Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11653 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11653 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI NOME nato a PIETRASANTA il 28/07/1999
avverso la sentenza del 12/09/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo vizio motivazionale in relazione, rispettivamente, al mancato riconoscimento della destinazione per uso personale dello stupefacente del tipo cocaina detenuto dal ricorrente per mancata valutazione degli elementi ritenuti a sostegno della erronea qualificazione giuridica attribuita alla condotta contestata all’imputato e, in subordinata, in relazione al diniego della causa di esclusione della punibilità ex art. 131-bis cod. pen.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello di Firenze che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
Me deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
2.1. La Corte territoriale ha già argomentatamente confutato -con una motivazione priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto- la tesi difensiva secondo cui non vi sarebbe alcuna prova della destinazione a terzi dello stupefacente in sequestro, laddove si sarebbe trattata di una piccola scorta detenuta per uso personale.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto in ordine ai fatti in contestazione e degli elementi ostativi a ricondurre i fatti nell’alveo degli artt. 75 D.P.R. 309/90 e dell’art. 131-bis cod. pen. (si veda sul punto le pagg. 4 e 5 della sentenza impugnata).
In primo luogo, è stata presa in considerazione la circostanza che il peso del principio attivo presente nello stupefacente coasentisse di confezionare circa 9,9 dosi medie di sostanza stupefacente di tipo marijuana e 443, 3 dosi medie di sostanza stupefacente di tipo hashish, ovvero, quanto a quest’ultimo una quantità di THC superiore di 22 volte alla massima soglia detenibile; in secondo luogo, la presenza di elementi che fanno intendere l’attività di cessione della sostanza, come il rinvenimento di un bilancino di precisione sulla propria persona.
Ebbene, la sentenza impugnata, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, opera un buon governo della pluriennale giurisprudenza di questa Corte Suprema in materia di possesso di sostanze stupefacenti ad uso non esclusivamente personale.
Va ricordato che la valutazione in ordine alla destinazione della droga, o qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze tive e soggettive del fatto (cfr. Sez. 4, n. 7191/2018, Rv. 272463, conf., S n. 44419/2008, Rv. 241604). E questa Corte di legittimità ha costantemente af fermato – e va qui ribadito- che in tema di sostanze stupefacenti, il sol ponderale dello stupefacente rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti bellari indicati dall’art. 73-bis, comma primo, lett. a), del d.P.R. n. 309 de non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non per sonale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulter parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore r vanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità d sentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una f meramente personale della detenzione (cfr. ex multis, Sez. 3, n. 46610 9/10/2014, COGNOME, Rv. 260991).
Tuttavia, il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabe previsto dall’art. 73, comma primo bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990 se non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo cio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri ele menti, tale conclusione (così Sez. 6, n. 11025 del 6/3/2013, COGNOME ed altro, 255726, fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso la decisi giudice di merito che aveva ritenuto l’illiceità penale della detenzione dell’e lente di 27,5 dosi di eroina anche in considerazione della accertata incapacità nomica dell’imputato ai fini della costituzione di “scorte” per uso personale; Sez. 6, n. 9723 del 17/1/2013, COGNOME, Rv. 254695).
2.2. Manifestamente infondato è anche il motivo inerente al mancato rico noscimento della causa di non punibilità ex art. 131bis cod. pen.
La Corte leccese opera nel solco del consolidato orientamento secondo cui la lieve entità del reato ex art. 73 comma 5 d.P.R. 309/90 e la particolare t del fatto ex art. 131bis cod. pen. sono due fattispecie differenti e l’appli della prima non implica quella della seconda. Ciò perché si tratta di fatti strutturalmente e teleologicamente non coincidenti, atteso che, mentre ai fini concedibilità della prima il giudice è tenuto a valutare i mezzi, le modali circostanze dell’azione nonché la quantità e la qualità delle sostanze stupefa oggetto della condotta criminosa, ai fini del riconoscimento della causa di non nibilità devono invece essere considerate le modalità della condotta, il gra colpevolezza da esse desumibile, l’entità del danno o del pericolo, nonché il c tere non abituale della condotta (cfr. Sez. 3 n. 18155 del 16/04/2021, Diop, R
281572-01 che, in applicazione del principio, ha escluso la contraddittorietà della sentenza impugnata che, a fronte del rinvenimento nella disponibilità dell’imputato di gr. 23,00 di marijuana, pari a 47 dosi complessive, aveva giudicato il fatto di lieve entità, negando la ricorrenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen.).
Quindi ritiene la Corte fiorentina che non sussistano i presupposti per l’applicabilità dell’invocata causa di non punibilità, prevista dall’art. 131 bis cod. pen. dovendosi tenere in debita considerazione le modalità della condotta oltre che la non esiguità del danno e del pericolo, valutabili alla stregua, dell’art. 133, comma 21, cod. pen. dovendosi considerare l’immediata disponibilità del bilancino di precisione unitamente al quantitativo dell’hashish e alla pluralità di sostanze detenute.
La sentenza, dunque, si colloca nell’alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, co. 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. Un. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
S.U. Tushai ricordano che la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Insomma, si è qui entro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da tu gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente».
Va peraltro ricordato che, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., i giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (così Sez. 7, Ordinanza n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01 che ha ritenuto corretta la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità in conseguenza di lesioni stradali provocate dalla guida di un veicolo sprovvisto di assicurazione; conf. Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME Rv. 274647 – 01 che, in motivazione, ha ritenuto corretta la mancata applicazione di tale causa di esclusione della punibilità in conseguenza della fuga dell’imputato subito dopo il fatto, senza che ciò si ponga in contrasto con la concessione delle attenuanti generiche, giustificata dalla successiva condotta processuale del predetto).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 11/03/2025