Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13723 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13723 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CATANZARO il 06/05/1995
avverso la sentenza del 28/10/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Catanzaro ha riformato la sentenza del Tribunale di Catanzaro del 22 novembre 2021, dichiarando NOME COGNOME colpevole del reato previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, così riqualificato l’originario reato ascrittogli, e condannandolo alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 800,00 di multa. In particolare, la Corte territoriale ha ravvisato sufficienti elementi probatori della detenzione anche a fini diversi da quelli di uso personale, pur riconoscendo la necessità di procedere all’inquadramento della condotta all’interno dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, ha negato che il fatto fosse di particolare tenuità in ragione della multiforme attività condott dall’imputato, comprensiva anche della coltivazione della marijuana, che aveva messo in luce la personalità dello stesso, non avendo messo a disposizione degli operanti anche i bilancini e le piantine detenuti in luogo diverso dall’abitazione.
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo due motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione riguardo l’omesso riconoscimento dell’ipotesi di uso personale non punibile.
2.2. Vizio di motivazione con riferimento all’omesso riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.
Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che, in base al consolidato principio affermato da questa Corte, in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito, tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità dell motivazione (Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 272463). La sentenza impugnata, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, opera una logica lettura delle risultanze istruttorie facendo buon governo della pluriennale giurisprudenza di questa Corte Suprema in materia di possesso di sostanze stupefacenti ad uso non esclusivamente personale. In tema di sostanze stupefacenti, il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73-bis, comma primo, lett. a), del d.P.R. n. 309 del 1990 – non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della
detenzione (cfr. ex multis, Sez. 3, n. 46610 dei 9/10/2014, COGNOME, Rv. 260991), fermo restando che il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73, comma primo bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione. In conformità a tali principi la destinazione a terzi della sostanza è stata dedotta dalla presenza sul cellulare dell’imputato di prove circa la coltivazione di piantine e la detenzione di strumenti utili al confezionamento in dosi, nonché dalla circostanza che il prevenuto conservasse una rilevante quantità di sostanza incompatibile con una funzione di scorta, tenuto conto della facile reperibilità della stessa e del notorio scadimento di qualità nel tempo.
4. In ordine al secondo motivo di ricorso, va osservato che, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis, cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, Venezia, Rv. 275940).
Poiché tale valutazione va compiuta sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei principi e la relativa motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico.
La Corte distrettuale, infatti, ha reputato decisivi, ai fini della valutazione de grado di offensività della condotta, la circostanza che l’imputato abbinasse alla detenzione ai fini di spaccio anche un’attività di coltivazione. Si tratta di una circostanza indiscutibilmente significativa, rientrante tra i parametri espressamente considerati dall’art. 133 cod. pen. Peraltro, la motivazione sopra sinteticamente riportata risulta del tutto congrua ed adeguata anche a seguito delle modifiche all’istituto dell’art. 131 bis cod. pen. apportate dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 25 marzo 2025.