Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35891 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35891 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 03/10/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nata a RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 12/12/2024 RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di Bari Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Preso atto che il Pubblico ministero, in persona del Sostituto AVV_NOTAIO generale, NOME COGNOME, all’esito di trattazione scritta, ha depositato l’atto di requisitoria e ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso con l’adozione dei provvedimenti consequenziali;
Preso atto che l’AVV_NOTAIO, difensore di NOME, ha depositato memoria con cui ha concluso riportandosi alle conclusioni di cui all’atto di impugnazione chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, emessa il 12 dicembre 2024, la Corte di appello di Bari ha parzialmente riformato la decisione resa, a seguito di giudizio abbreviato, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari il 14 dicembre 2023, con cui NOME COGNOME imputata, in concorso con NOME COGNOME (per il quale si Ł proceduto separatamente), in ordine ai delitti di cui agli artt. 648 cod. pen., 23, comma 1, n. 2), e comma 3, legge 18 aprile 1975, n. 110 (capo A) e dei delitti di cui agli artt. 337, 582, primo e secondo comma, e 585 (capo B) a lei contestati come commessi in RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, in data 15 aprile 2023 – era stata dichiarata colpevole dei reati a lei ascritti, avvinti in continuazione, e, operata la riduzione per il rito, era stata condannata alla pena di anni quattro, mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e custodiali, con l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque e la confisca di quanto in sequestro.
Appellata la sentenza di primo grado dall’imputata, la Corte di appello di Bari ha, con l’indicata decisione, ridotto la pena inflitta a NOME COGNOME ad anni quattro, mesi due, giorni venti di reclusione, in ragione dell’errore di calcolo evidenziato dal difensore nell’appello, rilievo condiviso dal AVV_NOTAIO generale territoriale nelle sue conclusioni, e ha confermato nel resto la decisione di primo grado.
1.1. Secondo la concorde ricostruzione esposta nelle sentenze di merito, la vicenda, accaduta in RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE in data 15 aprile 2023, aveva visto l’accertamento del fatto che
NOME COGNOME, in concorso con il figlio NOME COGNOME, era in possesso di una pistola, marca Beretta, mod. TARGA_VEICOLO, cal. 9 corto, con brunitura nera e matricola abrasa, completa di caricatore bifilare inserito, contenente sette cartucce cal. TARGA_VEICOLO AUTO, perfettamente funzionante.
¨ risultato pacifico che l’arma clandestina, quando era stata rinvenuta, fosse detenuta nell’abitazione comune di COGNOME e COGNOME, atteso che COGNOME era stato fermato con l’arma addosso subito dopo essere uscito dalla predetta abitazione. Inoltre, il vano tentativo, messo in atto in modo del tutto palese da NOME di sottrarre l’arma dalla tasca del giubbotto del figlio per scongiurarne il ritrovamento da parte delle forze dell’ordine, Ł stato spiegato proprio in ragione RAGIONE_SOCIALE comune detenzione RAGIONE_SOCIALE stessa all’interno dell’abitazione.
Dalla condotta posta in essere dall’imputata Ł stato evinto il rilievo dell’accertamento ictu oculi , non solo RAGIONE_SOCIALE piena consapevolezza RAGIONE_SOCIALE detenzione da parte sua dell’arma clandestina, ma altresì del fatto che la stessa era stata portata al di fuori dell’abitazione dal figlio, verosimilmente al fine di utilizzarla lui stesso, ovvero di consegnarla a terzi.
Si Ł ritenuto, altresì, configurabile il delitto di ricettazione in concorso, in relazione all’acquisizione RAGIONE_SOCIALE disponibilità dell’arma di provenienza delittuosa.
