Detenzione di Stupefacenti: Quando la Difesa Supera i Limiti del Ricorso in Cassazione
La distinzione tra uso personale e spaccio è una questione centrale nei reati legati alla detenzione di stupefacenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 36634/2024) ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema giudiziario: i limiti invalicabili tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Il caso analizzato offre uno spunto prezioso per comprendere perché la Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio per riesaminare le prove.
I Fatti del Caso e il Ricorso
Il procedimento nasce dal ricorso di un uomo condannato dalla Corte d’Appello di Firenze per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990, ovvero il cosiddetto “fatto di lieve entità” legato agli stupefacenti. La difesa dell’imputato si basava su un unico motivo: l’erronea applicazione della legge penale e l’illogicità della motivazione. In sostanza, si sosteneva che la sostanza stupefacente trovata in suo possesso fosse destinata esclusivamente all’uso personale e non allo spaccio, contestando così l’affermazione di responsabilità penale.
La Valutazione sulla Detenzione di Stupefacenti
Il ricorrente chiedeva alla Corte di Cassazione di riconsiderare gli elementi di fatto che avevano portato alla sua condanna. Tuttavia, la Suprema Corte ha immediatamente evidenziato come tale richiesta esulasse dalle sue competenze. La doglianza, infatti, non rientrava nel numerus clausus delle censure ammissibili in sede di legittimità. Chiedere di rivalutare se la droga fosse per uso personale o meno significa investire la Corte di profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto, compiti che sono riservati esclusivamente alla cognizione del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando in modo chiaro le ragioni. Le decisioni dei giudici di merito sono insindacabili in Cassazione se, come nel caso di specie, sono supportate da una motivazione congrua e logicamente coerente. La sentenza d’appello aveva fornito una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata, basandosi su elementi concreti e inequivocabili.
I giudici di secondo grado avevano attentamente esaminato tutte le argomentazioni difensive, ma erano giunti a una conclusione di colpevolezza attraverso una disamina completa delle risultanze processuali. Nello specifico, la motivazione della condanna si fondava su elementi di fatto decisivi, quali:
* Il quantitativo detenuto.
* La suddivisione in dosi della sostanza.
* Le particolari modalità di detenzione.
Questi elementi, secondo la Corte d’Appello, erano incompatibili con la tesi dell’uso personale e indicavano una destinazione allo spaccio. La valutazione di tali aspetti non presentava alcuna contraddittorietà o manifesta illogicità, pertanto non poteva essere messa in discussione davanti alla Cassazione.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza rafforza un pilastro del processo penale: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non un terzo giudice del fatto. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non rifare il processo. La decisione sottolinea che, in materia di detenzione di stupefacenti, gli indizi materiali (quantità, confezionamento, modalità di occultamento) sono cruciali e la loro valutazione è demandata al prudente apprezzamento del giudice di merito. Per chi si difende da un’accusa simile, è fondamentale concentrare le proprie argomentazioni sulla prova dei fatti già nel primo e nel secondo grado di giudizio, poiché in Cassazione lo spazio per contestare la ricostruzione fattuale è, per legge, estremamente limitato. L’esito del ricorso, dichiarato inammissibile, ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove, come la quantità di droga trovata?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il suo ruolo non è quello di riesaminare le prove o ricostruire i fatti. Queste valutazioni sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), e la Cassazione può intervenire solo se la motivazione della loro decisione è manifestamente illogica o contraddittoria.
Quali elementi ha considerato la Corte d’Appello per escludere l’uso personale dello stupefacente?
La sentenza impugnata aveva basato la sua decisione su specifici elementi di fatto: il quantitativo detenuto, la suddivisione della sostanza in dosi e le modalità di detenzione, ritenendoli indicatori di un’attività destinata alla vendita e non di mero uso personale.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36634 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36634 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME 03PFSYZ nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/09/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto da NOME COGNOME a mezzo del difensore.
Rilevato che, con motivo unico, l’imputato deduce erronea applicazione della legge penale e illogicità della motivazione in relazione all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 73 comma 5 D.P.R. 309/1990, sostenendo la destinata all’uso personale della sostanza stupefacente rinvenuta nella disponibilità del ricorrente.
Considerato che la doglianza non rientra nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e d ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cu determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette, come nel presente caso, da motivazione congrua, idonea a dar conto dell’iter logico -giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, dalle cadenze motivazionali della sentenza d’appello è enucleabile una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata, avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni, in punto di responsabilità, attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile sotto il profilo della razionalità e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili i termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità, come si desume dalle considerazioni formulate dal giudice a quo alle pagine 2 e 3 della sentenza, laddove ha posto in rilievo il quantitativo detenuto, la suddivisione in dosi della sostanza stupefacente, le modalità di detenzione. Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore