Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30334 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30334 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SULMONA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/10/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
1. La Corte d’appello dell’Aquila, con sentenza del 20 ottobre 2023, ha confermato la sentenza del Tribunale di Pescara del 9 marzo 2022, che aveva ritenuto NOME COGNOME, in concorso con NOME COGNOME, responsabile del reato previsto dagli artt. 110 cod.pen., 73, c. 1, GLYPH bis e 4, d.P.R. n. 309/1990 nella formulazione antecedente alle modifiche apportate con d.l. n. 272 del 2005 conv. in I. n. 49 del 2006, per avere, fuori delle ipotesi di cui all’art. 75, se l’autorizzazione di cui all’art. 17 d.P.R. cit., occultandoli all’interno della prop abitazione e sulla persona, detenuto a fini di spaccio un pezzo di hashish del peso di g. 1 c.a. nonché diversi involucri contenenti sostanze stupefacenti del tipo hashish e marijuana e, segnatamente, un barattolo ed un panetto contenenti complessivamente circa 130 gr. di sostanza stupefacente tipo marijuana ed altro barattolo contenente circa gr. 7, 296 di sostanza stupefacente del tipo hashish. In Tocco da Casauria, il 5.12.2020.
2. Ad avviso delta Corte territoriale, la responsabilità dell’imputato, ferma la qualificazione della ipotesi della lieve entità di cui al comma 5 dell’art 73 d.P.R. n. 309 del 1990, era emersa in modo incontrovertibile dalla deposizione testimoniale di NOME RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, agenti che avevano eseguito l’arresto in flagranza dell’imputato e la successiva perquisizione domiciliare, nonché dai risultati delle analisi effettuate dalla ASL di Pescara. In partic:olare, la Corte h ritenuto il fine di spaccio della detenzione, e non l’uso personale, in ragione della diversa tipologia delle sostanze in vari punti della casa, la qualità e quantità (mg. 3.504,864 di marijuana con principio attivo pari al 3, 52%, da cui si ricavavano circa 140 dosi medie singole commerciabili; mg. 219,127 di marijuana con principio attivo pari al 3,41%, da cui si ricavano circa 8 dosi medie singole commerciabili; mg. 131,571 di hashish con principio attivo pari al 14,85%, da cui si ricavano circa 5 dosi medie singole commerciabili; il rinvenimento di sostanza da taglio e di euro 1070 in contanti di piccolo taglio, somma incompatibile con le condizioni economiche dell’imputato, percettore di reddito di citl:adinanza per euro 500 al mese e della sua compagna, in stato di disoccupazione da diversi anni, e con gli aiuti economici forniti dai genitori di quest’ultima. La presenza di numerosi precedenti specifici impediva il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La pena applicata, di mesi sei di reclusione e di lire 1032 di multa, doveva infine ritenersi congrua in ragione delle modalità della condotta e della personalità del reo.
Avverso tale sentenza, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, ricorre per cassazione AVV_NOTAIO COGNOME sulla base di ise motivi, così sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.proc.pen.:
In relazione all’art. 606 n. 1 lett. b) cod.proc.pen, deduce l’insussistenza del reato di spaccio e comunque il difetto della prova della sua sussistenza. Ci si duole del fatto che non sia stata ritenuta la detenzione per uso personale, pur a fronte del fatto che l’acquisto di provvista era stato effettuato in periodo di lockdown, e che a fronte di esso vi fossero ricevute d’acquisto di cannabis con basso principio attivo; le testimonianze degli agenti operanti erano state lette in modo antitetico rispetto al principio del favor rei, considerando che nessuna sostanza era stata rinvenuta addosso ai due giovani. Inoltre, la normativa anche diversa da quella nazionale si sarebbe indirizzata verso letture meno repressive e liberalizzanti dell’uso personale della cannabis;
Violazione di legge relativamente alla insussistenza del concorso nel reato. Travisamento dei fatti per mancata valutazione di una prova acquisita e difetto di motivazione. Ci si lamenta del fatto che non sia stata ritenuta verosimile la versione fornita da NOME COGNOME, circa l’acquisto delle sostanze, via internet, durante il lockdown per l’epidemia del covid 19 e per finalità terapeutiche. Ciò aveva ingiustificatamente comportato l’esclusione per il COGNOME idei riconoscimento della minima partecipazione all’acquisto, anche se lo stesso aveva spiegato le ragioni della sua estraneità, dipendenti dalla enorme sofferenza patita in carcere a causa della dipendenza dagli stupefacenti;
Violazione di legge, in relazione alla mancata concessione dell’applicazione dell’art. 131 bis cod.pen. e delle attenuanti generiche ed alla sproporzione della pena irrogata; si deduce che la presenza dei precedenti specifici non integrava l’abitualità nel reato; le attenuanti generiche, inoltre, avrebbero dovuto essere riconosciute attesa la minima offensività della condotta e la funzione delle stesse circostanze; la pena, poi, doveva tendere alla rieducazione dell’autore del reato e la sentenza impugnata non aveva motivato adeguatamente il percorso logico seguito.
4.11 Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso inammissibile.
Con riferimento al primo motivo di ricorso, va premesso il consolidato principio per cui, in materia di stupefacenl:i, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa dell’immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal criudice di merito,
GLYPH 2
tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018, Gjoka, Rv. 272463).
Nella sentenza impugnata, con motivazione esauriente e dettagliata, la destinazione a terzi delle sostanze stupefac:enti è stata desunta dai seguenti elementi: a) l’apprezzabile entità del dato ponderale, tale da non giustificare un uso meramente personale ( 3.505,864 mg. cli marjuana con principio attivo pari al 3,52%, da cui si ricavano circa 140 dosi medie singole comrnerciabili; 219,127 mg. di marijuana con principio attivo pari al 3,41, da cui si ricavano 8 dosi medie singole commerciabili; mg. 1645,523 di hashish con principio al:tivo pari al 22,6%, da cui si ricavano circa 65,8 dosi medie singole commerciabili; 131,571 mg. di hashish con principio attivo pari al 14,85% da cui si ricavano circa 5 dosi medie; b) la decisione di nascondere la droga in diverse parti della casa ; c) il rinvenimento di sostanza da taglio e di euro 1070 in contanti di piccolo taglio, somma incompatibile con la situazione economica del COGNOME, percettore di reddito di cittadinanza, e della sua compagna, in stato di disoccupazione da diversi mesi, e con gli aiuti economici forniti dai genitori di quest’ultima.
Tali elementi sono stati logicamente ritenuti decisivi per escludere che l’imputato si fosse esclusivamente procurato una scorta di sostanza per uso personale e per dimostrare l’intenzionalità dell’attività di spaccio.
I rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benché prospettati quali vizi di violazione di legge, contestualmente alla denuncia di mancata considerazione di prove ed a vizi di motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito. Essi sono basati sull’asserzione della erroneità della sentenza di primo grado in ordine al mancato riconoscimento delle ragioni personali, legate al periodo di restrizione pandemica, che giustificavano la detenzione delle diverse qualità di stupefacente rinvenute e dell’intento (del tutto indimostrato) di adoperare la droga per uso personale.
La difesa si confronta solo parzialmente con l’apparato argomentativo della sentenza impugnata, che, come si è detto, si fonda su circostanze oggettivamente accertate.
Anche il secondo motivo, con il quale si denunciano, cumulandoli tra loro in violazione del canone della specificità, i diversi profili della violazione di legg
del travisamento dei fatti per mancata valutazione di prova acquisita e difetto di motivazione, non supera il vaglio di ammissibilità. Anche in questo caso, il ricorrente non individua quale sia la disposizione di legge violata, l’informazione probatoria vistosamente rappresentata in modo erroneo o la contraddittorietà della motivazione, ma si duole, più che altro dal punto di vista umano, che i propri tristi trascorsi non abbiano indotto i giudici a credere alla propria tesi difensiva secondo la quale l’attività sarebbe stata svolta sostanzialmente dalla propria compagna, avendo l’imputato svolto una semplice collaborazione nell’acquisto sui canali telematici.
Tale tipo di doglianza non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità, come è noto, a critica vincolata e specifica ed estraneo all’ambito dell’accertamento di merito. Sul punto, la sentenza impugnata ha invece accertato, in virtù delle concrete circostanze emerse dalla perquisizione e dagli ulteriori accertamenti, il ruolo paritario tra i due concorrenti nella detenzione dello stupefacente. Il ragionamento non palesa alcun vizio motivazionale.
