordinata dalla difesa. L’omessa valutazione di tale istanza costituisce un vizio che porta all’annullamento del provvedimento.

Il Caso in Esame: Dalla Revoca dell’Affidamento al Ricorso

La vicenda riguarda un uomo che stava scontando la pena in affidamento in prova. Il Tribunale di Sorveglianza di Lecce revocava la misura a seguito di due violazioni commesse nell’arco di una settimana: la prima consisteva nella frequentazione di un locale in compagnia di persone con precedenti penali, consumando alcolici, in violazione delle prescrizioni; la seconda nel non essere stato trovato presso la propria abitazione durante le ore di permanenza obbligatoria.

Di fronte alla revoca, il soggetto, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione. Il motivo del contendere non erano le violazioni in sé, ma un’omissione da parte del Tribunale di Sorveglianza.

La Richiesta Ignorata di Detenzione Domiciliare

Nel corso dell’udienza davanti al Tribunale di Sorveglianza, la difesa, prevedendo un possibile esito negativo sulla prosecuzione dell’affidamento, aveva avanzato una richiesta subordinata: qualora il Tribunale avesse deciso per la revoca, si chiedeva di valutare la concessione della misura alternativa della detenzione domiciliare.

Tuttavia, il Tribunale, nel suo provvedimento, si è limitato a revocare l’affidamento in prova, senza spendere una parola sulla richiesta di detenzione domiciliare. Questa omissione è stata posta al centro del ricorso in Cassazione come violazione di legge e difetto di motivazione.

Il Principio di Diritto: Ammissibilità della Richiesta Subordinata

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno richiamato un proprio precedente (Cass. n. 16822/2023), che aveva già chiarito un punto cruciale: in tema di misure alternative, è pienamente ammissibile la richiesta di detenzione domiciliare proposta in udienza in via subordinata a quella di affidamento in prova.

La logica dietro questo principio è che il presupposto fondamentale per entrambe le misure è una prognosi positiva sulla capacità del condannato di non commettere altri reati. La valutazione di questo presupposto è comune a entrambe le misure e non richiede un accertamento autonomo e complesso. Pertanto, il giudice che revoca l’affidamento deve necessariamente considerare se, nonostante le violazioni, il soggetto possa comunque beneficiare della misura meno afflittiva della detenzione domiciliare rispetto al ritorno in carcere.

le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha osservato che dal verbale d’udienza risultava in modo chiaro la richiesta della difesa di valutare la concessione della detenzione domiciliare. Il provvedimento impugnato, invece, non conteneva alcuna valutazione o decisione esplicita su questo punto. Né, secondo la Corte, si poteva ritenere che la richiesta fosse stata rigettata implicitamente.

Il silenzio del Tribunale di Sorveglianza su un’istanza specifica della difesa integra un vizio di omessa pronuncia, che si traduce in un difetto di motivazione e in una violazione di legge. Il giudice del merito ha l’obbligo di rispondere a tutte le richieste formulate dalle parti, accogliendole o respingendole con adeguata argomentazione.

le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata e ha rinviato il caso al Tribunale di Sorveglianza di Lecce per un nuovo giudizio. Quest’ultimo dovrà ora riesaminare la posizione del condannato, tenendo conto dei principi stabiliti dalla Cassazione e, in particolare, valutando esplicitamente la richiesta di concessione della detenzione domiciliare come alternativa al carcere. La sentenza rafforza il diritto alla difesa e il principio secondo cui ogni istanza, specialmente se relativa alla libertà personale, merita una risposta motivata da parte dell’autorità giudiziaria.

È possibile chiedere la detenzione domiciliare se viene revocato l’affidamento in prova?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che è ammissibile presentare una richiesta di detenzione domiciliare in via subordinata, durante l’udienza in cui si discute la revoca dell’affidamento in prova.

Cosa accade se il Tribunale di Sorveglianza non si pronuncia sulla richiesta di detenzione domiciliare?
Se il Tribunale omette di valutare e decidere sulla richiesta di detenzione domiciliare, il suo provvedimento è viziato da omessa pronuncia e difetto di motivazione. Di conseguenza, la decisione può essere annullata dalla Corte di Cassazione, con rinvio per un nuovo esame.

Perché la richiesta di detenzione domiciliare è considerata ammissibile in questi casi?
Perché il presupposto per la concessione sia dell’affidamento in prova sia della detenzione domiciliare è una prognosi positiva sul comportamento del condannato. La valutazione di questo presupposto è comune a entrambe le misure, quindi il giudice può e deve considerare la richiesta di detenzione domiciliare senza necessità di un’istruttoria autonoma e complessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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