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Detenzione di stupefacenti: quando non è lieve entità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. La Corte ha confermato la decisione di merito, escludendo sia l’uso personale della marijuana, data l’ingente quantità e la presenza di un bilancino, sia la qualificazione del fatto come di lieve entità, considerando la condotta inserita in un circuito criminale stabile.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione di Stupefacenti: Quando la Difesa dell’Uso Personale non Basta

La distinzione tra uso personale e spaccio è una delle questioni più delicate e frequenti nei processi per detenzione di stupefacenti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 12510/2025, offre un’analisi chiara dei criteri utilizzati dai giudici per valutare la destinazione della sostanza e per decidere se un fatto possa essere considerato di ‘lieve entità’. Questo caso dimostra come la presenza di specifici elementi, come un quantitativo ingente e un bilancino di precisione, possa vanificare la tesi difensiva dell’uso personale.

I Fatti del Caso

L’imputato era stato condannato in primo grado e in appello per la detenzione ai fini di spaccio di cocaina e marijuana, oltre che per altri reati. In particolare, la difesa contestava la condanna relativa alla marijuana, sostenendo che la sostanza fosse destinata esclusivamente all’uso personale. A supporto di questa tesi, veniva evidenziato lo stato di tossicodipendenza dell’imputato e la sua condizione di arresti domiciliari, che avrebbero giustificato la necessità di fare una ‘scorta’ di sostanza.

Inoltre, la difesa chiedeva che entrambi i reati di detenzione venissero riqualificati nell’ipotesi più lieve prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti, nota come ‘fatto di lieve entità’.

La Decisione della Cassazione sulla Detenzione di Stupefacenti

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando in toto la decisione della Corte di Appello. I giudici hanno smontato entrambi i motivi di ricorso con argomentazioni precise e basate su principi giuridici consolidati.

L’Insostenibilità della Tesi dell’Uso Personale

Per quanto riguarda la detenzione della marijuana, la Cassazione ha ritenuto inverosimile la destinazione ad uso personale. Gli elementi decisivi sono stati:

1. Il dato quantitativo: Il peso lordo della sostanza era di 1.207 grammi, con un principio attivo tale da poter ricavare circa 389 dosi medie. Una quantità ritenuta eccessiva per un consumo individuale.
2. La presenza del bilancino di precisione: Questo strumento è tipicamente utilizzato per la pesatura e la suddivisione in dosi destinate alla vendita, rendendo poco credibile l’ipotesi del solo consumo personale.

La Corte ha specificato che, sebbene la quantità da sola non sia una prova definitiva, unita ad altri elementi come il bilancino, costituisce un quadro probatorio solido a favore dell’accusa di spaccio.

Perché non si Tratta di un Fatto di Lieve Entità

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla riqualificazione del reato come ‘fatto di lieve entità’, è stato respinto. La Cassazione ha ricordato che, per applicare questa attenuante, il giudice deve compiere una valutazione globale e complessiva del fatto. Non basta considerare solo la quantità di droga, ma è necessario analizzare tutti gli elementi indicati dalla norma, tra cui:

* Le modalità dell’azione.
* La qualità e quantità delle sostanze.
* I mezzi e le circostanze del reato.

Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente evidenziato come la condotta dell’imputato non fosse occasionale, ma si inserisse in un ‘circuito criminale organizzato in maniera stabile’. Questa valutazione complessiva, che tiene conto anche della capacità operativa del soggetto e dei suoi legami con il mercato della droga, ha portato a escludere la natura lieve del fatto.

Le Motivazioni

La sentenza si fonda su principi giurisprudenziali consolidati. In primo luogo, la Corte ribadisce il concetto di ius receptum, secondo cui il possesso di un quantitativo di droga superiore ai limiti tabellari, pur non essendo una prova assoluta di spaccio, può legittimamente concorrere a formare il convincimento del giudice se unito ad altri elementi indiziari. La difesa basata sulla ‘scorta’ per uso personale è stata ritenuta implausibile non solo per la quantità, ma anche per l’elevato costo e la facile deperibilità della sostanza.

In secondo luogo, per la configurabilità dell’ipotesi di lieve entità, la Corte sottolinea la necessità di una valutazione onnicomprensiva che non si limiti al singolo episodio, ma analizzi la personalità del reo, la sistematicità delle condotte e la sua capacità di operare sul mercato. La presenza di precedenti penali e di strumenti come il bilancino, sebbene non decisivi da soli, contribuiscono a delineare un quadro di offensività che va oltre la soglia della lieve entità.

Le Conclusioni

Le implicazioni pratiche di questa pronuncia sono significative. La sentenza conferma che la difesa basata sull’uso personale diventa estremamente difficile da sostenere in presenza di quantitativi importanti e di strumenti per il confezionamento delle dosi. Per ottenere la riqualificazione del reato in fatto di lieve entità, non è sufficiente dimostrare una quantità non esorbitante, ma è necessario che l’intera condotta appaia marginale e occasionale, priva di collegamenti con reti criminali strutturate. La valutazione del giudice sarà sempre globale, analizzando ogni aspetto del fatto e della personalità dell’imputato.

La sola quantità di droga è sufficiente per escludere l’uso personale?
No, secondo la sentenza, la quantità di droga, sebbene superiore ai limiti tabellari, da sola non costituisce prova decisiva dello spaccio, ma può legittimamente concorrere a fondare tale conclusione se valutata unitamente ad altri elementi, come la disponibilità di un bilancino di precisione.

Quali elementi valuta il giudice per decidere se un reato di droga è di ‘lieve entità’?
Il giudice deve compiere una valutazione complessiva di tutti gli elementi normativamente indicati: i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, la quantità e qualità della sostanza, ma anche le capacità operative del soggetto, le sue relazioni con il mercato di riferimento e la sistematicità delle condotte.

Avere precedenti penali o un bilancino di precisione impedisce di ottenere la qualifica di ‘lieve entità’?
La sentenza chiarisce che questi elementi, sebbene non siano di per sé ostativi, contribuiscono alla valutazione globale del giudice. Essi sono considerati indici di una non occasionalità della condotta e di un’offensività superiore, che possono portare a escludere la lieve entità del fatto se inseriti in un contesto criminale più ampio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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