5. In ordine al terzo motivo di ricorso, va osservato che il ricorrente si duole della mancata applicazione dell’art. 131 bis cod.pen., in ragione del giudizio negativo opposto da entrambi i giudici del merito per l’esistenza di numerosi precedenti speciali specifici. Il motivo è sul punto manifestamente infondato.
6. Va ricordato che, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p., il giudizio sulla tenuità richiede valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133 c.p., comma 1, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590). A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incrimiNOME, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, COGNOME, Rv. 275940).
6.1. Trattandosi, quindi, di una valutazione da compiersi sulla base dei criteri di cui all’art. 133 c.p., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei
limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
Peraltro, la Corte di cassazione (Sez. 4, n. 5396 del 15/11 4 /2022 (dep. 2023 ) Rv. 284096 – 01) ha affermato che non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza (in fattispecie, analoga alla presente, in cui il giudice di appello, pur non avendo espressamente argomentato in ordine alla denegata applicazione dell’esimente di cui all’art. 131-bis cod. pen., aveva posto in rilievo la consistente quantità e la buona qualità della droga detenuta, la zona in cui la condotta era avvenuta, la mancanza di elementi favorevoli al riconoscimento delle attenuanti generiche e la sussistenza di precedenti penali dell’imputato ostativi alla concessione della sospensione condizionale della pena).
Non si sottrae al giudizio di inammissibilità il profilo del terzo motivo relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La Corte d’appello motiva il diniego sottolineando che l’imputato è gravato da numerosi precedenti penali specifici e dunque non vi erano ulteriori elementi per una possibile attenuazione della pena. Sul punto, ritiene il Collegio che le argomentazioni di cui alla sentenza d’appello non meritino censura, in considerazione dell’esegesi giurisprudenziale di legittimità in materia.
Le circostanze attenuanti generiche, introdotte per consentire al giudice di adeguare la pena al caso concreto, sono delle circostanze a tutti gli effetti, ma sono indefinite: infatti, il legislatore si limita a dire che devono essere diverse d quelle indicate dall’articolo 62 cod.pen. Il giudice deve attenersi ai criteri di c all’articolo 133 cod.pen., pertanto esse possono riguardare la gravità oggettiva del reato, la colpevolezza o la capacità a delinquere e quindi possono essere sia oggettive che soggettive.
Certamente alle stesse va riconosciuta una stretta correlazione con la funzione rieducativa della pena (vd. Corte costituzionale n. 182 del 2011) realizzata mediante la consentita flessibilità nella commisurazione delle pene, tenendo conto dell’obiettivo di risocializzazione dell’imputato. E tuttavia indubbio però che è il giudice, caso per caso, a dover valutare tutte le circostanze del caso concreto. Detta valutazione rientra nella discrezionalità del giudice e, in questo caso, la Corte di Appello risulta aver adeguatamente illustrato i motivi per cui ritiene non essere presente alcuna circostanza idonea ad integrare l’articolo 62
bis, cod.pen., ciò in considerazione del fatto che la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio merito e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purché non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato, quali nella specie la personalità dello stesso o la sua ridotta capacità di delinquere.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei principi e la relativa motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico.
La Corte distrettuale, infatti, ha reputato decisivi, ai fini della valutazione de grado di offensività della condotta i plurimi precedenti penali specifici e la pluralità di tipi di droga detenuta, cioè cocaina e hashish, nonché il rinvenimento della sostanza da taglio ed il denaro.
Si tratta di circostanze indiscutibilmente significative, rientranti nei parametri espressamente considerati dall’art. 133 cod.pen. e che quindi ben supportano, dal punto di vista della adeguata motivazione, anche il punto della decisione con il quale la sentenza d’appello ha confermato quella di primo grado sotto il profilo del trattamento sanzioNOMErio.
L’imputato si limita a prospettare una diversa valutazione dei medesimi elementi analizzati dai giudici di merito.
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non sussistendo ragioni di esonero – al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 aprile 2024
Il Consigliere estensore
IC Preside ye