Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30045 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30045 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a SCILLA il 04/04/1998
avverso la sentenza del 01/10/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
tIMS il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME etre ha concluso chiedendo GLYPH s r t-t- “· 1 “” CC’ t: Q- ( › e- 1: ` «-(2-I ‘ 2-32- (A4.e.(2 ” ‘ va GLYPH ok.:, GLYPH , GLYPH e.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 10 gennaio 2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna affermava la penale responsabilità di NOME COGNOME in ordine ai delitti di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti del tipo hashish, cocaina e marijuana, ai delitti di detenzione illegale di armi comuni da sparo, serbatoi e munizioni e al delitto di ricettazione di dette armi di provenienza furtiva, e lo condannava, ritenuta la continuazione e tenuto conto della riduzione di pena per il rito prescelto, alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione ed euro 20.000 di multa.
La Corte di appello di Bologna, con la sentenza in epigrafe, riqualificati i fatti di detenzione illecita di stupefacenti nei delitti di cui all’art. 73, commi 4 e 5, d. P. R. 9 ottobre 1990, n.309, ha rideterminato la pena in anni quattro, giorni quindici di reclusione ed euro 1.850 di multa, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, COGNOME
2.1. Con il primo motivo di impugnazione deduce violazione dell’art. 63 cod. proc. pen., per mancata declaratoria di inutilizzabilità delle dichiarazioni di NOME COGNOME verbalizzate come sommarie informazioni testimoniali circa l’utilizzo del garage, in quanto rese dal suddetto quando emergevano a suo carico plurimi indizi di reità con conseguente necessaria attivazione – non effettuata – delle garanzie di cui all’art. 63 cod. proc. pen. Rileva il difensore che il suddetto era il proprietario del garage all’interno del quale erano trovate le armi, le munizioni e un importante quantitativo di sostanza stupefacente, ed erano custoditi un motociclo e un’autovettura intestati al medesimo, che, però, del tutto inverosimilmente, ha affermato di averlo subaffittato a NOME COGNOME, di non avere percepito in relazione allo stesso canoni di affitto da svariati mesi e di non possedere copie delle chiavi del garage.
2.2. Col secondo motivo di ricorso il difensore rileva violazione degli artt. 73 e 75 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e vizio di motivazione.
Si duole della mancata assoluzione dai fatti di detenzione stupefacenti, in quanto le condotte non possono essere attribuite all’imputato (soprattutto quelle relative agli stupefacenti nascosti nel garage), e, comunque, con riguardo in particolare agli stupefacenti
detenuti in casa, integrano illecito amministrativo ex art. 75 del suddetto d.P.R.
Sottolinea, invero, la difesa che, dati i modesti quantitativi e la sussistenza di due coinquilini di Sigillò, andava ritenuto l’uso personale delle sostanze stupefacenti.
2.3. Col terzo motivo di impugnazione vengono denunciati violazione degli artt. 648, 697 cod. pen., 2 e 7 I. 2 ottobre 1967, n. 895, e vizio di motivazione.
Si rileva che la responsabilità penale di Sigillò è stata fondata sulle dichiarazioni inutilizzabili di COGNOME e che, comunque, nessun elemento è emerso dagli atti circa la conoscenza della provenienza furtiva delle armi.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso si deducono violazione degli artt. 133, 81 e 62-bis cod. pen. e vizio di motivazione.
Ci GLYPH si GLYPH duole GLYPH dell’eccessività GLYPH del GLYPH trattamento GLYPH sanzionatorio e degli aumenti di pena in continuazione, tali da porre in essere una reformatio in peius.
