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Detenzione di stupefacenti: quando il ricorso è vago

Una donna ricorre in Cassazione contro una condanna per detenzione di stupefacenti, sostenendo la propria inconsapevolezza riguardo all’attività illecita del marito. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile in quanto generico, assertivo e privo di una critica puntuale alla sentenza impugnata. La decisione si fonda sulla logicità delle motivazioni dei giudici di merito, che avevano evidenziato la piena consapevolezza dell’imputata sulla base di plurimi elementi probatori.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione di Stupefacenti: La Cassazione Boccia il Ricorso Generico

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: un ricorso, per essere esaminato, deve essere specifico e non limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei precedenti gradi di giudizio. Il caso in esame riguarda una condanna per detenzione di stupefacenti, dove la difesa dell’imputata si basava sulla presunta inconsapevolezza riguardo all’attività illecita del coniuge.

I Fatti del Caso: Una Difesa Incoerente

Una donna veniva condannata per concorso in detenzione di sostanze stupefacenti. La sua linea difensiva, sia in appello che in Cassazione, si fondava sull’assenza di consapevolezza. Sosteneva, infatti, di non essere a conoscenza del fatto che il marito spacciasse droga e che la sostanza rinvenuta nella sua borsa fosse stata messa lì da lui a sua insaputa.

Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, però, diversi elementi contraddicevano questa versione. Durante una perquisizione, era stata la stessa imputata a indicare agli agenti la presenza della droga nella propria borsa. La sua spiegazione, secondo cui il marito aveva preso la borsa mentre lei si era allontanata per comprare dell’acqua, è stata giudicata inverosimile. Inoltre, le forze dell’ordine, che avevano seguito la coppia fin dall’uscita di casa, non avevano osservato alcun passaggio della borsa tra i coniugi.

Le contraddizioni emerse durante l’interrogatorio, dove la donna negava di aver indicato lei stessa la droga, e la presenza di strumenti per il taglio dello stupefacente ben visibili nell’abitazione coniugale, hanno ulteriormente minato la credibilità della sua difesa.

L’Analisi della Corte e la detenzione di stupefacenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, evidenziando come le censure mosse dalla difesa fossero manifestamente infondate, prive di specificità e del tutto assertive.

La Mancanza di Specificità e Critica

I giudici hanno sottolineato che il ricorso non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Nel caso di specie, la ricorrente si era limitata a riproporre le stesse ‘doglianze’ già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza formulare una critica puntuale e argomentata delle ragioni esposte nella sentenza impugnata. Questo approccio rende il ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile.

La Coerenza della Motivazione di Merito

La Cassazione ha confermato la logicità e coerenza della motivazione della Corte d’Appello. I giudici di merito avevano analizzato in modo completo le prove, evidenziando una condotta ‘consapevole e volontaria’ da parte dell’imputata. La decisione si basava su una concatenazione di indizi gravi, precisi e concordanti che, letti nel loro insieme, dimostravano il pieno coinvolgimento della donna nell’attività illecita.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione principale dietro la dichiarazione di inammissibilità risiede nel mancato rispetto dei requisiti essenziali dell’atto di impugnazione. La legge richiede che il ricorrente enunci in modo chiaro le ragioni di diritto che giustificano il ricorso e i riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato che si intende criticare. In questo caso, tali requisiti sono mancati. La difesa non ha saputo scalfire la logicità del ragionamento della Corte d’Appello, che aveva correttamente valorizzato elementi come la visibilità degli strumenti per il confezionamento della droga in casa e le contraddizioni dell’imputata.

Le Conclusioni: Le Conseguenze di un Ricorso Inammissibile

L’ordinanza ha conseguenze pratiche significative. Dichiarando inammissibile il ricorso, la condanna diventa definitiva. Inoltre, in assenza di una ‘assenza di colpa’ nella determinazione della causa di inammissibilità, l’articolo 616 del codice di procedura penale prevede che il ricorrente sia condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro. La decisione serve da monito: i ricorsi per Cassazione devono essere fondati su vizi di legittimità concreti e non possono essere un mero tentativo di riesame del merito della vicenda.

Perché il ricorso per Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico, assertivo e privo di una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata. Il ricorso si limitava a riproporre le stesse tesi difensive già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello.

Quali elementi hanno convinto i giudici della consapevolezza dell’imputata nella detenzione di stupefacenti?
La consapevolezza è stata desunta da diversi elementi: la presenza visibile di strumenti per il taglio della droga nell’abitazione; il fatto che sia stata l’imputata stessa a indicare agli agenti la droga nella sua borsa; la spiegazione inverosimile fornita sui fatti e le contraddizioni emerse durante l’interrogatorio.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) in favore della cassa delle ammende. La sentenza di condanna diventa così definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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