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Detenzione domiciliare anziani: no per reati gravi

La Corte di Cassazione ha negato la detenzione domiciliare anziani a un uomo condannato per omicidio volontario commesso a 80 anni. La sentenza conferma che i ‘reati ostativi’ precludono l’accesso a questo beneficio, anche in età avanzata, e che la pericolosità sociale deve essere valutata concretamente, non potendo l’età da sola giustificare la concessione di benefici penitenziari.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione domiciliare anziani: l’età non basta se il reato è grave

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 444 del 2024, ha affrontato un caso delicato riguardante la detenzione domiciliare anziani, stabilendo principi chiari sulla sua applicazione in presenza di reati di particolare gravità. La decisione sottolinea come l’età avanzata del condannato non sia, di per sé, un fattore sufficiente a superare le preclusioni legali e la valutazione sulla pericolosità sociale, specialmente quando il crimine commesso è un omicidio volontario.

I Fatti del Caso: Omicidio in Età Avanzata e Richiesta di Benefici

Il caso riguarda un uomo, nato nel 1938, condannato a 12 anni di reclusione per un omicidio volontario commesso nel 2018, quando aveva già compiuto 80 anni. Durante l’esecuzione della pena, con un fine pena previsto per il 2033, il condannato ha presentato due istanze al Tribunale di Sorveglianza: la prima per ottenere la detenzione domiciliare speciale per gli ultrasettantenni (prevista dall’art. 47, comma 01, ord. pen.) e la seconda per il differimento della pena per gravi motivi di salute (art. 147 cod. pen.).

La Decisione del Tribunale di Sorveglianza

Il Tribunale di Sorveglianza aveva respinto entrambe le richieste. L’istanza di detenzione domiciliare anziani è stata dichiarata inammissibile perché l’omicidio rientra nel novero dei cosiddetti “reati ostativi” (art. 4-bis ord. pen.), che creano una preclusione assoluta a tale beneficio. La richiesta di differimento pena è stata invece rigettata nel merito, ritenendo che lo stato di salute del detenuto fosse adeguatamente gestito all’interno del carcere e che la sua pericolosità sociale fosse ancora attuale, desunta dalla brutalità del crimine commesso in età già molto avanzata.

Il Ricorso in Cassazione sulla detenzione domiciliare anziani

Il condannato ha impugnato la decisione in Cassazione, sostenendo due motivi principali. In primo luogo, ha argomentato che la preclusione per i reati ostativi non dovrebbe più essere considerata assoluta, alla luce di recenti interventi della Corte Costituzionale e di riforme normative. In secondo luogo, ha criticato la valutazione del Tribunale sulla sua pericolosità, ritenendola basata sul passato e non su una valutazione attuale della sua condizione, legata anche all’età e alle finalità rieducative della pena.

Le Motivazioni della Cassazione: Pericolosità Sociale e Reati Ostativi

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. I giudici hanno chiarito che le sentenze della Corte Costituzionale citate dal ricorrente non sono pertinenti al caso di specie, in quanto riguardavano diverse tipologie di preclusioni (legate alla recidiva e non alla natura del reato).

La Corte ha ribadito che per i reati ostativi, come l’omicidio, la legge prevede una presunzione di pericolosità che impedisce l’accesso alla detenzione domiciliare anziani. Questa preclusione rimane pienamente in vigore. Anche riguardo al secondo motivo, la Cassazione ha ritenuto corretta la valutazione del Tribunale. Nel decidere sul differimento della pena, il giudice deve bilanciare l’interesse del condannato alla salute con le esigenze di sicurezza della collettività. In questo caso, il Tribunale ha correttamente considerato la pericolosità del soggetto, evidenziando come l’aver commesso un omicidio efferato a 80 anni fosse un indicatore di una pericolosità persistente e non attenuata dall’età.

Le Conclusioni: l’Età Anagrafica non è un Passpartout

La sentenza n. 444/2024 della Cassazione offre un’importante lezione: l’età anagrafica avanzata non costituisce un elemento che, da solo, possa garantire l’accesso a misure alternative alla detenzione o al differimento della pena. La valutazione deve sempre tenere conto della natura del reato e di una concreta e attuale analisi della pericolosità sociale del condannato. Per i crimini più gravi, le esigenze di tutela della collettività prevalgono, e la pena deve essere eseguita in carcere se le condizioni di salute possono essere adeguatamente gestite all’interno della struttura penitenziaria.

Un condannato per un reato grave, come l’omicidio, può ottenere la detenzione domiciliare speciale se ha più di 70 anni?
No. Secondo questa sentenza, se il crimine rientra nella categoria dei cosiddetti “reati ostativi” (previsti dall’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario), esiste una preclusione legale che impedisce l’accesso a questa specifica misura alternativa, indipendentemente dall’età del condannato.

L’età molto avanzata di un detenuto diminuisce automaticamente la sua pericolosità sociale?
No, non automaticamente. La Corte di Cassazione ha chiarito che la pericolosità sociale deve essere valutata in modo concreto e attuale. L’aver commesso un crimine violento in età già avanzata (in questo caso a 80 anni) può essere considerato un forte indicatore di una pericolosità persistente che l’età da sola non attenua.

Quando può essere concesso il differimento della pena per motivi di salute?
Il differimento della pena può essere concesso quando le condizioni di salute del detenuto sono talmente gravi da essere incompatibili con l’ambiente carcerario e non possono essere curate adeguatamente al suo interno. La decisione richiede un bilanciamento tra il diritto alla salute del condannato e le esigenze di sicurezza della collettività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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