Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 29672 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 29672 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2177/2025
– Relatore –
NOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 03/04/2025 del Tribunale di sorveglianza di Roma
Lette le conclusioni della Sostituta Procuratrice generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 3 aprile 2025, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME, collaboratore di giustizia, detenuto nella Casa di reclusione di Sulmona, con fine pena attualmente fissato al 23 aprile 2026, volta all’ottenimento della detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 47ter legge 26 luglio 1975, n. 354, e succ. modd. (Ord. pen.) e dell’art. 16nonies d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito dalla legge 15 marzo 1991, n. 82.
Il Tribunale ha premesso che NOME sta espiando la pena inflittagli per vari reati, ultimi fra i quali una tentata estorsione e un danneggiamento seguito da incendio, aggravati ex art. 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152 (convertito dalla legge 12 luglio 1991, n. 203), e ha iniziato la collaborazione con la giustizia il 31 dicembre 2021. Indi, valutato il contenuto dei pareri degli Organi competenti e della relazione di sintesi, ha concluso che, pur nella considerazione del percorso trattamentale contrassegnato da progressi che il condannato aveva fatto e della sua condizione di collaboratore di giustizia, egli non ha ancora conseguito il livello di affidabilità necessario per accedere, su base eminentemente fiduciaria, alla chiesta misura alternativa, anche in considerazione della prevedibile maturazione di ulteriori segmenti di pena detentiva da espiare.
Avverso tale provvedimento il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione chiedendone l’annullamento sulla base di due motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamenta l’erronea applicazione dell’art. 16nonies d.l. n. 8 del 1991.
La difesa evidenzia che il ricorrente aveva iniziato a collaborare da libero e che il suo contributo Ł stato tale da farne emergere il sicuro ravvedimento rispetto alle azioni criminose commesse, come hanno ritenuto le Autorità requirenti nei pareri succitati, al pari del
conseguimento di una buona revisione critica, pure attestato dalla relazione di sintesi. In questo quadro, del tutto positivo, si stigmatizza come eccessivo il richiamo alla mancanza di empatia con la vittima dei reati recenti, aspetto che rileva prevalentemente per la riabilitazione e la liberazione condizionale, avendo peraltro COGNOME, nel corso del giudizio di primo grado, reso spontanee dichiarazioni per chiedere scusa alle persone offese, rispetto alla sua condotta delittuosa, che si era esaurita nel dare 100,00 euro al soggetto destinato ad appiccare il fuoco al luogo individuato.
Posto tale quadro, l’erronea applicazione della disciplina citata Ł consistita, secondo la difesa, nell’aver mancato di considerare che la concessione delle misure alternative non esige la completa revisione critica, bensì l’avvio del relativo processo in modo che sia possibile formulare una prognosi favorevole rispetto alla relativa fruizione: e nel caso di specie le risultanze pienamente positive del percorso collaborativo intrapreso da NOME fin dal 31 dicembre 2021, in cui egli aveva vissuto tre anni da libero in località protetta prima di fare ingresso in carcere con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, rendono chiara l’erroneità della valutazione circa il carattere prematuro dell’accesso del condannato al beneficio richiesto, dovendo reputarsi illogica la svalutazione del permesso già ottenuto, al pari della dequotazione del fine pena non lontano, dequotazione che, da un lato, vanifica l’ipotesi di progressione trattamentale prefigurata dal Tribunale e, dall’altro, si fonda su dati superati dagli sviluppi processuali (in sede di appello, con riferimento al processo in corso, COGNOME ha concordato la pena di mesi sei di reclusione, del tutto diversa da quella indicata nel provvedimento impugnato).
2.2. Con il secondo motivo si denuncia la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla necessità di approfondire la revisione critica, normalizzare la condotta e stabilizzare l’equilibrio del collaboratore.
Si sostiene che il ragionamento svolto dal Tribunale si Ł dipanato in modo scollegato dagli esiti dell’istruttoria ed Ł risultato carente nei passaggi valutativi determinanti: la possibilità di discostarsi dall’esito dei pareri acquisiti non autorizzava la loro apodittica obliterazione.
I giudici di sorveglianza, secondo la difesa, hanno trascurato di tener conto degli apprezzamenti aventi ad oggetto la condotta globale serbata dal collaboratore espressi in modo articolato nei pareri acquisiti, ai quali, peraltro, si era associato quello parimenti favorevole del Procuratore generale in udienza, finendo così per negare la chiesta detenzione domiciliare senza contrastare in modo efficace il significato degli indici positivi emersi.
