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Detenzione di stupefacenti: ricorso inammissibile

Un uomo condannato in Appello per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio ricorre in Cassazione. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di merito. L’ordinanza sottolinea che, in presenza di una motivazione logica e congrua da parte della Corte d’Appello, non è possibile contestare in sede di legittimità la finalità dello spaccio, la gravità del fatto o la mancata concessione delle attenuanti generiche.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione di Stupefacenti: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza n. 5384/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità in materia di detenzione di stupefacenti. In questa analisi, approfondiremo come la Suprema Corte abbia dichiarato inammissibile un ricorso, ribadendo principi fondamentali sulla distinzione tra valutazione dei fatti, riservata ai giudici di merito, e violazione di legge, unico terreno di scontro in Cassazione.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo da parte della Corte d’Appello di Napoli per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti di vario tipo (crack, cocaina e hashish). L’imputazione originaria era stata riqualificata nella fattispecie di minore gravità prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. La difesa dell’imputato, non accettando la sentenza di secondo grado, ha proposto ricorso per Cassazione, articolando diverse censure.

I Motivi del Ricorso e la Detenzione di Stupefacenti

La difesa ha basato il proprio ricorso su quattro principali motivi di doglianza:

1. Erronea applicazione della legge penale: Si contestava la qualificazione della detenzione come finalizzata allo spaccio, sostenendo l’insufficienza delle prove a riguardo.
2. Violazione dell’art. 131-bis c.p.: Si lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
3. Violazione dei criteri di commisurazione della pena: La difesa criticava la determinazione della sanzione e la mancata concessione delle attenuanti generiche (artt. 133 e 62-bis c.p.).
4. Difetto di motivazione: Si asseriva una generica carenza nell’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a fondamento della condanna.

La Valutazione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha esaminato ciascun motivo, concludendo per la loro manifesta infondatezza e, di conseguenza, per l’inammissibilità del ricorso. Gli Ermellini hanno chiarito che le censure sollevate dalla difesa non rientravano tra quelle ammissibili in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su principi cardine del processo penale. In primo luogo, la Corte ha ribadito che il primo motivo di ricorso, relativo alla finalità della detenzione di stupefacenti, investiva profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto. Tali attività sono di esclusiva competenza dei giudici di merito (primo grado e appello). La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti, ma può solo verificare se la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e non manifestamente contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la destinazione allo spaccio sulla base di elementi concreti: la varietà delle sostanze, le modalità di occultamento e l’osservazione di precedenti atti di cessione da parte della polizia giudiziaria.

Anche le censure relative alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. e alla commisurazione della pena sono state respinte. La Corte ha ritenuto che la sentenza d’appello avesse fornito una motivazione congrua, escludendo la tenuità del fatto in ragione del ‘disvalore oggettivo’ della condotta e negando le attenuanti generiche a causa della ‘negativa personalità’ dell’imputato, gravato da precedenti penali. La Cassazione ha ricordato il suo orientamento consolidato secondo cui, per negare le attenuanti, il giudice di merito può legittimamente valorizzare anche un solo elemento ritenuto prevalente, come i precedenti penali.

Infine, l’ultimo motivo è stato giudicato del tutto generico e, come tale, inidoneo a superare il vaglio di ammissibilità.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ri-discutere i fatti e le prove. Il suo scopo è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. Pertanto, un ricorso che si limiti a proporre una diversa lettura delle risultanze processuali, senza individuare vizi logici o giuridici nella motivazione della sentenza impugnata, è destinato all’inammissibilità. La decisione impone una riflessione sulla necessità di formulare ricorsi che si concentrino su vizi di legittimità e non su mere contestazioni fattuali, con la conseguenza, in caso contrario, della condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso in Cassazione per detenzione di stupefacenti viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando le censure sollevate non riguardano violazioni di legge o vizi logici della motivazione, ma si limitano a contestare la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, che è insindacabile in sede di legittimità.

Perché la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove del processo?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non effettuare una nuova valutazione delle prove, attività riservata al primo e al secondo grado di giudizio.

Quali criteri usa il giudice per concedere o negare le attenuanti generiche?
Il giudice valuta una serie di elementi indicati dall’art. 133 del codice penale, come la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole. Secondo la giurisprudenza citata, per negare le attenuanti generiche è sufficiente che il giudice motivi la sua decisione basandosi anche su un solo elemento ritenuto prevalente, come la personalità negativa dell’imputato desunta da precedenti penali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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