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Detenzione di stupefacenti: quando è spaccio?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse adeguata, basandosi su elementi come la quantità della sostanza, l’occultamento in un parco pubblico e la presenza di un complice con una confezione identica, tutti indizi chiari della finalità di spaccio.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione di Stupefacenti: La Cassazione Conferma la Finalità di Spaccio

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di detenzione di stupefacenti, delineando i criteri per distinguere il possesso finalizzato allo spaccio dall’uso personale. La decisione sottolinea come una serie di elementi indiziari, analizzati nel loro complesso, possano fornire una prova logica e congrua dell’intento di commercializzare la sostanza, anche in assenza di una flagranza di reato.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna inflitta dalla Corte d’Appello a un individuo per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa dell’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che mancassero le prove della finalità di spaccio e che la detenzione fosse riconducibile a un uso personale.

La Corte d’Appello, tuttavia, aveva fondato la propria decisione su una serie di elementi fattuali ritenuti significativi:

1. La quantità della sostanza: il dato ponderale è stato considerato un primo importante indizio.
2. Il luogo e le modalità di occultamento: la sostanza era stata nascosta dall’imputato all’interno di una siepe in un giardino pubblico.
3. La presenza di un complice: l’imputato era in compagnia di un’altra persona che, a sua volta, possedeva ulteriore sostanza stupefacente contenuta in una busta identica a quella occultata poco prima.

Questi elementi, valutati congiuntamente, avevano portato i giudici di secondo grado a ritenere provata la destinazione della droga al mercato illecito.

Il Ricorso e la Valutazione della Cassazione sulla detenzione di stupefacenti

L’imputato ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione, contestando la valutazione della Corte d’Appello e ribadendo l’assenza di finalità di spaccio. Il motivo del ricorso, tuttavia, è stato giudicato dalla Suprema Corte come ‘aspecifico’.

Un motivo di ricorso è considerato aspecifico quando non si confronta in modo puntuale con le argomentazioni della sentenza impugnata, ma si limita a riproporre una tesi difensiva già respinta, senza evidenziare vizi logici o giuridici nel ragionamento del giudice precedente. In questo caso, la difesa non è riuscita a smontare la solida costruzione motivazionale della Corte territoriale.

Le Motivazioni

La Cassazione ha rilevato che la Corte d’Appello aveva fornito una ‘congrua motivazione’, ovvero una spiegazione logica e coerente delle ragioni della sua decisione. I giudici di legittimità hanno confermato che la valutazione complessiva degli indizi era corretta. La circostanza che l’imputato avesse nascosto la droga in un luogo pubblico, unita alla presenza di un’altra persona con una confezione identica, costituiva un quadro indiziario grave, preciso e concordante, tale da superare ogni ragionevole dubbio sulla destinazione della sostanza.

La Corte ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile. Tale decisione comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali all’imputato e il pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista per chi adisce la Corte con ricorsi manifestamente infondati.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di detenzione di stupefacenti: la prova della finalità di spaccio può essere desunta anche da elementi indiretti o indiziari. Non è necessario cogliere il soggetto nell’atto di cedere la sostanza. Fattori come la quantità, le modalità di conservazione e occultamento, il contesto dell’azione e la presenza di complici possono, se letti in modo coordinato, costituire una prova sufficiente per fondare una sentenza di condanna. La decisione serve da monito sulla necessità di formulare ricorsi specifici e dettagliati, che attacchino la logicità della sentenza impugnata, pena la dichiarazione di inammissibilità e ulteriori conseguenze economiche.

Quali elementi possono dimostrare l’intento di spacciare droga anche senza un atto di vendita diretta?
Secondo l’ordinanza, elementi come la quantità della sostanza (il dato ponderale), l’occultamento della stessa in un luogo pubblico (come una siepe in un parco) e la presenza di un’altra persona con una confezione identica sono indizi sufficienti a dimostrare la finalità di spaccio.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorso è stato ritenuto ‘aspecifico’ perché non contestava in modo puntuale e critico la motivazione della sentenza della Corte d’Appello, ma si limitava a riproporre una tesi difensiva già valutata e respinta, senza evidenziare vizi logici nel ragionamento dei giudici precedenti.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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