Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11662 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11662 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LODI il 20/08/1995
avverso la sentenza del 10/10/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
COGNOME NOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe, con la quale la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Lodi in data 14 giugno 2024, ha ridotto la pena inflitta all’imputato ad anni 2 di reclusione ed euro 5.000 di multa, previa riqualificazione del reato ex art.73, comma 5 d.P.R. n. 309/1990.
Il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio ‘di motivazione con riferimento agli artt. 192 e 530, comma 2, e 533 cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale affermato la configurabilità del reato di illecita detenzione ai fini spaccio ex art. 73 d.P.R. n. 309/1990 in relazione alla più grave ipotesi di cui al comma 1-bis in difetto di una valutazione complessiva di tutte le emergenze processuali, così escludendo che la sostanza stupefacente non fosse destinata ad uso esclusivamente personale sulla base del solo dato quantitativo delle dosi rinvenute. Con il secondo motivo di ricorso deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod. pen.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
In premessa, quanto alla denunzia di violazione dell’ad 192 cod. proc. pen. va ricordato che, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte di legittimità, la mancata osservanza di una norma processuale ha rilevanza solo in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità.
Le Sezioni Unite hanno recentemente chiarito che in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 04 che a pag. 29 richiama Sez. 1, n. 1088 del 26/11/1998, dep. 1999, Condello, Rv. 212248; Sez. 6, n. 45249 del 08/11/2012, COGNOME, Rv. 254274; Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, COGNOME, Rv. 277518; vedasi anche Sez. 6, n. 4119 del 30/05/2019, dep. 2020, RAGIONE_SOCIALE Rv. 278196; Sez. 4, n. 51525 del 4/10/2018, M., Rv. 274191; Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, dep. 2017, COGNOME e altro, Rv. 271294; Sez. 3, n. 44901 del
17/10/2012, F., Rv. 253567; Sez. 6, n. 7336 del 8/1/2004, Meta ed altro, Rv. 229159-01; Sez. 1, n. 9392 del 21/05/1993, COGNOME, Rv. 195306).
Condivisibilmente, per Sez. U, n. 29541 del 16/7/2020, NOME Rv. 280027 (pag. 29) « la specificità del motivo di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), dettato in tema di ricorso per cassazione al fine di definirne l’ammissibilità per ragioni connesse alla motivazione, esclude che l’ambito della predetta disposizione possa essere dilatato per effetto delle citate regole processuali concernenti la motivazione, utilizzando la “violazione di legge” di cui all’art. 606, comma 1, lett. c), e ciò sia perché la deducibilità per cassazione è ammissibile solo per la violazione di norme processuali “stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza”, sia perché la puntuale indicazione di cui alla lettera e) ricollega a tale limite ogni vizio motivazionale. D’altro canto, la riconduzione dei vizi di motivazione alla categoria di cui alla lettera c) stravolgerebbe l’assetto normativo delle modalità di deduzione dei predetti vizi, che limita la deduzione ai vizi risultanti “dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” , laddove, ove se fossero deducibili quali vizi processuali ai sensi della lettera c), in relazione ad essi questa Corte di legittimità sarebbe gravata da un onere non selettivo di accesso agli atti. Queste Sezioni Unite (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092) hanno, infatti, da tempo chiarito che, nei casi in cui sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., un error in procedendo, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può procedere all’esame diretto degli atti processuali, che resta, al contrario, precluso dal riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nella lett. e) del citato articolo (oltre che dal normativamente sopravvenuto riferimento ad altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame), quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
3.1. Con riferimento alla prima censura, deve essere osservato come essa, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dai giudici di merito in ordine all’affermazione del giudizio di responsabilità nei confronti dell’imputato, si risolve in una mera, del tutto astratta, sollecitazione ad effettuare una diversa, o alternativa, rivalutazione del quadro probatorio, e con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata, come tale del tutto preclusa nella sede di legittimità.
Va ricordato che la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve
essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto (cfr. Sez. 4, n. 7191/2018, Rv. 272463, conf., Sez. 6, n. 44419/2008, Rv. 241604). E questa Corte di legittimità ha costantemente affermato – e va qui ribadito- che in tema di sostanze stupefacenti, il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73-bis, comma primo, lett. a), del d.P.R. n. 309 del 1990 non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione (cfr. ex multis, Sez. 3, n. 46610 del 9/10/2014, COGNOME, Rv. 260991).
Tuttavia, il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73, comma primo bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione (così Sez. 6, n. 11025 del 6/3/2013, COGNOME ed altro, Rv. 255726, fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto l’illiceità penale della detenzione dell’equivalente di 27,5 dosi di eroina anche in considerazione della accertata incapacità economica dell’imputato ai fini della costituzione di “scorte” per uso personale; conf. Sez. 6, n. 9723 del 17/1/2013, COGNOME, Rv. 254695).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno dato conto degli elementi di prova in ordine all’affermazione di responsabilità dell’imputato, ed in particolare alla destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente. A tal fine, hanno evidenziato non solo la quantità di droga rinvenuta e il numero di dosi ricavabili dal principio attivo contenuto nei diversi reperti, ma anche la suddivisione in porzioni pronte per la distribuzione (in particolare, 31 bustine, ciascuna recante un numero indicativo del presumibile prezzo di vendita), il ritrovamento di un bilancino di precisione e il possesso, da parte dell’imputato – pur in stato di disoccupazione di una somma ingente di denaro contante. Tutti elementi, questi, del tutto incompatibili con l’ipotesi di una destinazione al consumo personale.
3.2. Quanto al motivo relativo al trattamento sanzionatorio, lo stesso è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non scandito da specifica critica delle argomentazioni a base della sentenza impugnata. Sul punto, quest’ultima risulta infatti sorretta da suffidente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle
deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena, Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
La Corte territoriale ha dato atto con motivazione logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune dal denunciato vizio di legittimitàdella mancanza di elementi positivi valutabili ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, i quali non sono stat neppure allegati dai difensori, e ha altresì precisato che l’asserita necessità di adeguamento della sanzione alla concreata gravità del fatto doveva ritenersi assorbita dalla operata riqualificazione del reato.
Il provvedimento impugnato appare pertanto collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
In caso di diniego, soprattutto dopo la specifica modifica dell’articolo 62bis c.p. operata con il d.l. 23.5.2008 n. 2002 convertito con modif. dalla I. 24.7.2008 n. 125 che ha sancito essere l’incensuratezza dell’imputato non più idonea da sola a giustificarne la concessione va ribadito che è assolutamente sufficiente, come avvenuto nel caso che ci occupa, che il giudice si limiti a dare conto in motivazione di avere ritenuto l’assenza di elementi o circostanze positive a tale fine (cfr. ex multis Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME ed altri, Rv. 260610 – 01; conf. Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01;)
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 11/03/2025