Detenzione domiciliare: i requisiti di ammissibilità del ricorso
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Sezione VII Penale, n. 26998/2024) ha ribadito un principio fondamentale in materia di misure alternative: la richiesta di detenzione domiciliare deve basarsi su presupposti concreti e documentati. Un ricorso generico e privo della prova di un domicilio idoneo è destinato a essere dichiarato inammissibile. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.
I fatti del caso
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un individuo contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma. Quest’ultimo aveva dichiarato inammissibile la sua istanza per ottenere la detenzione domiciliare ordinaria. Le ragioni del rigetto erano duplici: da un lato, l’indisponibilità di un domicilio idoneo; dall’altro, la mancanza dei presupposti previsti dalla legge per l’applicazione di specifiche misure.
In particolare, il Tribunale aveva accertato che il soggetto non era più inserito in alcun programma di protezione. Il piano di protezione precedentemente attivo, legato alla sua compagna, era cessato da alcuni mesi. Di conseguenza, l’uomo non disponeva più di un domicilio protetto e, soprattutto, non ne aveva indicato uno alternativo dove poter scontare la misura.
La decisione della Cassazione sulla detenzione domiciliare
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale di Sorveglianza, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo i giudici supremi, le censure mosse dal ricorrente erano generiche, aspecifiche e manifestamente infondate.
Il ricorrente si era limitato a contestare le conclusioni del Tribunale, sostenendo che il programma di protezione della compagna non fosse stato revocato, ma semplicemente non convertito in definitivo. Affermava inoltre di disporre, in ogni caso, di un altro domicilio idoneo. Tuttavia, queste affermazioni non sono state supportate da alcuna documentazione, violando così il principio di autosufficienza del ricorso.
Le motivazioni
La Corte ha sottolineato che il ricorso in sede di legittimità non può trasformarsi in un’occasione per richiedere una nuova valutazione dei fatti, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (come il Tribunale di Sorveglianza). Il ruolo della Cassazione è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non di riesaminare le prove.
Nel caso specifico, le argomentazioni del Tribunale di Sorveglianza sono state ritenute né illogiche né viziate giuridicamente. La constatazione della cessazione del piano di protezione e della conseguente indisponibilità di un domicilio era un dato di fatto sufficiente a giustificare il rigetto dell’istanza. Le contestazioni del ricorrente, essendo mere affermazioni non provate, non potevano scalfire la solidità della decisione impugnata.
Le conclusioni
Questa ordinanza offre un importante monito: chi aspira a ottenere una misura alternativa come la detenzione domiciliare deve presentare un’istanza e, in caso di rigetto, un ricorso completo e specifico. Non è sufficiente contestare genericamente la decisione del giudice, ma è necessario fornire prove concrete a sostegno delle proprie ragioni, prima fra tutte l’indicazione precisa e la dimostrazione della disponibilità di un domicilio idoneo. In mancanza di questi elementi, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
Perché è stata inizialmente respinta la richiesta di detenzione domiciliare?
La richiesta è stata respinta dal Tribunale di Sorveglianza perché il richiedente non disponeva di un domicilio idoneo. Il programma di protezione che gli garantiva un alloggio era cessato e non era stato indicato alcun domicilio alternativo.
Quali sono i motivi per cui la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le argomentazioni erano generiche, non specifiche e non supportate da alcuna documentazione (violando il principio di autosufficienza). Inoltre, il ricorso tentava di ottenere una nuova valutazione dei fatti, cosa non permessa in sede di Cassazione.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26998 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26998 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CERIGNOLA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME avverso il provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Roma di declaratoria di inammissibilità dell’istanza di detenzione domiciliare ordinaria per indisponibilità di domicilio, e mancanza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 16 nonies d. I. 8 del 1991, sono inammissibili perché generiche, aspecifiche e comunque manifestamente infondate.
Letta la memoria difensiva con la quale il ricorrente insiste per l’annullamento dell’impugNOME provvedimento.
Considerato che il Tribunale di Roma ha evidenziato come, dalle informazioni assunte, nessun programma di protezione fosse stato adottato nei confronti del COGNOME; che il predetto fosse stato precedentemente inserito nel piano di protezione riguardante la compagna, e che tale piano fosse tuttavia cessato il 15/11/2023; che il ricorrente non dispone più di un domicilio protetto, e che non è stato indicato altro domicilio;
Rilevato che, a fronte di dette argomentazioni non manifestamente illogiche e scevre da vizi giuridici, il ricorrente si limita a contestarle, svolgendo deduzioni in par aspecifiche e comunque assolutamente generiche (affermando che il programma della sua compagna non è stato revocato ma semplicemente non risulta convertito in programma definitivo, con provvedimento impugNOME; e che in ogni caso il COGNOME dispone di un domicilio presso il quale usufruire della detenzione domiciliare ordinaria) e in nessun modo documentate (in violazione del principio di autosufficienza), e richiedendo una rivalutazione, in fatto, dei presupposti della concessione della misura alternativa, non consentita in questa sede;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/06/2024