Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21297 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21297 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato il 24/06/1994 a Melfi avverso la sentenza in data 20/10/2023 della Corte di appello di Potenza
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20 ottobre 2023 la Corte di appello di Potenza ha confermato quella del G.i.p. del Tribunale di Potenza in data 16 aprile 2020, con cui NOME COGNOME è stato riconosciuto colpevole del delitto di cui all’art. 7 comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, in relazione alla detenzione di diciotto involucri contenenti marijuana con principio attivo pari a g. 2,106, sufficienti per l preparazione di circa 84 dosi singole.
Ha proposto ricorso COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo denuncia vizio di motivazione e travisamento della prova.
La Corte aveva ritenuto che fosse provata la destinazione della droga allo spaccio facendo riferimento al rinvenimento di somme di denaro e di materiale atto al peso e al confezionamento: ma dal verbale di perquisizione e sequestro e dal verbale di arresto tali circostanze non emergevano, non risultando inoltre particolari modalità di occultamento dello stupefacente, di cui il ricorrente aveva cercato di disfarsi lanciandolo dalla finestra.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge in ordine alla qualificazione del fatto, dovendosi ravvisare la destinazione ad esclusivo uso personale.
La Corte aveva formulato valutazioni errate, ma neanche il primo Giudice, a fronte dell’onere gravante sull’accusa di dimostrare l’illegalità della detenzione, aveva dato conto di elementi idonei a qualificare la condotta in termini di destinazione allo spaccio, avendo valorizzato solo il quantitativo rinvenuto, di per sé non incompatibile con la destinazione all’uso personale, e dato rilievo alla suddivisione in singoli involucri, in realtà derivante dall’originario acquisto dell sostanza, all’iniziale affermazione dell’imputato -poi da lui corretta- che i familiar ignoravano la detenzione, avendo il ricorrente inteso far riferimento a quel determinato quantitativo e non al pregresso uso da parte sua di sostanze stupefacenti, alla mancata indicazione del fornitore, essendo semmai illogico il contrario, stante l’esigenza di evitare una non necessaria sovraesposizione da parte del pusher.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Deve rilevarsi che con il primo motivo il ricorrente ha posto in luce un effettivo vizio della motivazione della sentenza impugnata, nella quale è stato fatto riferimento al rinvenimento presso l’imputato di denaro e di materiale atto al confezionamento dello stupefacente, elementi che hanno assunto un rilievo decisivo nella motivazione e che tuttavia non trovano riscontro nei verbali di perquisizione e sequestro e nel verbale di arresto.
Si tratta dunque di dati di fatto non valorizzabili ai fini del giudizio su destinazione allo spaccio della droga rinvenuta.
3. In tale prospettiva è fondato anche il secondo motivo, con cui si è segnalato che la valutazione della Corte non era idonea a dar conto dell’illiceità della
detenzione.
Ed invero, una volta ridefinito il quadro probatorio, residuano gli elementi che erano stati posti in evidenza dal primo giudice, cioè il quantitativo di marijuana
rinvenuto, la circostanza che a detta dell’imputato la famiglia ignorasse il possesso della sostanza, la reticenza del predetto nell’indicare il nome dello spacciatore.
Si tratta, a ben guardare, di elementi in radice inidonei a sostenere gli assunti accusatori e tali da determinare una mera apparenza di motivazione, in quanto: il
nome dello spacciatore non può assumere di per sé valenza indiziante; la circostanza che la famiglia ignorasse la detenzione della sostanza, non implica che
fosse ignoto l’uso di sostanze stupefacenti da parte del ricorrente; il dato più
rilevante, costituito dal quantitativo rinvenuto, è tuttavia compatibile sia con l’ipotesi della destinazione allo spaccio sia con quella dell’uso personale,
assumendo, dunque, in tale quadro rilievo decisivo -in assenza di elementi indizianti di segno contrario, inerenti alla preparazione e gestione della droga
sequestrata- la circostanza certa che il ricorrente faccia uso di sostanze stupefacenti e sia stato ammesso dal S.E.R.D. di Melfi ad un programma di recupero.
Sulla base di tali elementi, debitamente posti in evidenza nel ricorso, si impone l’annullamento della sentenza impugnata, che deve essere disposto senza rinvio per insussistenza del fatto, non essendo ravvisabili profili fin qui non sondati, astrattamente idonei in sede di rinvio a corroborare un diverso giudizio.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fato non sussiste. Così deciso il 29/04/2025