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Detenzione di droga: appello inammissibile se generico

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di un imputato per detenzione di droga ai fini di spaccio, ritenendo l’atto una mera riproposizione dei motivi già respinti in appello. La Corte valorizza la condotta dell’imputato (fuga e occultamento), la quantità e la qualità della sostanza per escludere l’uso personale, confermando così la condanna e l’inammissibilità del ricorso.

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Pubblicato il 28 luglio 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione di Droga: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La detenzione di droga è un reato complesso, la cui qualificazione giuridica dipende spesso da una linea sottile tra uso personale e spaccio. Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un aspetto processuale cruciale: un ricorso che si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte in appello è destinato a essere dichiarato inammissibile. Analizziamo questa importante decisione per capire le ragioni giuridiche e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da una perquisizione domiciliare. L’imputato, alla vista delle forze dell’ordine, ha inizialmente impedito loro l’accesso all’abitazione per poi darsi alla fuga uscendo da una finestra. All’interno dell’appartamento, abilmente occultati nel water, venivano rinvenuti tre ovuli contenenti oltre 28 grammi di hashish. Le analisi successive hanno rivelato un’elevata percentuale di principio attivo, pari al 17,5%. In nessuna fase l’imputato aveva dichiarato che la sostanza fosse destinata al proprio consumo personale.

Condannato in primo grado e in appello, l’uomo ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo essenzialmente che si trattasse di detenzione di droga per uso personale e non per spaccio.

La Decisione della Corte e la Genericità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso ‘manifestamente infondato’ e, di conseguenza, inammissibile. La ragione principale di questa decisione non risiede tanto nel merito della distinzione tra uso personale e spaccio, quanto in un vizio procedurale fondamentale: il ricorso era una ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi già presentati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello.

La Suprema Corte, citando un proprio precedente (sentenza n. 20377/2009), ha ribadito che un ricorso, per essere ammissibile, deve assolvere a una ‘tipica funzione di una critica argomentata’ avverso la sentenza impugnata. Non può essere una semplice riproposizione di doglianze già esaminate, ma deve individuare vizi logici o giuridici specifici nel ragionamento del giudice precedente.

Le Motivazioni della Cassazione

Entrando nel merito delle ragioni che avevano già portato alla condanna, la Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello appropriata e priva di vizi. Il giudizio si è basato su una valutazione complessiva degli elementi probatori.

La Valutazione Complessiva della Condotta

I giudici hanno sottolineato che la condotta dell’imputato era un elemento chiave. L’aver ostacolato l’ingresso delle forze dell’ordine e il successivo tentativo di fuga sono stati interpretati come comportamenti indicativi della volontà di sottrarsi a conseguenze penali più gravi di quelle legate al semplice consumo.

Gli Indici dello Spaccio

La Corte ha evidenziato come diversi elementi oggettivi, considerati nel loro insieme, deponessero a favore dell’ipotesi dello spaccio:

* Quantità e Qualità: Oltre 28 grammi di hashish con un principio attivo del 17,5% sono stati ritenuti significativi.
* Modalità di Occultamento: Nascondere gli ovuli nel water è una tecnica tipica di chi vuole disfarsi rapidamente della prova del reato.
* Mancata Dichiarazione di Uso Personale: L’imputato non ha mai affermato nell’immediatezza di essere un consumatore, un’argomentazione che, seppur non decisiva, viene considerata nel quadro generale.

Questi fattori, uniti alla presenza di numerosi precedenti penali e di una recidiva specifica, hanno reso la pena comminata, seppur vicina al minimo edittale, del tutto congrua.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza è emblematica per due ragioni. In primo luogo, riafferma un principio processuale fondamentale: i ricorsi ‘in fotocopia’ sono destinati all’inammissibilità. Per avere una possibilità di successo in Cassazione, è indispensabile formulare una critica precisa, tecnica e argomentata, che colpisca specifici passaggi logico-giuridici della sentenza impugnata. In secondo luogo, sul piano sostanziale, la decisione ribadisce che la distinzione tra uso personale e detenzione di droga ai fini di spaccio si basa su una valutazione globale di tutti gli indizi disponibili: la condotta dell’imputato, le modalità di conservazione, la quantità e la qualità della sostanza sono tutti tasselli di un mosaico che il giudice deve comporre per arrivare a una decisione motivata.

Perché il ricorso per detenzione di droga è stato dichiarato inammissibile?
Perché era una mera ripetizione dei motivi già presentati e respinti in appello, mancando della critica specifica e argomentata richiesta dalla legge per un valido ricorso in Cassazione.

Quali elementi hanno convinto i giudici che non si trattasse di uso personale?
Diversi elementi combinati: il tentativo dell’imputato di impedire la perquisizione e la sua successiva fuga, l’occultamento della droga nel water, la quantità (28.210g) e l’alta percentuale di principio attivo (17.5%), oltre al fatto che non ha dichiarato subito di essere un consumatore.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base alla sentenza e all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma pecuniaria a favore della Cassa delle ammende (in questo caso, tremila euro).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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