Il Procuratore generale in sede si Ł espresso nel senso del rigetto dell’impugnazione considerando incensurabile la valutazione effettuata dal Tribunale di sorveglianza, in modo esente da apprezzabili deficit razionali, nell’ambito della corretta discrezionalità valutativa insindacabile in sede di legittimità, mentre il ricorrente ha proposto la rivalutazione di una serie di circostanze fattuali già congruamente ponderate dai giudici del merito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione non appare fondata e va, quindi, rigettata.
Si aggiunge a quanto esposto in parte narrativa che il Tribunale di sorveglianza, a ragione del provvedimento impugnato, ha preso atto che la Direzione Nazionale Antimafia ha riferito che la collaborazione di COGNOME aveva riguardato molteplici fatti delittuosi, con particolare riferimento a quelli afferenti al clan camorristico COGNOME, essendosi estesa a numerosi episodi criminosi, soprattutto relativi a reati estorsivi e in
materia di stupefacenti perpetrati in Pozzuoli e nell’area flegrea, e che la competente Direzione Distrettuale Antimafia ha escluso attuali collegamenti di COGNOME con contesti di criminalità organizzata, stante la sua radicale rottura con l’organizzazione di originaria appartenenza e la pubblica manifestazione della sua condizione di collaboratore, valutando il suo contributo come significativo del suo ravvedimento rispetto alle azioni criminose commesse e formulando parere favorevole all’ammissione del condannato alla chiesta misura alternativa.
Per quanto concerne la relazione di sintesi del 24 febbraio 2025, i giudici di sorveglianza hanno considerato che in essa si Ł riferito del volenteroso atteggiamento di NOMECOGNOME risultato interessato al trattamento, sia pure dipanatosi in soli quattro colloqui, in cui Ł affiorata una sua buona revisione critica rispetto ai reati, con il corrispondente accostamento a una mentalità piø sana. Si Ł rilevato, peraltro, che la relazione non ha dato riscontro dell’emersione di un’empatia del condannato con la vittima degli ultimi, indicati reati e che la proposta trattamentale formulata dall’Øquipe specializzata Ł restata ancorata al modulo eminentemente inframurario consistente nella prosecuzione dell’attività lavorativa, nella partecipazione all’attività scolastica, nei colloqui con gli operatori e nella cura dell’affettività familiare mediante la fruizione di esperienze extramurarie sotto l’egida del Servizio Centrale di protezione.
Valutato il complesso gli elementi acquisiti, il Tribunale di sorveglianza si Ł determinato nel senso della prosecuzione del trattamento inframurario annettendo rilievo anche al fatto che il detenuto non ha ancora usufruito di permessi premio, ma ha conseguito esclusivamente di permessi di necessità, soltanto nel mese di febbraio 2025 essendogli stato concesso un permesso mensile di tre giorni: nel solco del principio di progressione trattamentale, si Ł ritenuto il passaggio attraverso la fase della fruizione dei permessi premio assolutamente necessario per testare l’affidabilità del giovane collaboratore, onde poter poi accedere alla chiesta misura alternativa, avente base necessariamente fiduciaria.
Siccome il fine pena si profila relativamente prossimo, i giudici di sorveglianza hanno considerato il dato non determinante in senso contrario alla prospettiva suindicata, anche in rapporto ai carichi pendenti gravanti la posizione di COGNOME (rinviato a giudizio per minaccia a pubblico ufficiale, devastazione e saccheggio riferiti all’11 marzo 2019, nonchØ condannato con sentenza di primo grado alla pena di anni due di reclusione per un’altra tentata estorsione aggravata contestata come commessa nel maggio 2022), con i prevedibili incrementi espiativi.
