Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46702 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46702 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FARATOU (GAMBIA) il 22/07/2000
avverso la sentenza del 14/02/2024 della CORTE di APPELLO di CALTANISSETTA
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con le conseguenti statuizioni; lette le conclusioni del difensore, Avv. NOME COGNOME del foro di Enna, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso, anche conformemente a quanto enunciato, in relazione al primo motivo, dalla Procura Generale della Repubblica della Corte di Cassazione nella requisitoria del 08.11.2024.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14/02/2024 la Corte di Appello di Caltanissetta, pronunciando in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, confermava la sentenza emessa il 18/03/2021 dal Gip del Tribunale di Enna con la quale l’imputato appellante NOME COGNOME in esito a giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di un anno di reclusione ed euro 2.000 di multa perché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.p.r. 309/90 per la detenzione illecita di sostanza stupefacente del tipo hashish e marijuana.
1.1. La pronuncia rescindente aveva rilevato che la droga era stata rinvenuta presso il centro di accoglienza sito in Barrafranca ove l’imputato risultava ospitato, in parte (sostanza del tipo hashish) all’interno di un giubbotto collocato all’interno di un armadio ritenuto nella sua disponibilità,e in parte (marijuana) nel comodino situato accanto al letto da costui occupato; che, mentre con riferimento alla marijuana, il ricorrente non aveva contestato la riferibilità della stessa alla sua persona, giustificata da un uso personale, tale riconducibilità era stata contrastata con riguardo al giubbotto, al cui interno era stato rinvenuto l’hashish, avendo la difesa rimarcato il pacifico utilizzo dell’armadio da parte di diversi soggetti occupanti la camerata; che ulteriore elemento di prova da parte dei giudici di merito era costituito dal rinvenimento all’interno del comodino di un cutter che portava tracce di hashish, circostanza anch’essa contestata dalla difesa per l’assenza di dati utili a confermare detta conclusione; che tali elementi logico fattuali a sostegno della responsabilità dell’imputato non avevano trovato riscontro nella pronuncia di primo grado e non risultavano affrontati dalla Corte di appello, nonostante gli specifici motivi di gravame, così determinando l’annullamento con rinvio per nuovo giudizio, teso a colmare le lacune probatorie, anche di matrice logica, evidenziate.
1.2. La sentenza di rinvio, confermando la decisione del tribunale, aveva ritenuto che non vi fossero dubbi, alla stregua della testimonianza di NOME COGNOME, coordinatore del centro di accoglienza, che l’armadio in questione fosse in uso a NOME COGNOME, considerato che al suo interno erano stati rinvenuti capi di vestiario allo stesso appartenenti; inoltre, indipendentemente dall’uso promiscuo del mobile, il dato fondamentale era costituito dal rinvenimento all’interno del comodino situato accanto al letto dell’imputato, oltre che della sostanza stupefacente del tipo marijuana, di un cutter con lama annerita con tracce di droga, evidentemente hashish, utilizzato – unica spiegazione plausibile – per suddividere in dosi i panetti rinvenuti nell’armadio, unitamente a due bilancini e ad involucri contenente sostanza già confezionata (ma non già di un cutter, indispensabile per la suddivisione dell’hashish prima di essere pesato).
Avverso la sentenza di rinvio propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia e procuratore speciale dell’imputato, sulla base di tre motivi.
2.1. Con il primo eccepisce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, ritenendo errata la affermazione di responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio, la valutazione delle prove e degli indizi (privi dei requisiti della gravità, della precisione e della concordanza), l’analisi dei risultati probatori e del giudizio sulle prove contrarie.
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In particolare, la torte territoriale non aveva colto i rilievi sollevati dal cassazione, senza superare le lacune motivazionali della sentenza annullata (l’hashish era stato rinvenuto in un armadio che non era in uso al solo imputato, non vi era prova che il giubbotto appartenesse a quest’ultimo, non erano stati effettuati esami di laboratorio sul cutter, non si era tenuto conto della diversità di sostanza stupefacente, anche la proprietà dei bilancini era rimasta sfornita di prova).
Inoltre, la testimonianza del COGNOME non era stata valutata nel suo effettivo contenuto dichiarativo, attestante il promiscuo uso degli armadi posti in stanze adibite a più ospiti; il possesso della somma di euro 100 – ritenuto illecito – era stato giustificato con documenti e dichiarazioni che la corte di merito non aveva valutato.
2.2. Con il secondo motivo la violazione di legge e il vizio di motivazione sono riferiti alla determinazione della pena base rispetto alla quale applicare la diminuente per il rito, senza considerare gli indici previsti dall’art. 133 cod. pen., con ingiustificato diniego delle circostanze attenuanti generiche.
2.3. Il terzo motivo, infine, attiene al rigetto della richiesta di pronuncia di sentenza di non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., in evidente contrasto con la previsione normativa, attesa la condotta di scarso allarme sociale e la non abitualità del comportamento delittuoso, sì che anche la motivazione risultava eccentrica rispetto alla fattispecie contestata.
RITENUTO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, con il quale si critica la sentenza impugnata perché “non ha tenuto in considerazione le censure mosse dalla Corte di Cassazione in merito al difetto di tenuta logico-motivazionale” (pag. 6 del ricorso), è manifestamente infondato.
La pronuncia rescindente aveva in effetti riscontrato (par. 3) una anomalia logica di rilievo nella motivazione della sentenza della Corte di appello, consistente “nella ritenuta riferibilità al ricorrente sia del giubbotto all’interno del quale è sta ritrovato l’hashish sia dell’armadio all’interno del quale risultava riposto il detto giubbotto in uno ad altri strumenti apprezzati a sostegno della finalità illecita della detenzione”, senza adeguato riscontro di tali circostanze, oggetto di specifici motivi di appello; ulteriore elemento logico – fattuale trascurato riguardava altresì il rinvenimento del cutter, pacificamente riconducibile all’imputato, sul quale si affermava che erano portate tracce di hashish, senza accertamenti di laboratorio a riguardo.
