Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10865 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10865 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 03/03/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Lette le conclusioni del difensore e procuratore speciale, AVV_NOTAIO, per la costituita parte civile, che ha depositato conclusioni e nota spese.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 3 marzo 2023 la Corte di appello di Palermo ha confermato la pronuncia del Tribunale cittadino in composizione monocratica dell’8 aprile 2021 con la quale COGNOME NOME era stato condannato alla pena di giustizia per il reato di cui agli artt.110, 497 bis comma secondo cod. pen. per avere detenuto una falsa carta di identità a nome del coimputato COGNOME.
Avverso la decisione della Corte di appello ha proposto ricorso l’imputato con atto sottoscritto dal difensore deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma primo disp. att. cod. proc. pen.
v
2.1. Con il primo motivo è stato dedotto vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’art. 497 bis comma secondo cod. pen.
La motivazione della Corte a parere della difesa è contraddittoria.
La sentenza di primo grado aveva accertato che la condotta del COGNOME è consistita nella detenzione per uso non personale della falsa carta di identità e della sua esibizione alla RAGIONE_SOCIALE delle Entrate senza che vi sia stato alcun contributo alla contraffazione del documento.
La Corte di appello, nel confermare il giudizio di penale responsabilità, ha erroneamente richiamato una sentenza di questa Corte (Cass. n. 48241 del 4 novembre 2019) per sostenere che la condotta del ricorrente rientra nell’ipotesi di cui all’art. 497 bis comma secondo cod. pen.
La sentenza richiamata, tuttavia, afferma che la detenzione di un documento falso, alla cui formazione non si sia concorso, integra il reato di cui all’art. 497 bis comma primo cod. pen., mentre la fabbricazione nonché la detenzione per uso non personale o personale, se si è concorsi nella contraffazione, integra l’art. 497 bis comma secondo cod. pen.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte territoriale non ha valutato gli elementi favorevoli all’imputato, quale il ruolo marginale rivestito e l’assenza di vantaggio a lui derivato dalla condotta.
2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata disapplicazione della recidiva.
La sentenza non ha sufficientemente argomentato al riguardo e non ha considerato gli specifichi obblighi motivazionali richiesti da questa Corte in punto di accresciuta capacità criminale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel complesso infondato.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. I giudici di merito hanno accertato la detenzione da parte dell’imputato di un documento falso nell’interesse altrui, precisando altresì che nessun concorso era ravvisabile riguardo alla formazione del documento.
L’art. 497 bis comma secondo cod. pen. prevede due distinte ipotesi aggravate rispetto alla fattispecie di cui al primo comma:
la prima ha ad oggetto la fabbricazione o formazione del documento falso destinato ad uso personale;
la seconda ha ad oggetto la detenzione per conto altrui (la detenzione nell’interesse proprio e senza concorso nella contraffazione resta compresa nel primo comma).
Si tratta di due ipotesi autonome, pur se comprese nel medesimo comma secondo: il legislatore, infatti, ha utilizzato la congiunzione disgiuntiva “ovvero” proprio per distinguere la condotta di fabbricazione-formazione del documento falso, da quella della detenzione fuori dai casi di uso personale, ipotesi, quest’ultima, che non presuppone il concorso nella formazione o fabbricazione.
Correttamente, dunque, i giudici di merito hanno ravvisato nel caso in esame gli estremi per applicare l’art. 497 bis comma secondo cod. pen. ed hanno operato buon governo della sentenza di questa Corte, richiamata nel motivo di ricorso, secondo cui la detenzione di un documento falso, anche solo ideologicamente, alla cui formazione non si sia concorso, integra il reato di cui all’art. 497-bis, comma primo, cod. pen., mentre le condotte di fabbricazione e formazione di un documento falso, nonché di detenzione, per uso non personale, o personale se si è concorso nella contraffazione del documento, integrano la fattispecie più grave di cui al secondo comma della medesima norma (Sez. 5 n. 48241 del 04/11/2019, COGNOME, Rv. 277427).
Il secondo e il terzo motivo risultano privi di specificità.
La Corte di appello ha offerto motivazione immune da vizi logici:
quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche (sussistenza di precedenti penali e mancata emersione di indici di meritevolezza valutabili in tal senso);
quanto all’aumento per la contestata recidiva (la sussistenza di precedenti penali specifici quale indice rivelatore di maggiore pericolosità).
A fronte di siffatta motivazione la difesa non ha individuato elementi concretamente favorevoli non valutati dalla sentenza impugnata: l’invocato ruolo minore svolto dal ricorrente è stato espressamente considerato ai fini della determinazione della pena base del complessivo trattamento sanzionatorio.
Al rigetto del ricorso consegue il pagamento delle spese processuali.
In relazione alla richiesta di parte civile di liquidazione delle spese del presente giudizio, va evidenziato che le Sezioni unite di questa Corte (S.U. n. 877 del 14/07/2022, dep.2023, Sacchettino, Rv. 283886) hanno affermato che, nell’ipotesi in cui il giudizio in cassazione si celebri nelle forme del rito camerale c.d. “non partecipato” , a fronte della infondatezza del ricorso, va disposto il pagamento delle spese processuali in favore della parte civile solo nella ipotesi in cui la stessa “, abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività diretta a contrastare la pretesa dell’imputato per la tutela dei propri interessi (..) anche solo attraverso memorie scritte (..) fornendo un utile contributo alla decisione” (si veda anche Sez. U, Ordinanza n. 5466 del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226716).
Nel caso di specie la memoria pervenuta nell’interesse della parte civile si è limitata a conclusioni di stile (” considerato che la sentenza oggi impugnata ha dato contezza della sussistenza e fondatezza del danno subito dalla parte civile Dr. COGNOME NOME a causa della condotta illecita dell’imputato.”), non fornendo il contributo utile richiesto.
Nulla va, dunque, disposto in ordine alla liquidazione delle spese di parte civile.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Nulla per le spese parte civile. Così deciso in Roma il 1° febbraio 2024 Il consi ere )estensore
Presidente