Detenzione domiciliare e reati ostativi: la Cassazione chiarisce i limiti
La concessione della detenzione domiciliare rappresenta un punto cruciale nell’esecuzione della pena, ma la sua applicazione incontra limiti precisi, specialmente in presenza di condanne per reati ostativi. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema, chiarendo l’impossibilità di ‘separare’ le pene cumulate per aggirare gli ostacoli normativi previsti per i crimini più gravi. L’analisi della pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere la rigidità del sistema nell’applicazione di specifici benefici penitenziari.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso di un detenuto avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, che aveva negato la sua richiesta di detenzione domiciliare speciale ai sensi della legge n. 199/2010. Il ricorrente stava espiando un cumulo di pene, una delle quali derivante da un cosiddetto ‘reato ostativo’, ovvero uno di quei delitti che, per la loro gravità, precludono l’accesso a molte misure alternative. Il Tribunale aveva rigettato l’istanza sostenendo che, anche applicando l’istituto dello scioglimento del cumulo, la pena per il reato ostativo risultava ancora in corso di esecuzione, impedendo di fatto la concessione del beneficio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno confermato la correttezza della decisione del Tribunale di Sorveglianza, basando la loro pronuncia su un consolidato principio di diritto e sulla specifica natura della misura richiesta. La Corte ha sottolineato come la particolare forma di detenzione domiciliare prevista dalla legge n. 199/2010 non consenta la scissione del cumulo di pene.
Le Motivazioni: Cumulo di Pene e l’Indivisibilità per la Detenzione Domiciliare
Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione della normativa e nella giurisprudenza consolidata della stessa Corte. I giudici hanno evidenziato due ragioni principali per respingere le argomentazioni del ricorrente.
L’impossibilità di scindere il cumulo per la Legge 199/2010
In primo luogo, la Cassazione ha richiamato un suo precedente (Sez. 1, n. 11362/2021) per affermare un principio netto: il cumulo di pene che include reati ostativi e reati comuni non può essere scisso per consentire l’applicazione della detenzione domiciliare ex L. 199/2010, nemmeno nel caso in cui la pena per il reato ostativo sia già stata interamente espiata. La ragione di tale rigidità sta nella natura stessa di questa misura. A differenza di altri benefici, essa non si basa su un giudizio di ‘appropriatezza e meritevolezza’ del condannato, ma sul mero riscontro di requisiti oggettivi stabiliti dalla legge. Questa natura ‘automatica’ rende giuridicamente impossibile isolare una sanzione dalle altre cumulate, poiché il rapporto esecutivo deve essere valutato nella sua unitarietà.
La circostanza dirimente della pena ostativa ancora in esecuzione
In secondo luogo, la Corte ha rilevato una carenza fondamentale nel ricorso: esso non contestava un fatto decisivo accertato dal Tribunale di Sorveglianza, ovvero che la pena per il reato ostativo non era ancora stata completamente scontata. Questa circostanza, da sola, impedisce radicalmente la concessione della misura richiesta, rendendo ogni altra discussione sulla presunta pericolosità sociale del detenuto del tutto irrilevante ai fini della decisione.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza ribadisce la linea di rigore della giurisprudenza in materia di esecuzione penale quando sono coinvolti reati ostativi. La decisione conferma che la detenzione domiciliare prevista dalla L. 199/2010 ha un campo di applicazione limitato e non può essere utilizzata come strumento per frammentare l’esecuzione di una pena cumulata. Per i condannati, ciò significa che la presenza di un titolo ostativo nel cumulo rappresenta un ostacolo insormontabile per l’accesso a questa specifica misura, indipendentemente dal percorso rieducativo o dalla valutazione della pericolosità attuale. La pronuncia solidifica l’idea di una valutazione unitaria e non frazionabile del rapporto esecutivo in questi specifici contesti.
È possibile ottenere la detenzione domiciliare (ex L. 199/2010) per la parte di pena relativa a reati non ostativi, separandola da quella per un reato ostativo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il cumulo di pene non può essere scisso al fine di consentire l’applicazione di questa specifica misura, neanche nel caso in cui la pena per il reato ostativo sia stata già espiata.
Qual è la natura della detenzione domiciliare prevista dalla legge n. 199/2010 secondo la Corte?
Si tratta di una misura alternativa a cui si accede non previo un giudizio di appropriatezza e meritevolezza, ma a seguito del solo riscontro dei requisiti di legge, previa valutazione unitaria del rapporto esecutivo.
Cosa accade se il ricorso in Cassazione viene giudicato manifestamente infondato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4889 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4889 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ERICE il 07/02/1998
avverso l’ordinanza del 25/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro l’ordinanza emessa in data 25 giugno 2024 con cui il Tribunale di sorveglianza di Palermo ha respinto il reclamo proposto avverso l’ordinanza con cui il magistrato di sorveglianza aveva rigettato la sua richiesta di concessione della detenzione domiciliare ai sensi della legge n. 199/2010, essendo in espiazione anche un titolo ostativo ai sensi dell’art. 4-bis Ord. pen., ritenendo che, pur applicando l’istituto dello scioglimento del cumulo, la pena irrogata per il titolo ostativo era ancora in esecuzione;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, per avere il Tribunale, di fatto, applicato una presunzione assoluta di non concedibilità della detenzione domiciliare ai condannati per un reato di cui all’art. 4-bis Ord. pen., mentre la preclusione assoluta per l’applicazione della misura deriva solo dalla valutazione della attuale pericolosità sociale del detenuto e quindi della inidoneità della misura alternativa a contenere tale pericolosità;
ritenuto che il ricorso sia manifestamente infondato perché in contrasto con il principio stabilito da questa Corte, secondo cui «Il cumulo formato tra pene inflitte per reati dei quali alcuni siano ostativi all’applicazione della misura dell’esecuzione della pena presso il proprio domicilio ai sensi dell’art. 1, comma 3, legge 26 novembre 2010, n. 199 non può essere scisso al fine di consentire, per la parte di pena imputata a reati diversi da quelli ostativi, l’applicazione della misura alternativa, anche nel caso in cui la pena per il reato ostativo sia stata già espiata» (Sez. 1, n. 11362 del 29/01/2021, Rv. 280977), stante la particolare natura della misura alternativa prevista dall’art. 1 legge n. 199/2010, a cui si accede non previo un apposito giudizio di appropriatezza e meritevolezza, ma a seguito del solo riscontro dei corrispondenti requisiti di legge, previa valutazione unitaria del rapporto esecutivo e conseguente impossibilità normativa di isolare una sanzione detentiva dalle altre ad essa cumulate;
ritenuto il ricorso manifestamente infondato anche perché non si confronta con la motivazione dell’ordinanza impugnata che, pur ritenendo applicabile lo scioglimento del cumulo per applicare la misura alternativa prevista dalla legge n. 199/2010, ha asserito non essere ancora espiata la pena irrogata per il reato ostativo, circostanza che impedisce radicalmente la concessione della misura stessa;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente