Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6242 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6242 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nata a Certaldo il DATA_NASCITA avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze dell’8 marzo 2022 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla qualificazione data al fatto di reato;
lette le conclusioni scritte trasmesse dal difensore della ricorrente, che si è richiamata a quelle espresse dal ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza descritta in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha integralmente confermato la condanna alla pena di giustizia resa ai danni di NOME COGNOME, ritenuta responsabile del reato di cui ai commi I e IV dell’ad 73 d.P.R. n. 309 del 1990, per la detenzione di sostanza stupefacente del tipo eroina e hashish, condotta realizzata in concorso con NOME COGNOME, separatamente giudicato (con le forme di cui all’art. 444 e ss cod. proc. pen.).
Propone ricorso la difesa dell’imputata e adduce con tre diversi motivi, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione:
-alla valutazione del materiale probatorio acquisito, resa in termini di manifesta illogicità valorizzando, nell’ottica del ritenuto coinvolgimento della COGNOME con riguardo alle condotte illecite pacificamente ma unicamente riferibili al NOME, contegni soggettivi (le reazioni mostrate dalla ricorrente allorquando venne aperta la cassaforte contenente parte della sostanza oggetto della illecita detenzione) siccome percepiti dagli operanti presenti in quanto tali privi di un effettivo e oggettivo contenuto logico e fonti, semmai, di meri spunti investigativi, non adeguatamente supportati da successivi sviluppi acquisitivi destinati a confermare la prospettazione accusatoria, atteso che, sotto quest’ultimo versante, non assumerebbe rilievo la circostanza relativa al possesso, da parte della imputata, delle chiavi della cassaforte ove risultava custodita parte della sostanza detenuta, evenienza fattuale peraltro non adeguatamente supportata, sul piano probatorio, considerata la contraddittorietà delle deposizioni rese sul punto dai testi COGNOME e COGNOME e dunque la travisata lettura delle risultanze resa sul punto da entrambi i giudici del merito;
-alla qualificazione del fatto, da ricondurre ad avviso della difesa, all’ipotesi di cui all’art 73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990 in termini identici a quanto si è separatamente ritenuto con riferimento al concorrente NOME COGNOME, che ha patteggiato la pena alla luce di una siffatta configurazione della vicenda in fatto, imponendo alla Corte del merito uno sforzo argomentativo ancor più stringente nel pervenire alla diversa soluzione privilegiata, nel caso integralmente assente e comunque non idoneamente supportata alla luce dei profili quantitativi e qualitativi della sostanza detenuta e di tutti gli altri costituti propri della fattispe rivendicata dalla difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso riposa su censure quantomeno infondate e merita in coerenza la reiezione.
I primi due motivi sono inammissibili.
2.1. La difesa contesta la valutazione del materiale probatorio apprezzato dai giudici del merito a sostegno della ritenuta responsabilità ma le critiche svolte dall’impugnazione attingono aspetti logici della sentenza gravata di rilievo non decisivo nel pervenire alla conclusione, all’evidenza estranea a possibili incongruenze, della riferibilità anche alla ricorrente della droga oggetto della detenzione illecita contestata dall’imputazione, rinvenuta all’interno dell’auto della COGNOME (seppur nella immediata disponibilità del concorrente) e in parte trovata all’interno dell’abitazione comune dei due imputati ( segnatamente all’interno della cassaforte ivi collocata, in uno a somme di denaro e a una bilancina elettronica utilizzata per la pesatura della sostanza in questione).
In particolare, le considerazioni spese in sentenza con riguardo alle reazioni mostrate dalla COGNOME in occasione del disvelamento della sostanza contenuta nella cassaforte, cedono, senza incertezze, il passo rispetto all’insieme di elementi di fatto (puntualmente elencati dall’ultimo capoverso di pagina 12) evidenziati dalla Corte del merito nel disattendere le censure difensive, replicando anche argomentazioni svolte in primo grado. Considerazioni che rendono inequivoca la conclusione assunta e inammissibile la doglianza difensiva, sia perché manifestamente infondata, sia perché aspecifica rispetto agli snodi essenziali del motivare sotteso al giudizio contrastato, di fatto integralmente pretermessi dalle criticità esposte con l’impugnazione.
Devono così ritenersi dirimenti i riferimenti resi:
-alla condotta della ricorrente assunta in occasione del controllo effettuato allorquando la stessa, in uno al concorrente, si trovava all’interno della propria autovettura, contegno che viene coerentemente letto e valutato alla luce della immediata evidenza della detenzione della sostanza da parte del COGNOME, che, per quanto evidenziato dalla Corte del merito, non poteva sfuggire alla piena consapevolezza della COGNOME rispetto al comune trasporto illecito che i due stavano per realizzare;
alla sostanza (dello stesso tipo di quella rinvenuta nella immediata disponibilità del concorrente, oltre che nella cassaforte), trovata nella borsetta della ricorrente e mai altrimenti giustificata;
al rilevante importo in contanti anche questo rinvenuto nella borsa dell’imputata e giustificato dalla difesa con argomentazione puntualmente smentita già dalla sentenza di primo grado oltre che dal portato delle dichiarazioni rese dal concorrente in sede di convalida dell’arresto (avendo lo stesso dichiarato che detta somma era di sua pertinenza, contraddicendo la tesi della COGNOME, che l’aveva ricondotta ad una erogazione resa dai genitori della stessa);
-alla immediata disponibilità delle chiavi della cassaforte e dunque del luogo di custodia ove è stata ritrovata l’ulteriore sostanza illecita (eroina e hashish) in
uno a soldi in contanti e alla presenza di strumenti logicamente funzionali alla commercializzazione illecita.
2.1. La difesa (con il secondo motivo) contrasta tale ultimo aspetto evidenziando asseriti profili di contraddittorietà delle emergenze probatorie, destinate ad inficiare la relativa conclusione, frutto di una asserita lettura travisata del relativo dato.
Ora, trascurando sia la genericità del rilievo (perché non si allegano le risultanze istruttorie travisate né ci si sofferma sulla decisività del dato rispett all’insieme di elementi apprezzati a sostegno della decisione assunta), sia la stessa ammissibilità del rilievo in fatto (che non risulta puntualmente addotto con l’appello), sembra comunque assorbente il dato, da leggere in uno alle altre emergenze, inerente alla pacifica riferibilità alla disponibilità della COGNOME del luogo di custodia della sostanza ( considerando che la ricorrente sin da subito ha dichiarato di aver consentito al concorrente di ivi collocare il danaro possibile provento della sua attività di spaccio). Che poi le chiavi consegnate agli operanti si trovassero nella sua borsa o piuttosto all’interno di un comodino collocato nella camera da letto finisce per essere questione logicamente indifferente, perché la consegna delle stesse, comunque avvenuta su indicazione dell’imputata, conferma il collegamento diretto della COGNOME al luogo di custodia della sostanza, del denaro e del bilancino di previsione ivi rinvenuti.
Da qui l’inammissibilità delle prime due censure.
È infondato il terzo motivo di ricorso, legato alla qualificazione da assegnare alla ritenuta detenzione illecita.
3.1. La Corte ha giustificato adeguatamente la propria scelta facendo leva sulla quantità non modica della sostanza detenuta (poco più di 70 grammi lordi di eroina e 400 grammi lordi di hashish) e sulla diversa qualità della sostanza, differenziata tra droghe pesanti e leggere.
Senza fermarsi a siffatti riferimenti qualitativi e quantitativi, ne ha invece interpolato il tenore confrontandone il portato anche con altre emergenze fattuali legate alle modalità e alle condizioni dell’azione, aspetti parimenti ritenuti non compatibili con l’ipotesi di reato rivendicata dalla difesa in un quadro valutativo complessivo che deve ritenersi estraneo a manifeste incongruenze logiche. E in tale chiave è stato dato rilievo al luogo di custodia e occultamento delle sostanze, in parte rinvenute, come detto, all’interno di una cassaforte; alla delocalizzazione dell’attività di spaccio ( atteso che la detenzione era finalizzata ad una attività di spaccio da rendere presso il mercato livornese); alla consistente quantità di denaro contante rinvenuta, segno logico a monte di una buona capacità di
approvvigionamento della sostanza illecitamente detenuta e, a valle, di una successiva collocazione sul mercato affatto modesta.
Tutti argomenti che, oltre a risultare frutto di una corretta valutazione in punto di diritto avuto riguardo agli estremi della fattispecie rivendicata dalla difesa ed esclusa, nella sua possibile configurabilità, dai giudici del merito, portano la decisione gravata, sul piano della necessaria tenuta motivazionale, al riparo da censure utilmente prospettabili in questa sede.
3.2. Né tale conclusione può ritenersi messa in discussione dalla diversa soluzione separatamente adottata nei confronti del concorrente, frutto della trattazione separata dei due processi, trattandosi di circostanza, considerata dai giudici del merito nel giustificare la scelta interpretativa privilegiata, che lascia inalterato il giudizio speso sulla puntualità e sulla linearità logica della motivazione qui contrastata e che, per altro verso, non può ritenersi idonea ad inficiarne aprioristicamente la legittimità.
Sotto quest’ultimo versante, va infatti rimarcato che la configurazione data al fatto nel diverso procedimento che ebbe a riguardare NOME COGNOME (che ha patteggiato la pena sul presupposto della riconducibilità del fatto di cui alla odierna imputazione alla ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990) non dà infatti luogo ad alcuna inconciliabilità tra le due opposte decisioni: alla stessa stregua di quanto ordinariamente si afferma in tema di revisione ( allorquando il contrasto riguardi un giudicato), la diversità di soluzioni adottate non si fonda su una contrastante e incompatibile ricostruzione oggettiva del fatto storico (idonea a legittimare il conflitto) ma si lega, piuttosto, ad una differente valutazione giuridica della medesima vicenda, sempre consentita, nel rispetto della autonomia valutativa conseguenziale alla separata trattazione della medesima situazione in fatto (ex multis, da ultimo, in materia di revisione, si veda Sez. 6, n. 16477 del 15/02/2022, Rv. 283317).
Alla reiezione del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
I thi cessuali. -4 (-) Così deciso il 9/1/2024.
P.Q.M.
E Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese