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Detenzione di droga: appello inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per detenzione di droga (marijuana). Il motivo principale del rigetto riguarda l’errato calcolo della prescrizione, che non teneva conto dei periodi di sospensione. Inoltre, la Corte ha confermato che la detenzione non era per uso personale, basandosi sulla quantità (circa 83 dosi), la suddivisione della sostanza e il possesso di un bilancino di precisione.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione di Droga: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26684/2024, ha fornito importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità di un ricorso e sui criteri per valutare la prescrizione nel reato di detenzione di droga. La pronuncia ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata, confermando la condanna emessa nei gradi di merito e ribadendo principi fondamentali sia in materia processuale che sostanziale.

Il Caso: Dalla Condanna in Appello al Ricorso in Cassazione

Il caso riguarda una persona condannata in primo e secondo grado per il reato di illecita detenzione di marijuana. La difesa ha proposto ricorso per cassazione basandosi su due principali motivi: l’avvenuta estinzione del reato per prescrizione e un vizio di motivazione riguardo all’affermazione di responsabilità, sostenendo che la sostanza fosse destinata all’uso personale e non allo spaccio.

La Questione della Prescrizione nella Detenzione di Droga

Il primo motivo di ricorso, relativo alla prescrizione, è stato ritenuto manifestamente infondato dalla Suprema Corte. La difesa, nel calcolare i termini, non aveva considerato un cruciale periodo di sospensione. Tra un’udienza del giugno 2019 e la successiva del dicembre 2019 erano trascorsi sei mesi e dodici giorni a causa di un rinvio richiesto dalla stessa difesa. Questo periodo di sospensione, come previsto dalla legge, deve essere sommato al termine massimo di prescrizione (in questo caso, sette anni e sei mesi dalla data del reato, 24/08/2015). Di conseguenza, al momento della sentenza di secondo grado (13/07/2023), il reato non era ancora prescritto.

I Criteri per Distinguere Uso Personale e Spaccio

Il secondo motivo di ricorso è stato giudicato meramente reiterativo delle argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ricordato che la destinazione allo spaccio, e non all’uso personale, era stata correttamente desunta da una serie di elementi oggettivi e concordanti. Nello specifico, i giudici di merito avevano valorizzato:

* Il quantitativo: La sostanza stupefacente (marijuana) era sufficiente per confezionare circa 83 dosi medie singole, una quantità ritenuta apprezzabile e non compatibile con un consumo puramente personale.
* Le modalità di conservazione: La droga era parzialmente già suddivisa in dosi.
* Il possesso di strumenti: L’imputata aveva la disponibilità di un bilancino di precisione, strumento tipicamente utilizzato per la pesatura e il confezionamento delle dosi da vendere.

Questi indizi, valutati nel loro complesso, hanno portato i giudici a escludere l’ipotesi dell’uso personale.

Le Motivazioni della Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha concluso che il ricorso non mirava a evidenziare vizi di legittimità della sentenza impugnata, ma a proporre una diversa e più favorevole interpretazione delle prove, un’attività che non è consentita in sede di legittimità. L’analisi del merito dei fatti è compito esclusivo dei giudici di primo e secondo grado. Quando un ricorso si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte, senza individuare specifici errori di diritto o vizi logici nella motivazione della sentenza d’appello, esso viene dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali. Primo, nel calcolo della prescrizione è essenziale tenere conto di tutti i periodi di sospensione, specialmente quelli derivanti da rinvii richiesti dalla difesa. Secondo, per distinguere tra uso personale e spaccio, i giudici devono basarsi su un’analisi complessiva di indizi oggettivi come la quantità di sostanza, le modalità di confezionamento e la presenza di strumenti idonei. Un ricorso in Cassazione che non affronta specifici vizi giuridici della sentenza, ma cerca solo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché il reato di detenzione di droga non è stato dichiarato prescritto in questo caso?
Il reato non è stato dichiarato prescritto perché nel calcolo dei termini non era stato considerato un periodo di sospensione di sei mesi e dodici giorni, causato da un rinvio d’udienza chiesto dalla difesa. Tale periodo, sommato al termine massimo, ha reso la sentenza di secondo grado tempestiva.

Quali elementi hanno convinto i giudici che la droga non fosse per uso personale?
I giudici hanno escluso l’uso personale basandosi su tre elementi principali: il quantitativo apprezzabile di sostanza (sufficiente per circa 83 dosi), la parziale suddivisione in dosi e la disponibilità di un bilancino di precisione.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle Ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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