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Detenzione di stupefacenti: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio. La decisione si basa sul principio che la Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. Gli elementi come il possesso di due tipi di droga in dosi, denaro in piccoli tagli e il comportamento sospetto sono stati ritenuti sufficienti a provare l’intento di spaccio, escludendo l’uso personale.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione di Stupefacenti: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema giudiziario: il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di garantire la corretta applicazione della legge. Questo caso riguarda la detenzione di stupefacenti e ci offre uno spunto chiaro su quali elementi probatori distinguono lo spaccio dall’uso personale e sui limiti di un ricorso presentato al giudice di legittimità.

I Fatti di Causa

Un giovane uomo veniva condannato in primo e secondo grado alla pena di sei mesi di reclusione e 600 euro di multa per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. La condanna si basava su una serie di elementi raccolti durante un controllo:

* Doppia sostanza: L’imputato era in possesso di due diversi tipi di droga (cocaina e hashish).
* Confezionamento: Entrambe le sostanze erano già suddivise in dosi singole (9 stecchette per tipo).
* Denaro contante: Gli furono trovati 84 euro in banconote di piccolo taglio, compatibili con l’attività di vendita al dettaglio.
* Comportamento e luogo: L’uomo si trovava in un’area nota per lo spaccio, seduto su una poltroncina abbandonata, ed era stato visto avere un breve contatto con due ragazze che lo avevano avvicinato.

Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, articolando quattro motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso e la Detenzione di Stupefacenti

L’imputato ha contestato la sentenza d’appello sotto diversi profili, chiedendo di fatto una nuova valutazione del caso. I motivi principali erano:

1. Errata valutazione della responsabilità penale: Una critica generale sulla dichiarazione di colpevolezza.
2. Illeceità della detenzione: Una contestazione sulla motivazione che aveva qualificato il possesso come finalizzato allo spaccio.
3. Mancato riconoscimento di un’attenuante: Il diniego della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità (art. 62, n. 4, c.p.).
4. Eccessività della pena: Una critica sulla determinazione del trattamento sanzionatorio.

In sostanza, la difesa ha cercato di convincere la Cassazione che gli elementi raccolti non fossero sufficienti a provare l’intento di spaccio, suggerendo una lettura alternativa delle prove a favore di un uso personale.

La Decisione della Suprema Corte: Un Ricorso Basato sui Fatti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. La decisione si fonda su una regola cardine del giudizio di legittimità: la Corte non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono ripresentare le stesse argomentazioni fattuali già esaminate e respinte dai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). I ricorsi proposti, secondo i giudici, erano “mere doglianze in punto di fatto”, cioè critiche alla valutazione delle prove, e non censure su violazioni di legge.

Le Motivazioni

La Corte ha analizzato punto per punto i motivi del ricorso, spiegando perché fossero irricevibili. I giudici hanno sottolineato che la sentenza della Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e sufficiente su ogni aspetto. In particolare, è stato evidenziato come l’insieme degli indizi fosse univoco nel dimostrare la finalità di spaccio, escludendo l’ipotesi dell’uso personale. La combinazione della detenzione di due tipi di droghe diverse, una delle quali “pesante”, la suddivisione in dosi pronte per la vendita, il possesso di denaro di piccolo taglio e la condotta dell’imputato in un luogo noto per lo spaccio costituivano un quadro probatorio solido e coerente.

Anche riguardo al diniego dell’attenuante, la Corte ha ritenuto corretta la motivazione dei giudici d’appello: la disponibilità di due sostanze diverse non poteva essere considerata un fatto di mera occasionalità. Infine, la pena, di poco superiore al minimo edittale, è stata giudicata correttamente motivata in relazione alla gravità del fatto, caratterizzato appunto dalla presenza di più tipi di stupefacenti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma che il processo davanti alla Corte di Cassazione ha dei confini ben precisi. Non è la sede per tentare di ottenere una nuova e più favorevole interpretazione delle prove. Se la motivazione della sentenza impugnata è logica, coerente e completa, le valutazioni sui fatti sono insindacabili. Per chi è accusato di detenzione di stupefacenti, questo significa che gli indizi raccolti (tipo e quantità di droga, confezionamento, denaro) vengono valutati nel loro complesso e, se convergenti, possono formare una prova più che sufficiente a fondare una condanna per spaccio. L’esito del ricorso, dichiarato inammissibile con condanna al pagamento delle spese e di una sanzione, serve da monito sulla necessità di fondare i ricorsi in Cassazione su reali violazioni di legge e non su mere speranze di una rilettura dei fatti.

Quando il possesso di droga è considerato spaccio e non uso personale secondo questa ordinanza?
Secondo l’ordinanza, la finalità di spaccio viene desunta da un insieme di elementi indiziari valutati nel loro complesso, quali: a) la detenzione contestuale di più tipi di sostanze (nel caso specifico, cocaina e hashish); b) la suddivisione della droga in dosi singole pronte alla vendita; c) il ritrovamento di una somma di denaro in banconote di piccolo taglio; d) la condotta dell’imputato, come sostare in un noto luogo di spaccio e avere contatti brevi con altre persone.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un caso?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso basato esclusivamente su una diversa interpretazione dei fatti è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Perché è stata negata la circostanza attenuante del danno di particolare tenuità?
La circostanza attenuante è stata negata perché, secondo i giudici, le specifiche modalità del fatto non erano compatibili con una mera occasionalità della cessione. In particolare, la disponibilità da parte dell’imputato di due distinte tipologie di sostanze stupefacenti è stata ritenuta un elemento che escludeva la particolare tenuità del danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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