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Detenzione di stupefacenti: quando scatta la confisca

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un giovane condannato per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. La sentenza conferma che il possesso di una cospicua somma di denaro, sproporzionata rispetto alla capacità reddituale inesistente dell’imputato, giustifica la confisca. La Corte ha inoltre escluso la qualificazione del reato come ‘fatto di lieve entità’ a causa delle prove che indicavano un’attività di spaccio sistematica e non occasionale.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione di stupefacenti: la Cassazione chiarisce quando il denaro è confiscabile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 461/2024) affronta un caso di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio, fornendo importanti chiarimenti sui presupposti per la confisca del denaro trovato in possesso dell’imputato. La Corte ha stabilito che la sproporzione tra la somma di denaro e la capacità reddituale, unita alla mancanza di una giustificazione plausibile, costituisce un indizio sufficiente per procedere alla confisca.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un giovane, privo di attività lavorativa, condannato in primo e secondo grado per la detenzione di un quantitativo significativo di marijuana. Durante la perquisizione domiciliare, le forze dell’ordine avevano rinvenuto non solo la sostanza stupefacente, suddivisa tra la sua camera da letto e un vano sottoscala, ma anche una cospicua somma di denaro contante e fogli manoscritti con nomi e cifre, interpretati come una rudimentale contabilità dell’attività di spaccio.

I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Carenza di prove: La difesa sosteneva che mancassero prove certe per collegare l’imputato a tutta la droga sequestrata e alla contabilità.
2. Qualificazione del reato: Si chiedeva di riconoscere l’ipotesi del ‘fatto di lieve entità’ (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90), data la natura della sostanza (droga leggera) e la condizione di tossicodipendenza del ricorrente.
3. Trattamento sanzionatorio: Si contestava la mancata concessione delle attenuanti generiche e la severità della pena.
4. Illegittimità della confisca: La difesa affermava che la sola mancanza di un lavoro non fosse sufficiente a dimostrare che il denaro sequestrato fosse il provento dello spaccio.

La Decisione della Cassazione sulla detenzione di stupefacenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ritenuto che le censure presentate fossero un tentativo di riesaminare nel merito i fatti, attività non consentita in sede di legittimità.

La Confisca del Denaro come Conseguenza della detenzione di stupefacenti

Il punto più interessante della sentenza riguarda la confisca. La Corte ha ribadito un principio consolidato: nel reato di detenzione di stupefacenti, si può procedere alla confisca del denaro trovato in possesso dell’imputato quando ricorrono due condizioni:
1. Il reato non è di lieve entità.
2. La somma è palesemente sproporzionata rispetto al reddito o all’attività lavorativa dell’imputato, e quest’ultimo non fornisce alcuna giustificazione credibile sulla sua provenienza.

Nel caso specifico, l’imputato era disoccupato e non aveva fornito alcuna spiegazione sulla provenienza del denaro. Questa circostanza, unita agli altri indizi (quantitativo della droga e appunti contabili), ha creato un quadro probatorio solido che collegava in modo ‘indefettibile’ il denaro all’attività illecita.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla coerenza e sulla gravità degli indizi raccolti. I giudici hanno sottolineato come la valutazione del reato non possa limitarsi al solo dato quantitativo o qualitativo della sostanza. L’esistenza di una vera e propria attività di spaccio, organizzata e non occasionale, come dimostrato dalla contabilità e dalla disponibilità di denaro, esclude a priori la possibilità di qualificare il fatto come di ‘lieve entità’. Di conseguenza, anche la richiesta di attenuanti generiche è stata respinta, poiché la Corte ha ritenuto prevalente la gravità del comportamento, caratterizzato da una sistematica dedizione allo spaccio. La decisione sulla confisca è la logica conseguenza di questo quadro: in assenza di fonti di reddito lecite, si presume che il denaro sia il profitto dell’unica attività provata, quella criminale.

Le Conclusioni

La sentenza n. 461/2024 rafforza un importante monito: chi è coinvolto in attività di spaccio non può pensare di giustificare il possesso di ingenti somme di denaro semplicemente negando i fatti. Il principio della sproporzione tra denaro posseduto e reddito dichiarato (o assente) funge da forte presunzione della provenienza illecita dei fondi. Per l’imputato, l’onere di fornire una spiegazione alternativa e credibile diventa cruciale per evitare la confisca. Questa decisione conferma un approccio rigoroso della giurisprudenza nel contrastare i profitti derivanti dal narcotraffico, colpendo direttamente il patrimonio accumulato illegalmente.

Quando può essere confiscato il denaro trovato a una persona accusata di detenzione di stupefacenti?
Il denaro può essere confiscato quando la somma è considerevole e sproporzionata rispetto al reddito o all’attività lavorativa della persona, e quest’ultima non è in grado di fornire una spiegazione credibile e legittima sulla sua provenienza.

Perché il reato non è stato considerato di ‘lieve entità’ in questo caso?
Il reato non è stato ritenuto di lieve entità perché, al di là della quantità di droga, altri elementi come il possesso di una cospicua somma di denaro e la presenza di appunti contabili indicavano un’attività di spaccio sistematica e non occasionale, incompatibile con la definizione di fatto lieve.

La mancanza di un lavoro è sufficiente per giustificare la confisca del denaro?
Da sola, la mancanza di un’attività lavorativa non è sufficiente, ma diventa un elemento determinante se associata al possesso di una somma di denaro ingiustificata e alla commissione di un reato che genera profitto, come lo spaccio di stupefacenti. In questo contesto, crea una forte presunzione che il denaro sia di provenienza illecita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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