Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 12510 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 12510 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a San Giovanni Rotondo il 24/01/2000
avverso la sentenza del 04/12/2023 della Corte di appello di Bari
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 04/12/2023, la Corte di appello di Bari confermava la sentenza emessa in data 12/12/2022 dal Tribunale di Foggia, con la quale COGNOME NOME, all’esito di giudizio abbreviato, era stato dichiarato responsabile dei reati di cui agli artt. 73 d.P.R. n. 309/1990, 337 cod.pen., 582-585 comma 1, prima parte, in relazione all’art. 576 n. 1-61 n. 2 e n. 5-bis cod.pen. e condannato alla pena di anni tre di reclusione ed euro 12.000,00 di multa.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOMECOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione degli artt 192 cod.proc.pen. e 73, comma 4, d.P.R. n. 309/1990 e vizio di motivazione.
Espone che il COGNOME era stato dichiarato responsabile sia del reato di detenzione illecita di sostanza stupefacente del tipo cocaina che del reato di detenzione illecita di sostanza stupefacente del tipo marijuana e che con l’atto di appello si era contestata la sussistenza di tale ultimo reato; la Corte di appello aveva ritenuto la finalità di spaccio con riferimento al reato in questione, dando rilievo al dato quantitativo, erroneamente indicato, alla presenza di un bilancino di precisione riferibile però alla cocaina detenuta e non aveva considerato la documentazione prodotta dalla difesa che attestava l’abuso di sostanze stupefacenti del tipo leggero da parte del COGNOME e la circostanza che il predetto era ristretto agli arresti domiciliari ed aveva necessità di una scorta di sostanza stupefacente.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 e vizio di motivazione.
Argomenta che con l’atto di era stata chiesta la riqualificazione nell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 di entrambi i reati di detenzione illecita contestati e che la Corte territoriale era incorsa nel medesimo errore metodologico del giudice di prime cure omettendo di procedere ad una valutazione autonoma di ciascuna singola ipotesi delittuosa; inoltre la motivazione espressa dalla Corte territoriale era illogica e non convincente con riferimento alla disponibilità del bilancino di precisione ed ai precedenti penali dell’imputato, perché elementi non rilevanti ai fini della ricorrenza dell’ipotesi lieve, e con riferimento al dato ponderale, perché significativo solo con riferimento alla detenzione della sostanza stupefacente del tipo “leggero”.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte territoriale, nel ritenere comprovata la responsabilità del COGNOME per la detenzione a fini di spaccio della sostanza stupefacente del tipo marijuana, ha offerto una motivazione logica e coerente, e pertanto immune dai denunciati vizi di legittimità, rilevando come, oltre al dato quantitativo (peso lordo di gr. 1.207, con percentuale di principio attivo elevato pari a gr.9,7499, da cui sarebbe stato possibile ricavare circa 389 dosi singole medie droganti), andasse valorizzato anche la disponibilità di strumento atto alla pesatura ed alla suddivisione in dosi dello stupefacente (bilancino di precisione), circostanze che, unitamente valutate, rendevano inverosimile la destinazione ad uso personale e comprovavano l’illecita detenzione della sostanza stupefacente; i Giudici di appello hanno anche valutato come non verosimile l’allegazione difensiva della predisposizione di una scorta di marijuana per uso personale, in considerazione della quantità consistente, dell’elevato costo e della facile deperibilità della sostanza.
La valutazione insindacabile in fatto è anche corretta in punto di diritto.
Costituisce, infatti, ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio secondo il quale, in materia di stupefacenti, il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, lett. a), se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione (Sez.3, n.46610 del 09/10/2014, Rv.260991; Sez. 6, n. 11025 del 06/03/2013, COGNOME e altro, Rv. 255726; Sez.6, n.2652 del 21/11/2013, dep.21/01/2014, Rv. 258245; Sez.6, n.6575 del 10/01/2013, Rv.254575; Sez.6,n.4613 del 25/01/2011, Rv.249346; Sez.6, n.12146 del 12/02/2009, Rv.242923) .
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte di appello, all’esito della valutazione globale del fatto, ha condiviso la valutazione del primo giudice e rimarcato che il fatto contestato non poteva ricondursi ad un’ipotesi di lieve entità, in considerazione sia delle caratteristiche quantitative e qualitative dello stupefacente che delle modalità dell’azione, che evidenziavano una condotta non occasionale ma inserita in un circuito criminale organizzato in maniera stabile (cfr p 7 della sentenza di primo grado e p 8 della sentenza di appello).
La valutazione, sorretta da congrue e logiche argomentazioni, è conforme ai principi espressi da questa Corte in subiecta materia.
Va ricordato che, ai fini della configurabilità dell’ipotesi delittuosa di cui all’art 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, il giudice è tenuto a valutare complessivamente
tutti gli elementi normativamente indicati, quindi, sia quelli concernenti l’azione mezzi, modalità e circostanze della stessa-, sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato -quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa (Sez.0 n.51063 del 27/09/2018; Sez.U, 24 giugno 2010, n 35737, Rv.247911; Sez.4, n.6732 del 22/12/2011, dep.20/02/2012, Rv.251942; Sez.3, n. 23945 del 29/04/2015, Rv.263651, Sez.3, n.32695 del 27/03/2015, Rv.264490; Sez.3, n.32695 del 27/03/2015, Rv.264491); inoltre, la valutazione della offensività non può essere ancorata solo al quantitativo singolarmente spacciato o detenuto, ma alle concrete capacità di azione del soggetto e alle sue relazioni con il mercato di riferimento, alla sistematicità e continuità delle condotte, alla rete organizzativa e/o alle peculiari modalità adottate per porre in essere i comportamenti illeciti al riparo da controlli e azioni repressive delle forze dell’ordine (Sez. 6, n. 13982 del 20/02/2018, Rv. 272529).
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/02/2025