3. Si profila utile osservare, in via generale, che l’art. 16nonies , comma 1, d.l. n. 8 del 1991 stabilisce che nei confronti delle persone condannate per un delitto commesso per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale o per uno dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3bis , cod. proc. pen., che abbiano prestato, anche dopo la condanna, taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione delle circostanze attenuanti previste dal codice penale o da disposizioni speciali, la liberazione condizionale, la concessione dei permessi premio e l’ammissione alla misura della detenzione domiciliare prevista dall’articolo 47ter Ord. pen., sono disposte su proposta ovvero sentito il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
La norma suindicata qualifica il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, non solo come documento che su richiesta dei giudici di sorveglianza deve essere allegato alla proposta o al parere formulati dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo (comma 2), ma soprattutto come elemento documentale la cui formazione Ł necessaria per l’ottenimento dei benefici penitenziari ivi considerati (comma 4: ‘Acquisiti la proposta o il
parere indicati nei commi 2 e 3, il tribunale o il magistrato di sorveglianza, se ritiene che sussistano i presupposti di cui al comma 1, avuto riguardo all’importanza della collaborazione e sempre che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva, adotta il provvedimento indicato nel comma 1 anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all’articolo 176 del codice penale e agli articoli 30ter e 47ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Il provvedimento Ł specificamente motivato nei casi in cui le autorità indicate nel comma 2 del presente articolo hanno espresso parere sfavorevole. I provvedimenti che derogano ai limiti di pena possono essere adottati soltanto se, entro il termine prescritto dall’articolo 16quater Ł stato redatto il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione previsto dal medesimo articolo 16quater e, salvo che non si tratti di permesso premio, soltanto dopo la espiazione di almeno un quarto della pena inflitta ovvero, se si tratta di condannato all’ergastolo, dopo l’espiazione di almeno dieci anni di pena’).
3.1. In questa prospettiva, si Ł ripetutamente precisato che i presupposti per la concessione dei benefici penitenziari in deroga, alla luce del contenuto del art. 16nonies cit., sono: a) che una persona sia stata condannata per un delitto commesso per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale o per uno dei delitti di cui all’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen.; b) che vengano acquisiti la proposta o il parere dei procuratori generali presso le Corti di appello interessati a norma dell’art. 11 della citata legge o del procuratore nazionale antimafia; c) che il condannato abbia prestato, anche dopo la condanna, una collaborazione importante; d) che sussista il ravvedimento (nei sensi che si preciseranno) e non vi siano elementi tali da far ritenere l’esistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva; e) che la persona condannata abbia redatto entro il termine prescritto dall’art. 16quater il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione; f) che sia stato espiato almeno un quarto della pena inflitta o, qualora vi sia stata condanna all’ergastolo, che siano stati espiati almeno dieci anni di pena (per ogni altro riferimento, Sez. 1, n. 1554 del 12/10/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 7452 del 09/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.).
Si affianca alla situazione disciplinata nei sensi indicati quella, prevista dal comma 5 dell’art. 16nonies cit., afferente al peculiare caso di chi si determini alla collaborazione dopo la condanna con riguardo a fatti diversi da quelli per i quali Ł intervenuta la condanna stessa, caso nel quale i benefici di cui al comma 1 possono essere concessi in deroga alle disposizioni vigenti solo dopo l’emissione della sentenza di primo grado concernente i fatti oggetto della collaborazione che ne confermi i requisiti di cui all’art. 9, comma 3, stesso d.l. (fattispecie in relazione a cui si Ł affermato che i benefici penitenziari previsti dall’art. 16nonies cit. sono concedibili anche per una collaborazione prestata in relazione a fatti cui il dichiarante sia estraneo, a condizione che sia stata emessa sentenza di primo grado concernente i fatti oggetto di collaborazione e che questa abbia i caratteri di intrinseca attendibilità, di novità e di completezza, o per altri elementi appaia di notevole importanza ai sensi dell’art. 9, comma 3, della legge n. 82 del 1991: Sez. 1, n. 13952 del 04/02/2015, Consoli, Rv. 263078 – 01).
Va anche ricordato che la facoltà di ammettere alle misure alternative soggetti sottoposti a programma di protezione a norma della legge n. 82 del 1991, con le previste deroghe alle disposizioni ordinarie, non estende le stesse ai presupposti relativi all’emenda di tali soggetti e alla finalità di conseguire la loro risocializzazione, sicchØ tali benefici – pur potendo essere concessi a detti soggetti anche in deroga ai limiti di pena indicati nell’art. 47-
ter Ord. pen. – postulano che comunque si tratti di persone per le quali si riscontrino le premesse meritorie e l’applicabilità in concreto del beneficio, in relazione alla personalità del condannato, onde verificare i presupposti relativi all’emenda del soggetto e alle finalità di conseguirne la stabile rieducazione (per tutte, Sez. 1, n. 10587 del 20/12/2022, dep. 2023, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 665 del 28/01/2000, COGNOME, Rv. 215495 – 01; Sez. 1, n. 5523 del 24/10/1996, COGNOME, Rv. 206185 – 01).
3.2. ¨ rilevante, poi, aggiungere, con particolare riguardo alla verifica relativa al requisito del ravvedimento, che, ai fini della concessione dei benefici penitenziari in favore dei collaboratori di giustizia, tale requisito non può essere oggetto di una sorta di presunzione, formulabile sulla sola base dell’avvenuta collaborazione e dell’assenza di persistenti collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, ma richiede la presenza di ulteriori e specifici elementi, di qualsiasi natura, tali da dimostrarne in positivo, sia pure in termini di mera, ragionevole probabilità, l’effettiva sussistenza (Sez. 1, n. 43256 del 22/05/2018, Sarno, Rv. 274517 – 01).
A fronte della medesima nozione di ravvedimento, indicata dall’art. 176 cod. pen., con riferimento alla disciplina della liberazione condizionale, e dall’art. 16nonies cit., con riferimento alla disciplina dei benefici penitenziari in favore dei collaboratori di giustizia, aventi titolo alla stregua della ridetta disposizione, non si dubita che il concetto di ravvedimento sia lo stesso, non essendovi ragione per opinare nel senso che le due norme abbiano inteso attribuire a un termine così centrale nella verifica dell’emenda un significato differente.
Si Ł, tuttavia, condivisibilmente precisato (Sez. 1, n. 24996 del 31.05.2022, COGNOME, non mass.; v. ora anche Sez. 5, n. 637 del 23/10/2024, dep. 2025, Comito, Rv. 287407 – 01, in materia di permesso premio) che diverso si palesa il grado di certezza dell’intervenuto ravvedimento del detenuto richiesto dai distinti, citati indici normativi: con riferimento al complesso dei benefici penitenziari, rispetto ai quali la sussistenza del ravvedimento Ł una condizione, ciò che si richiede Ł la presenza di specifici elementi, di qualsivoglia natura, ulteriori rispetto alla prestazione della collaborazione, che valgano a dimostrarne in positivo, ma in termini di mera, ragionevole probabilità, l’effettiva sussistenza (v. anche Sez. 1, n. 48891 del 30/10/2013, Marino Rv. 257671 – 01); viceversa, per la concessione della liberazione condizionale, occorre il riscontro del ‘sicuro’ ravvedimento, in termini di certezza: quindi, il giudizio prognostico di ravvedimento deve essere formulato sulla base di un completato percorso trattamentale di rieducazione e recupero idoneo a sostenere la previsione, in termini di certezza, di una conformazione al quadro ordinamentale e sociale a suo tempo violato, in quanto, come si Ł già evidenziato, la facoltà di ammettere al beneficio detti soggetti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, riguarda solo le condizioni di ammissibilità, ma non si estende al requisito dell’emenda degli stessi e alle finalità di conseguire la loro stabile risocializzazione (Sez. 1, n. 17831 del 20/04/2021, Celona, Rv. 281360 – 01; Sez. 1, n. 3312 del 14/01/2020, Chiavetta, Rv. 277886 -01).
3.3. In definitiva, dovendo considerarsi assodato che la facoltà di ammettere alle misure alternative soggetti sottoposti a programma di protezione a norma della legge n. 82 del 1991 anche in deroga alle disposizioni vigenti riguarda essenzialmente le limitazioni in tema di condizioni di ammissibilità, ma non si estende ai presupposti relativi all’emenda di tali soggetti e alla finalità di conseguire la loro compiuta risocializzazione, la magistratura di sorveglianza, nel valutare la corrispondente istanza specificamente riferita alla detenzione domiciliare, se deve ritenere concedibile la misura ai collaboratori di giustizia anche in deroga ai limiti di pena indicati nell’art. 47ter cit., in pari tempo ha il potere dovere di
verificare che il richiedente sia persona per la quali si riscontri la sussistenza delle condizioni soggettive previste dalla norma che disciplina l’istituto, restando riservata alla motivata discrezionalità valutativa dei giudici del merito l’accertamento delle condizioni stesse nel singolo caso, non potendo certo pervenirsi alla – non condivisibile – conclusione che, per i soggetti sottoposti a speciale programma di protezione, la concessione del beneficio sia di fatto obbligatoria, senza possibilità di estrinsecazione della valutazione giudiziale.
In relazione a questa cornice di principi, deve ritenersi che la complessiva valutazione compiuta dal Tribunale di sorveglianza nel caso in esame non sia decisivamente infirmata dalle critiche mosse dalla difesa con i due motivi articolati.
4.1. Secondo il meditato e non illogico tessuto argomentativo esposto nel provvedimento al vaglio, COGNOME benchØ abbia dato segnali positivi a seguito della scelta collaborativa e, successivamente, nel tratto di iter trattamentale finora maturato (secondo quanto hanno riferito le Autorità deputate a fornire parere in merito), non risulta aver conseguito, per le ragioni suindicate, un grado di maturità e affidabilità adeguato a farlo ritenere pronto per l’ammissione alla misura della detenzione domiciliare.
In tal senso, le chiare note di prospettiva derivanti dalla valutazione fatta, in modo congruo ed esente da cesure logiche, dal Tribunale di sorveglianza, sulla scorta delle considerazioni rassegnate, nella (certamente aggiornata) relazione di sintesi, dall’ Øquipe addetta alla cura e al monitoraggio del trattamento, indicano la necessità di rispettare le scansioni proprie della progressione trattamentale, che hanno fatto propendere, in modo univoco, per il prosieguo dell’esperienza nel circuito carcerario fino al conseguimento (all’esito, fra l’altro, della fruizione positiva, se positiva, di un’adeguata entità di benefici di piø circoscritto momento, quali, in particolare, i permessi premio) di quella solida maturità occorrente – anche in riferimento a soggetti che hanno optato per un proficuo percorso collaborativo, ma che hanno commesso gravi delitti, con riguardo ad alcuni dei quali manca ancora l’accertamento definitivo – per l’ammissione alla detenzione domiciliare.
La valutazione operata dai giudici di sorveglianza, oltre a non aver violato le norme regolatrici dell’istituto della detenzione domiciliare, nemmeno Ł confluita in una motivazione carente o contraddittoria.
L’ancora inadeguato – per come motivatamente valutato dal Tribunale – stadio raggiunto nel percorso della graduale risocializzazione da NOME fa sì che l’elemento relativo alla durata circoscritta della pena ancora da espiare (al di là della previsione della sua implementazione espressa nell’ordinanza, per la prossima maturazione di un altro giudicato di condanna, implementazione che il ricorrente segnala sarà di durata minore di quella prospettabile dopo il solo primo grado del giudizio) non avrebbe potuto, in ogni caso, modificare decisivamente la ponderazione rilevante ai fini della delibazione dell’istanza di detenzione domiciliare.
4.2. Le censure connotanti entrambi i motivi dell’impugnazione non possono meritare, quindi, condivisione.
Per un verso, non Ł stato trascurato il dato che, dal momento dell’inizio della collaborazione, la progressione trattamentale contrassegnante il comportamento di NOME COGNOME ha fatto emergere alcuni risultati positivi, ma Ł stato considerato – con analisi radicata sulle risultanze della relazione di sintesi, analisi svolta in maniera equilibrata e priva di fratture logiche – che l’ancora incerto livello di affidabilità del detenuto evidenziato dal percorso allo stato effettuato esige la conferma di ulteriori prove per testare, con gradualità, la sua maturità in contesto extramurario.
Per altro verso, non Ł stato misconosciuto l’ iter finora compiuto dal collaboratore di
giustizia, nØ sono stati obliterati apoditticamente gli assunti e gli orientamenti espressi nei pareri resi dalle Autorità inquirenti antimafia, ma il Tribunale ha opportunamente proceduto al bilanciamento di quei dati con gli altri di segno diverso, pure affiorati in modo obiettivo, traendone la conclusione della necessità di un’ulteriore fase di trattamento inframurario, apprezzata come propedeutica all’accesso di COGNOME alla detenzione domiciliare.
Il Tribunale di sorveglianza si Ł attenuto, dunque, all’insieme dei principi ricordati in precedenza, in virtø dei quali per formulare il giudizio inerente all’ammissione o meno dell’istanza alla detenzione domiciliare generica, anche nella proiezione peculiare determinata dall’applicazione dell’art. 16nonies d.l. n. 8 del 1991, il giudice del merito deve comunque dar conto delle ragioni su cui si fonda la valutazione della sussistenza – o della insussistenza – degli elementi atti a far ritenere la misura idonea a evitare che il condannato commetta altri reati, in relazione a tutti i fattori rilevanti, fra i quali rilevano le caratteristiche di personalità del soggetto, l’effettivo stadio del trattamento intramurario (quando esso sia avvenuto), gli esiti delle indagini svolte sulla sua condotta in ambiente libero e, ove del caso, l’efficacia del complesso di prescrizioni da imporre, nel quadro della gradualità trattamentale per l’accesso alle misure alternative, sempre in funzione della maturazione del definitivo e irreversibile distacco del condannato dal contesto criminale rispetto al quale Ł maturata la scelta collaborativa.
L’impugnazione va, pertanto, rigettata.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 24/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME