Detenzione di Stupefacenti: Quando la Quantità Esclude la Tenuità del Fatto
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi consolidati in materia di detenzione di stupefacenti, chiarendo i motivi che portano a dichiarare un ricorso inammissibile e i criteri per escludere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Suprema Corte ha confermato la condanna di un imputato trovato in possesso di un quantitativo di droga tale da prefigurare centinaia di dosi, oltre a una considerevole somma di denaro contante.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la condanna di primo grado per il reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti. L’imputato era stato trovato in possesso di un quantitativo di cocaina sufficiente a confezionare 117 dosi medie e di hashish per 650 dosi medie. Al momento del controllo, deteneva anche la somma di 600 Euro in banconote di vario taglio.
Nel suo ricorso per cassazione, la difesa sollevava tre principali censure:
1. Una generica violazione di legge e vizio di motivazione riguardo all’affermazione di responsabilità.
2. La mancata applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, relativo alla particolare tenuità del fatto.
3. La mancata diminuzione della pena, nonostante il reato fosse stato riqualificato nell’ipotesi lieve del comma 5 dell’art. 73.
L’Analisi della Cassazione sulla Detenzione di Stupefacenti
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, smontando punto per punto le argomentazioni difensive.
In primo luogo, le doglianze sulla ricostruzione dei fatti e sulla responsabilità penale sono state qualificate come censure di merito, che miravano a una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte ha sottolineato come i giudici di primo e secondo grado avessero logicamente motivato la condanna, evidenziando la palese contraddizione tra le precarie condizioni economiche dell’imputato e la sua capacità di detenere una ‘scorta’ così ingente di stupefacenti.
Le Motivazioni della Decisione
Il punto centrale della decisione riguarda il rigetto della richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. La Corte ha ritenuto immune da censure la valutazione dei giudici di merito, che avevano escluso la particolare tenuità del fatto basandosi sulle ‘modalità di commissione del reato’. Questo riferimento, secondo la Cassazione, va letto in stretta correlazione con le peculiarità concrete del caso: la disponibilità di stupefacenti per centinaia di dosi e di una somma di denaro incompatibile con le fonti di reddito lecite dichiarate. Tali elementi sono stati considerati indicatori oggettivi di una condotta tutt’altro che tenue, ma anzi inserita in un contesto di spaccio.
Anche la terza censura è stata ritenuta inammissibile, in quanto la motivazione del primo giudice sulla mancata applicazione della continuazione era stata ritenuta adeguata.
Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila Euro in favore della Cassa delle Ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: la valutazione della particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p. non può prescindere da un’analisi complessiva degli elementi oggettivi del caso. Nel contesto della detenzione di stupefacenti, il possesso di un quantitativo che supera di gran lunga l’uso personale, unito alla disponibilità di denaro contante di cui non si sa giustificare la provenienza, costituisce un quadro probatorio che difficilmente può essere compatibile con un’offesa ‘lieve’. La decisione sottolinea inoltre la netta distinzione tra il giudizio di merito, incentrato sulla valutazione delle prove, e il giudizio di legittimità, limitato al controllo sulla corretta applicazione della legge.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate erano di merito, ovvero miravano a una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che non è consentita alla Corte di Cassazione, il cui compito è limitato a verificare la corretta applicazione della legge.
Quali elementi hanno portato i giudici a escludere la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
L’applicazione della particolare tenuità del fatto è stata esclusa a causa delle specifiche modalità di commissione del reato. In particolare, la disponibilità di un ingente quantitativo di stupefacenti (sufficiente per centinaia di dosi tra cocaina e hashish) e il possesso di una somma di denaro (600 Euro) ritenuta incompatibile con i redditi leciti dell’imputato.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria, in questo caso di 3.000 Euro, a favore della Cassa delle Ammende. Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18734 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18734 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/03/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRMO
Rilevato che COGNOME NOME, imputato del delitto di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 24/03/2023, con cui la Corte d’Appello di Roma ha confermato la condanna in primo grado irrogata dal G.i.p. del Tribunale di Roma, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’affermazione di responsabilità, alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. e alla mancata diminuzione della pena in quanto la Corte territoriale aveva riconosciuto che il riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui al comma 5 dell’art. 73 aveva comportato la riqualificazione della fattispecie in un unico reato;
ritenuto che il primo motivo sviluppi doglianze di merito, non apprezzabili in questa sede, rispetto alla ricostruzione della Corte territoriale che, in linea con primo giudice, ha fatto leva, tra l’altro, sulle condizioni economiche precarie del COGNOME, inidonee ad assicurare la stessa possibilità di pagare il canone di locazione dell’abitazione del ricorrente, né – tanto meno – quella di assicurarsi una “scorta” delle dimensioni accertate dagli operanti;
ritenuto che tali considerazioni debbano essere lette – secondo i noti principi in tema di doppia conforme – congiuntamente al percorso argomentativo tracciato dal primo giudice: v. in particolare pag. 3 della sentenza di primo grado, da cui emerge la disponibilità di cocaina in quantitativo idoneo a confezionare 117 dosi medie singole, nonché di hashish in quantitativo idoneo a confezionare 650 dosi medie singole. V. anche pag. 2 della medesima sentenza, in cui si dà atto che il COGNOME, al momento del controllo, era in possesso della somma di Euro 600 in banconote di vario taglio;
ritenuto altresì, quanto alla seconda censura, che il sintetico riferimento alle “modalità di commissione del reato”, ostativo al riconoscimento dell’art. 131-bis cod. pen. debba essere letto – risultando così immune da censure deducibili in questa sede – in stretta correlazione alle peculiarità del fatto fin qui richiama (disponibilità complessive di stupefacente per centinaia di dosi, e di danaro in quantità incompatibili con le fonti reddituali lecite dichiarate);
ritenuto che anche la residua censura sia inammissibile, avuto riguardo alla motivazione che ha fatto leva sulla mancata applicazione della continuazione da parte del primo giudice;
ritenuto pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso in COGNOME a, il 23 febbraio 2024 Il Consigli COGNOME stensore COGNOME
Il Presidente