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Detenzione di stupefacenti: ricorso per 34g di cocaina

La Corte di Cassazione esamina un ricorso avverso una condanna per detenzione di stupefacenti. L’imputato era stato trovato in possesso di 34,5 grammi di cocaina pura, da cui si potevano ricavare 230 dosi. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna di primo grado, spingendo la difesa a ricorrere in Cassazione.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione di Stupefacenti: Il Ricorso in Cassazione per 34,5 grammi di Cocaina

La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi su un caso di detenzione di stupefacenti, una fattispecie di reato disciplinata dal Testo Unico in materia di droga. L’ordinanza in esame introduce il ricorso presentato dalla difesa di un imputato, condannato in primo e secondo grado per il possesso di un’ingente quantità di cocaina. Analizziamo i contorni della vicenda e le questioni legali che la Suprema Corte dovrà affrontare.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un uomo per il reato previsto dall’art. 73, comma 1, del d.P.R. 309/1990. L’imputato è stato riconosciuto colpevole di illecita detenzione di 34,5 grammi di cocaina pura. Un dato fondamentale, evidenziato nel corso del giudizio, è che da tale quantitativo era possibile ricavare ben 230 dosi singole.

La condanna, emessa dal Tribunale di Roma a seguito di rito abbreviato, è stata integralmente confermata dalla Corte di Appello della stessa città. Ritenendo errata la valutazione dei giudici di merito, la difesa dell’imputato ha deciso di proporre ricorso per cassazione, portando il caso all’attenzione della Suprema Corte.

Il Ruolo della Quantità nella Detenzione di Stupefacenti

Nei reati legati agli stupefacenti, la quantità e la purezza della sostanza sono elementi cruciali. Essi non solo influenzano la determinazione della pena, ma sono anche indici fondamentali per distinguere la detenzione finalizzata allo spaccio (penalmente rilevante) da quella per uso personale (sanzionata in via amministrativa).

Nel caso specifico, la capacità di produrre 230 dosi è un elemento che i giudici di merito hanno evidentemente considerato come un forte indicatore della destinazione della droga alla vendita a terzi, escludendo così la tesi dell’uso personale.

Le Motivazioni della Decisione

L’ordinanza in commento non rappresenta la decisione finale sul merito del ricorso, ma introduce l’analisi della Corte. La Suprema Corte, in questi casi, è chiamata a un compito preciso: non riesaminare i fatti, ma verificare che le corti di grado inferiore abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.

Il difensore dell’imputato, nel suo ricorso, avrà probabilmente contestato specifici punti della sentenza d’appello. Tali contestazioni potrebbero riguardare vizi di motivazione (ad esempio, sulla valutazione della destinazione della sostanza) o errori nell’applicazione delle norme di diritto, come quelle relative alla qualificazione giuridica del fatto o al calcolo della pena.

La Corte di Cassazione dovrà quindi valutare se la sentenza impugnata abbia fornito una giustificazione adeguata per confermare la condanna, basandosi su elementi come la quantità della sostanza, le modalità di conservazione e ogni altra circostanza emersa durante il processo.

Conclusioni

Questo caso ribadisce la centralità della valutazione quantitativa e qualitativa della sostanza nei processi per detenzione di stupefacenti. La decisione della Corte di Cassazione, una volta emessa, fornirà importanti indicazioni sui criteri che i giudici devono seguire per distinguere lo spaccio dall’uso personale, specialmente in presenza di quantitativi significativi. Il verdetto della Suprema Corte sarà determinante per stabilire se la condanna inflitta nei primi due gradi di giudizio sia stata legittima e fondata su una corretta interpretazione della legge.

Qual è il reato contestato nel caso in esame?
Il reato contestato è l’illecita detenzione di stupefacenti, specificamente 34,5 grammi di cocaina pura, previsto dall’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309/1990.

Perché il caso è arrivato in Corte di Cassazione?
Il caso è arrivato in Cassazione perché la difesa dell’imputato ha presentato ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma, la quale aveva confermato la condanna di primo grado.

Quale elemento è stato particolarmente evidenziato nel capo d’imputazione?
È stato evidenziato che dalla quantità di cocaina sequestrata (34,5 grammi di principio attivo puro) era possibile ricavare 230 singole dosi, un dato rilevante per valutare la gravità del fatto e la sua destinazione allo spaccio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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