Detenzione di stupefacenti: appello infondato se contesta solo i fatti
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. Il caso in esame riguardava una condanna per detenzione di stupefacenti, dove il ricorrente ha visto la sua impugnazione dichiarata inammissibile perché basata su una semplice rilettura dei fatti, già ampiamente valutati nei precedenti gradi di giudizio.
I Fatti di Causa
Un individuo, a seguito della condanna emessa dalla Corte d’Appello di Catania per il reato di detenzione di stupefacenti, decideva di presentare ricorso per Cassazione. I motivi dell’impugnazione erano essenzialmente due: il primo mirava a contestare la sussistenza stessa del reato, sostenendo che le prove non fossero sufficienti a escludere la destinazione della sostanza all’uso esclusivamente personale; il secondo, invece, criticava l’entità della pena inflitta, ritenuta eccessiva.
La Decisione della Cassazione e la detenzione di stupefacenti
La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno ritenuto entrambi i motivi di doglianza ‘manifestamente infondati’, confermando la condanna e aggiungendo il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Corte
L’ordinanza si sofferma analiticamente sulle ragioni che hanno portato alla declaratoria di inammissibilità.
Il primo motivo, relativo alla configurabilità del reato di detenzione di stupefacenti, è stato qualificato come una mera contestazione ‘in punto di fatto’. Il ricorrente, infatti, non ha evidenziato vizi di legittimità (come errori di diritto o difetti di motivazione) nella sentenza impugnata, ma si è limitato a proporre una propria versione dei fatti, diversa da quella accertata dai giudici di merito. La Corte sottolinea come l’imputato abbia omesso di confrontarsi con gli elementi indiziari che, nel giudizio di appello, erano stati valorizzati proprio per escludere che la droga fosse destinata al solo uso personale.
Anche il secondo motivo, riguardante il trattamento sanzionatorio, è stato giudicato infondato. La richiesta di una pena più favorevole non era supportata da alcun elemento concreto o argomentazione giuridica valida che potesse giustificare una revisione della decisione dei giudici di merito. Si trattava, anche in questo caso, di una doglianza generica e non specifica.
Conclusioni
Questa pronuncia rafforza un caposaldo del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove e ricostruire i fatti, ma assicurare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica delle motivazioni delle sentenze. Un ricorso, per avere successo, deve basarsi su critiche precise e puntuali alla sentenza impugnata, evidenziando errori di diritto o vizi logici, e non può limitarsi a una generica contestazione delle conclusioni a cui sono giunti i giudici dei gradi precedenti. Per la detenzione di stupefacenti, come per qualsiasi altro reato, tentare di ottenere in Cassazione un nuovo esame del merito si rivela una strategia processuale destinata al fallimento.
Perché il ricorso per detenzione di stupefacenti è stato dichiarato inammissibile?
Perché si basava su una contestazione dei fatti già valutati dai giudici di merito, senza sollevare questioni di legittimità o vizi logici della sentenza. La Cassazione non può riesaminare le prove.
Cosa ha sostenuto il ricorrente riguardo alla finalità della detenzione?
Il ricorrente ha tentato di sostenere che la sostanza fosse per uso personale, ma il suo ricorso non è riuscito a confutare gli elementi indiziari che, secondo i giudici di merito, provavano una destinazione diversa (presumibilmente lo spaccio).
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Oltre alla conferma della condanna, che diventa definitiva, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46506 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46506 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MODICA il 12/11/1995
avverso la sentenza del 12/01/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME NOME avverso la sentenza in epigrafe indicata;
ritenuto che il primo motivo, concernente la sussistenza del reato di detenzione di stupefacenti, è manifestamente infondato, consistendo in una contestazione in punto di fatto delle risultanze sulle quali si fondano le sentenze di merito, peraltro omettendosi un confronto con gli elementi indiziari valorizzati per escludere la destinazione all’esclusivo uso personale;
rilevato che l’ulteriore doglianza, relativa trattamento sanzionatorio, è manifestamente infondata, difettando la sussistenza di elementi di fatto idonei a giustificare un trattamento più favorevole;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 novembre 2024