1.1. È altresì acquisito in giurisprudenza il principio di diritto secondo cui non viola l’obbligo di uniformarsi al principio di diritto il giudice di rinvio che, dop
l’annullamento per vizio di motivazione, pervenga nuovamente all’affermazione di responsabilità sulla scorta di un percorso argomentativo in parte diverso ed in parte arricchito rispetto a quello già censurato in sede di legittimità (ex multis, sez. 2, n. 1726 del 05/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271696, la Corte ha precisato che dalla sentenza di annullamento deriva solo un vincolo di contenuto negativo, ovvero un divieto di adottare la stessa motivazione che la Suprema Corte ha ritenuto viziata).
Il giudice del rinvio si è attenuto a tale principio, incentrando l’affermazione di responsabilità su due elementi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla sentenza annullata e su un percorso argonnentativo che, superando le censure difensive, si è arricchito di una considerazione stringente sul piano logico fattuale.
1.2. In primo luogo, sulla base delle dichiarazioni acquisite, ha accertato che il giubbotto all’interno del quale vi era la sostanza stupefacente del tipo hashish si trovava nell’armadio in uso all’imputato, ove peraltro erano stati riposti altri capi di vestiario a lui appartenenti, superando l’elemento di dubbio sottolineato dalla sentenza di annullamento circa il mancato riscontro della tesi difensiva secondo cui “l’imputato sin da subito aveva evidenziato di essersi trasferito a Barrafranca da soli due giorni e che non aveva avuto il tempo di sistemare le proprie cose presso nessuno degli armadi messi a disposizione dalla struttura” (pag. 5).
Per quanto riguarda l’accertato uso promiscuo della stanza e degli spazi all’interno degli armadi, il rinvenimento nel comodino accanto al letto dell’imputato di un cutter con lama annerita è stato ritenuto in sé un elemento decisivo, trattandosi dell’unico strumento mancante all’interno dell’armadio per il confezionamento delle dosi, posto che furono ivi rinvenuti due bilancini funzionanti e con tracce visibili di sostanze stupefacenti sui piatti, undici involucri contenenti la medesima sostanza già confezionata, quantità di hashish in parte in panetti e in parte già suddiviso in dosi, in una rappresentazione d’insieme attestante la preparazione di singole unità da spacciare, non ancora completata ma già posta in essere, per la quale si rendeva in ogni caso necessario l’uso di un oggetto tagliente.
Si è così ritenuto che tutto il materiale necessario per il confezionamento della sostanza stupefacente rinvenuta fosse stata riposta dall’imputato tra il comodino in suo uso esclusivo e l’armadio, anche in uso allo stesso, conclusione che sul piano logico è immune da censure in sede di legittimità, perché basata su una plausibile valutazione delle risultanze istruttorie acquisite.
1.3. Due ulteriori elementi corroborano il ragionamento della (ode territoriale, la presenza di tracce di hashish sul cutter e il rinvenimento della somma di cento euro nella disponibilità dell’appellante, priva di giustificazione, in considerazione
dei modestissimi introiti giornalieri e dello stato di indigenza. Circa il primo aspetto, la sentenza rescindente aveva rilevato che l’appellante aveva contestato la mancanza di conferma di laboratorio, pur dando atto che la circostanza era stata accertata dagli agenti di polizia.
Occorre a tal proposito rilevare – circostanza che sfugge al ricorrente, il quale ha lamentato la mancanza di numerosi approfondimenti istruttori (sulle persone che occupavano la stanza, sulla distribuzione degli spazi, sull’appartenenza dei capi di abbigliamento, sulla natura della sostanza rinvenuta sul taglierino, sull’attendibilità delle dichiarazioni rilasciate, sulla possibile fonte approvvigionamento del danaro) – che la scelta del rito abbreviato è caratterizzato da una struttura probatoria contratta, senza possibilità di recupero di facoltà ormai naturalmente precluse, e che solo il rito cd. ordinario avrebbe assicurato il diritto alla prova nel contraddittorio di merito.
Nel caso di specie, le conclusioni del giudice di rinvio risultano non soltanto immuni da evidente illogicità ma coerenti con “lo stato degli atti” ossia con le acquisizioni documentali e dichiarative, comprovanti le suddette circostanze di fatto.
Il secondo ed il terzo motivo sono privi della specificità necessaria ex artt. 581, comma 1, e 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Il trattamento sanzionatorio è stato determinato considerando la pena base di un anno e sei mesi di reclusione, ben inferiore alla media edittale ancorché superiore, in termini contenuti, al minimo edittale di sei mesi, tenendo conto della condotta delittuosa; il diniego delle circostanze attenuanti generiche è stato motivato sulla base della personalità negativa dell’imputato, desumibile dalla gravità dei fatti (detenzione di droga nel centro di accoglienza; quantità di dosi ricavabili dalla sostanza di tipo hashish).
Quanto alla causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., la corte di merito ha dato adeguato conto delle ragioni del rigetto della relativa istanza, in una valutazione complessiva e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, con specifico riferimento all’attività, seppur rudimentale, di confezionamento di dosi destinate allo spaccio, al pericolo derivante dal quantitativo di stupefacente, al comportamento posto in essere all’interno di una struttura di accoglienza, approfittando dell’ospitalità ricevuta.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento a favore della
Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 28/11/2024 Il Consigliere estensore
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Il Presidente