Detenzione di Stupefacenti: Perché la Cassazione Dichiara Inammissibile un Ricorso
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti del giudizio di legittimità in materia di detenzione di stupefacenti. Il caso analizzato riguarda un ricorso presentato contro una condanna per spaccio, ma la Corte lo ha dichiarato inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: la Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.
I Fatti di Causa
L’imputato era stato condannato in primo grado e in appello per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, ovvero la detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, sebbene in una forma considerata di lieve entità. La pena inflitta era di sei mesi di reclusione e 1.032,00 euro di multa.
La condanna si basava su una serie di elementi probatori chiari:
* Il possesso di 35,100 grammi di hashish.
* Il confezionamento della sostanza in sedici dosi singole, pronte per la vendita.
* Il comportamento dell’imputato e di un complice che, alla vista dei Carabinieri, avevano tentato la fuga a bordo di uno scooter, gettando a terra l’involucro con la droga.
* Il ritrovamento, presso l’abitazione del ricorrente, di una cospicua somma di denaro (2.130,00 euro), ritenuta provento dell’attività illecita.
I giudici di merito avevano escluso che potesse trattarsi di un ‘consumo di gruppo’, data la presenza di tutti gli indizi tipici dell’attività di spaccio.
I Motivi del Ricorso
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Violazione di legge: Sosteneva che i fatti non costituissero reato o che il reato non sussistesse, chiedendo di fatto una completa assoluzione.
2. Violazione di legge e difetto di motivazione: Contestava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ritenendo che la Corte d’Appello non avesse motivato adeguatamente la sua esclusione.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo una spiegazione netta e precisa sui limiti del proprio giudizio.
Inammissibilità della Rivalutazione delle Prove nella detenzione di stupefacenti
Il primo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile perché, di fatto, chiedeva alla Cassazione di effettuare una nuova valutazione delle prove. Il ricorrente non ha indicato specifici ‘travisamenti’ delle prove (cioè una percezione errata di un dato probatorio), ma ha proposto una lettura alternativa dei fatti. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito, ma di un controllo sulla legittimità della decisione. Poiché la Corte d’Appello aveva spiegato in modo analitico e logico perché gli elementi raccolti (quantità, confezionamento, fuga, denaro) dimostravano la finalità di spaccio, non vi era spazio per un riesame.
Manifesta Infondatezza del Secondo Motivo
Anche il secondo motivo, relativo alla particolare tenuità del fatto, è stato considerato inammissibile. La Cassazione ha osservato che la Corte d’Appello aveva correttamente giustificato la sua decisione di non applicare l’art. 131-bis c.p., evidenziando le ragioni per cui la condotta non poteva essere considerata né occasionale né di minima offensività. Anche in questo caso, il ricorso si traduceva in una richiesta di rivalutazione di elementi di fatto, non consentita in sede di legittimità.
Le Conclusioni
La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende.
Questa ordinanza è un monito importante: il ricorso in Cassazione non è uno strumento per tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove a proprio favore. È necessario, invece, dimostrare che i giudici di merito abbiano commesso specifici errori nell’applicazione o nell’interpretazione della legge. Quando un ricorso si limita a proporre una ricostruzione dei fatti diversa da quella, logicamente motivata, delle sentenze precedenti, è destinato all’inammissibilità.
Quali elementi distinguono la detenzione di stupefacenti per spaccio dall’uso personale secondo questa ordinanza?
Secondo l’ordinanza, gli elementi indicativi dello spaccio sono il quantitativo della sostanza (35,100 grammi di hashish), il confezionamento in dosi singole (sedici), la condotta dell’imputato (tentativo di fuga e abbandono della droga) e il rinvenimento di una cospicua somma di denaro non giustificata (€ 2.130,00).
Perché la Corte di Cassazione ha rifiutato di esaminare nel merito le argomentazioni del ricorrente?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure proposte miravano a una ‘rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie’, ovvero un riesame dei fatti. Questo tipo di valutazione non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione, che è un giudice di legittimità e non di merito.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma della decisione impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle Ammende, a causa della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5951 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5951 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASERTA il 20/12/1995
avverso la sentenza del 26/03/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
Rilevato che COGNOME NOME, condannato per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 alla pena di sei mesi di reclusione e di 1.032,00 euro di multa, articolando due motivi di ricorso, deduce violazione di legge in ordine alla mancata assoluzione dal reato i contestazione poiché il fatto non costituisce reato o non sussiste (primo motivo), nonché violazione di legge e difetto di motivazione in merito agli articoli 131 bis e 133 del codice pen (secondo motivo);
Considerato che il primo motivo espone censure non consentite in sede di legittimità, poiché le stesse sono volte a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probat ed avulse da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito, posto che la sentenza impugnata, condividendo integralmente la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado, ha spiegato in maniera analit perché sussiste la fattispecie di detenzione di sostanza stupefacente a fini di spaccio evidenziando, in particolare, il quantitativo di sostanza stupefacente detenuto (35,100 grammi di hashish), il confezionamento della droga in singole dosi (sedici), la condotta dell’imputato del concorrente (alla vista dei Carabinieri i due tentavano una fuga con lo scooter e gettavano a terra l’involucro contenente la droga), il rinvenimento di una cospicua somma di denaro nell’abitazione dell’attuale ricorrente (2.130,00 euro), illustrando, altresì, perché son ritenere insussistenti le condizioni per configurare la fattispecie del consumo di gruppo;
Osservato che il secondo motivo espone censure non consentite in sede di legittimità, in quanto volte a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, av da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito, e comunque manifestamente infondate, in quanto la Corte d’appello ha giustificato la decisione di escludere la sussistenza della causa di non punibilità della partico tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., evidenziando le ragioni da cui desumere il difetto de presupposti della non abitualità della condotta e della particolare tenuità dell’offesa;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, sussistendo profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2024.