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Detenzione di droga: appello inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per detenzione di droga. L’imputato sosteneva che la sostanza fosse per uso personale, ma la Corte ha stabilito che il ricorso non evidenziava manifeste illogicità nella sentenza precedente, che aveva già valutato la quantità e le modalità di detenzione. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione di Droga: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nel processo penale: il ricorso davanti alla Suprema Corte non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Il caso in esame riguarda una condanna per detenzione di droga, dove il ricorrente ha tentato, senza successo, di far valere la tesi dell’uso personale. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le ragioni della decisione.

Il Caso: Dalla Condanna in Appello al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte di Appello di Milano, che aveva confermato la responsabilità penale di un soggetto per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti. L’imputato, non accettando la condanna, ha proposto ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su un unico punto: la sostanza stupefacente in suo possesso era destinata esclusivamente all’uso personale e non allo spaccio.

La Decisione della Suprema Corte sulla detenzione di droga

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si fonda sulla natura stessa del giudizio di legittimità. La Suprema Corte, infatti, non ha il compito di riesaminare i fatti e le prove come farebbe un giudice di primo o secondo grado, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

La Tesi Difensiva dell’Uso Personale

Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non qualificare la sua condotta come detenzione per uso personale. Tuttavia, per far valere questo argomento in Cassazione, non è sufficiente riproporre semplicemente la propria versione dei fatti. È necessario dimostrare che la motivazione della sentenza d’appello sia viziata da ‘manifeste illogicità’, ovvero da contraddizioni palesi e insanabili nel ragionamento del giudice.

I Limiti del Ricorso in Cassazione

La Cassazione ha chiarito che il ricorso presentato si limitava a contrapporre una diversa interpretazione dei fatti a quella già motivatamente fornita dalla Corte di Appello. Quest’ultima, per affermare la responsabilità dell’imputato, aveva già considerato elementi cruciali come ‘la quantità di droga detenuta e le modalità della detezione’. Il ricorso, non riuscendo a scalfire la coerenza logica di tale valutazione, è risultato privo dei requisiti per essere accolto.

Le Motivazioni

La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nel principio secondo cui il ricorso per Cassazione non può essere una mera riproposizione delle argomentazioni già respinte nei gradi di merito. I giudici di legittimità hanno ritenuto che l’argomentazione difensiva fosse generica e non indicasse specifiche e palesi contraddizioni nel percorso logico seguito dalla Corte d’Appello. La sentenza impugnata aveva adeguatamente giustificato la propria decisione, rendendo l’appello alla Suprema Corte un tentativo infruttuoso di ottenere una nuova valutazione del merito.

Le Conclusioni

Questa pronuncia conferma che la distinzione tra detenzione di droga per spaccio e per uso personale è una questione di fatto, la cui valutazione è rimessa ai giudici di merito. Per contestare efficacemente tale valutazione in Cassazione, è indispensabile individuare e provare vizi logici gravi e manifesti nella sentenza, non bastando semplicemente riproporre la propria tesi difensiva. La conseguenza dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso per detenzione di droga è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il ricorrente si è limitato a sostenere che la droga fosse per uso personale, senza però dimostrare la presenza di ‘manifeste illogicità’ nel ragionamento della sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato.

Cosa significa che la motivazione della sentenza impugnata non presenta ‘manifeste illogicità’?
Significa che il ragionamento seguito dai giudici della Corte d’Appello per giungere alla condanna era coerente, logico e basato sugli elementi acquisiti, come la quantità di droga e le modalità di detenzione. Non presentava, quindi, errori logici evidenti che potessero giustificare un annullamento da parte della Cassazione.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del suo ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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