Si rileva che il primo Giudice individuava come pena base quella minima per il reato più grave di detenzione di stupefacenti, pari a sei anni di reclusione, con aumento di mesi tre e giorni quindici di reclusione per le violazioni in materia di armi e per il delitto di ricettazione e di un mese e giorni quindici per la contravvenzione ex art. 697 cod. pen., mentre la Corte di appello ha individuato la pena base per il delitto di ricettazione in anni tre di reclusione, con significativo discostamento dal minimo edittale previsto per la fattispecie, e gli aumenti in mesi sei di reclusione per i soli reati in materia di armi, in mesi sei per il reato ex art. 73, comma 4, del d.P.R. n. 309, in un anno per il reato ex art. 73, comma 5, di detto d.P.R., oltre che in un mese per la contravvenzione di cui all’art. 697 cod. pen.
La difesa insiste, pertanto, alla luce di tali motivi, per l’annullamento della sentenza impugnata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. NOME COGNOME conclude, con requisitoria scritta, per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Invero, con riguardo all’affermazione di responsabilità dell’imputato per quanto attiene alla droga e alle armi rinvenute nel garage, la stessa, come evidenziato dalla sentenza di appello, non si fonda sulle dichiarazioni di COGNOME (la sentenza di primo grado, peraltro, evidenzia che, allorquando esse intervennero, nulla era emerso a carico di quest’ultimo), ma sul dato oggettivo che solo nelle mani di COGNOME si trovavano le chiavi d’accesso al garage, che erano, perciò, sicuramente nella sola disponibilità dell’odierno imputato (la sentenza di secondo grado valorizza l’esito negativo della perquisizione nei confronti di COGNOME, mentre la sentenza di primo grado rileva che sia COGNOME che NOME COGNOME al quale questi avrebbe subaffittato il garage, non avevano da tempo accesso a detto spazio, anche considerato che COGNOME nel periodo dei fatti risultava detenuto). Per come riferito dalla sentenza impugnata, fu, inoltre, l’imputato a indicare agli operanti ove si trovavano, in detto ·garage, al quale gli stessi erano giunti proprio controllando Sigillò, i sacchi contenenti marijuana.
Anche la riconduzione della droga rinvenuta all’interno dell’abitazione all’odierno imputato, ad opera delle pronunce di primo e di secondo grado, è priva di illogicità manifeste, posto che ivi egli abitava e che la maggior parte della sostanza era trovata celata proprio in corrispondenza della sua camera da letto, non essendo, inoltre, riconducibile ad altri soggetti neppure quella rinvenuta nella camera da letto del coabitante, che in quel periodo si trovava in ferie lontano da Bologna.
Circa il fatto, poi, che la droga fosse riservata all’uso personale, la motivazione di primo grado, in uno con quella d’appello, dà conto di elementi univoci, in senso contrario a tale presunzione, costituiti dalla pluralità delle sostanze rinvenute, dal loro quantitativo, del tutto incompatibile col mero utilizzo personale, infine dalla circostanza del rinvenimento, all’interno dell’auto oggetto di perquisizione, di un bilancino di precisione.
Con riguardo, infine, alla ricettazione delle armi, come correttamente valorizzato dalla sentenza di appello, a nulla rileva la circostanza che COGNOME potesse anche non essere a conoscenza della provenienza furtiva delle medesime, alla luce della pacifica giurisprudenza di questa Corte, citata dalla stessa pronuncia, circa la responsabilità in capo al soggetto trovato in possesso di cose di provenienza furtiva (nel caso di specie armi e munizioni) in assenza di spiegazione alcuna in ordine all’origine del relativo possesso.
Anche con riguardo al trattamento sanzionatorio la motivazione della sentenza impugnata è assolutamente congrua, non sussistendo la
lamentata reformatio in peius.
Deve, invece, al contrario rilevarsi che, nell’operare l’aumento per il delitto di armi, i Giudici di appello hanno
ricalcolato la pena ritenendo un’unica violazione e individuando un aumento di pena apprezzabile avuto riguardo alla pluralità delle armi e
delle munizioni, pari a mesi sei di reclusione ed euro 1.000 di multa (a fronte del doppio aumento operato dalla sentenza di primo grado, nella
misura complessiva di mesi sette di reclusione ed euro 2.400).
2. Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2025.