I giudici del merito hanno considerato acclarato, in aggiunta, che l’imputata aveva usato violenza e minaccia per opporsi ai pubblici ufficiali in servizio presso il RAGIONE_SOCIALE mentre essi erano intenti ad adempiere alle loro funzioni, specificamente nel momento in cui stavano procedendo all’identificazione e alla conseguente perquisizione personale di COGNOME: nel momento in cui il personale di polizia giudiziaria aveva fermato COGNOME per il fatto di essere uscito con fare sospetto da una palazzina in cui detto personale aveva avuto motivo di ritenere che fossero detenute armi e droga, NOME COGNOME si era avvicinata speditamente al figlio e, oltre a impadronirsi dell’arma, aveva inveito contro i militari, poi scagliandosi contro di loro, minacciandoli gravemente e colpendoli con calci e pugni assieme al figlio.
1.2. La Corte di appello, ponendosi nel solco suindicato, ha considerato acclarata l’emersione RAGIONE_SOCIALE prova piena RAGIONE_SOCIALE responsabilità dell’imputata in ordine a tutti i reati a lei ascritti, in ragione dell’assoluta fondatezza annessa all’accusa mossa nei suoi confronti.
Quanto alla dosimetria RAGIONE_SOCIALE pena espressa nella sentenza di primo grado, pure ritenuta nel resto da condividere, compresa l’applicazione RAGIONE_SOCIALE recidiva, i giudici di appello hanno rilevato, tuttavia, l’errore di calcolo denunciato dalla difesa nel computo operato dal primo giudice e hanno, in corrispondenza, ridotto la pena nei sensi già esposti.
Avverso la sentenza emessa in grado di appello ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME, sviluppando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo la difesa lamenta il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità dell’imputata per i reati a lei ascritti.
In tal senso, si censurano le conclusioni cui Ł pervenuta la Corte di appello, ritenendole frutto di un sillogismo errato e meramente ipotetico, in base al quale Ł stata affermata tale responsabilità.
Alla stregua RAGIONE_SOCIALE ricostruzione operata dalla polizia giudiziaria e avallata nelle sentenze di merito, la ricorrente, avendo sfilato l’arma dalla tasca del giubbotto del figlio, ne avrebbe avuto in precedenza la disponibilità.
Tale ricostruzione, secondo le argomentazioni difensive, Ł apodittica e indimostrata, atteso che dagli atti di causa non emerge la prova certa che la ricorrente avesse avuto in precedenza la disponibilità dell’arma o che l’avesse maneggiata, potendo questa ben essere stata nella disponibilità di terzi che l’avrebbero poi consegnata al figlio.
Parimenti, non risulta provato, per la difesa, che l’arma fosse detenuta all’interno dell’abitazione di NOME, potendo la stessa essa essere detenuta in altri luoghi non nella disponibilità dell’imputata: questi rilievi difensivi – si evidenzia – non sono stati smentiti dalla Corte territoriale, che si Ł limitata ad affermare che non Ł rilevante quale fosse il luogo pregresso di custodia e detenzione dell’arma, sebbene sia presumibile che la stessa fosse già in possesso dei due indicati soggetti.
Alla stessa stregua, si sostiene che Ł mancata qualsiasi prova che l’arma fosse stata materialmente ceduta dall’imputata al figlio, non essendo state rinvenute tracce biologiche o impronte riconducibili a quest’ultima.
Inoltre, poichØ la Corte di appello ha attribuito particolare rilievo a quanto era avvenuto in occasione dell’arresto in flagranza, la difesa sottolinea che la mera apprensione dell’arma in tale frangente non renderebbe l’imputata punibile per il reato di cui all’art. 23, primo comma, n. 2, e terzo comma, legge n. 110 del 1975: al piø, valorizzando esclusivamente tale frangente temporale, sarebbe stato possibile configurare l’ipotesi di porto di cui al quarto comma RAGIONE_SOCIALE suddetta norma, sebbene fosse stato necessario accertare un minimo di permanenza del rapporto materiale con l’arma anche per poter prevenire a tale conclusione.
Con riferimento alla ricettazione, per la difesa, difetta la prova che l’imputata avesse mai acquistato, ricevuto od occultato l’arma, nØ che la stessa sapesse RAGIONE_SOCIALE sua esistenza prima che l’arma entrasse nella disponibilità del figlio: l’illogicità RAGIONE_SOCIALE motivazione risiederebbe nel fatto che, valorizzando l’arresto in flagranza per affermare la responsabilità ex art. 23, primo comma, n. 2, e terzo comma, legge n. 110 del 1975, non residua spazio per la contestazione ex art. 648 cod. pen.
La prospettazione difensiva Ł nel senso che la condotta dell’imputata dovrebbe essere ricondotta nell’alveo del favoreggiamento personale, avendo NOME COGNOME prestato aiuto al figlio successivamente alla consumazione dei reati commessi da quest’ultimo, con il fine di eludere le investigazioni dell’autorità procedente, senza tuttavia concorrere con quest’ultimo nei reati stessi.
2.2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la carenza RAGIONE_SOCIALE motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata con riferimento alla quantificazione RAGIONE_SOCIALE pena.
Alla stregua delle argomentazioni difensive, l’obbligo motivazionale gravante sui giudici dell’impugnazione non potrebbe ritenersi assolto con il mero richiamo al provvedimento del Giudice dell’udienza preliminare: sarebbe stato, invece, necessario l’esame puntuale le singole censure mosse con l’atto di gravame e che la Corte di merito desse, poi, conto delle ragioni alla base del relativo rigetto.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta il vizio di motivazione nella parte in cui la Corte di appello, nel confermare la sussistenza RAGIONE_SOCIALE circostanza aggravante RAGIONE_SOCIALE recidiva reiterata, ha ritenuto di desumere la maggiore pericolosità sociale dell’imputata sia dalla pluralità di precedenti per reati contro il patrimonio, sia dalla disponibilità dell’arma sottoposta a sequestro, ritenuta suscettibile di impiego in tale tipologia di reati.
La difesa sostiene che la motivazione Ł carente nella misura in cui non sono stati considerati gli elementi fattuali e i criteri di valutazione RAGIONE_SOCIALE pericolosità sociale, come enunciati dall’elaborazione interpretativa, anche giurisprudenziale: la Corte territoriale si Ł limitata a una motivazione laconica e apodittica, affermando che la presenza di un’arma può essere utilizzata anche nei reati contro il patrimonio, senza tuttavia prendere in considerazione gli elementi di segno positivo dedotti dalla difesa nell’atto di appello.
Al riguardo, si evidenzia che l’imputata era stata ritenuta meritevole RAGIONE_SOCIALE sospensione condizionale RAGIONE_SOCIALE pena per tre reati contro il patrimonio risalenti all’estate del 2011 ed era
stata destinataria di altra pronuncia di non luogo a procedere per particolare tenuità del fatto per condotte dell’ottobre del 2012.
2.4. Il quarto motivo censura la motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il diniego opposto in merito dalla Corte territoriale, fondato sull’asserita assenza di elementi di fatto da cui poter inferire la meritevolezza delle invocate attenuanti, si pone, per la ricorrente, in contrasto con quanto era stato dedotto nell’atto di appello, in cui risultavano puntualmente evidenziati molteplici elementi dai quali sarebbe stata desumibile la meritevolezza delle citate attenuanti.
Il AVV_NOTAIO generale, con requisitoria scritta, conseguente alla corrispondente forma di trattazione, ha concluso per il rigetto del ricorso, rilevando come la motivazione censurata dal ricorrente risulti immune dai vizi prospettati; in particolare, si evidenzia che il primo motivo si limita a contestare in modo solo assertivo le valutazioni operate dai giudici di merito, con conforme valutazione, prospettando una diversa e indimostrata alternativa ricostruzione dei fatti.
Il difensore RAGIONE_SOCIALE ricorrente ha depositato memoria con cui ha rassegnato le conclusioni riportandosi alle deduzioni svolte con l’atto di impugnazione e chiedendone l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione Ł, nel suo complesso, priva di fondamento giuridico.
¨ infondato il ricorso che denuncia il vizio di motivazione e la violazione di legge in ordine alla sussistenza del reato di concorso nella detenzione dell’arma, risultata clandestina, e nella ricettazione RAGIONE_SOCIALE stessa.
L’argomentazione difensiva, incentrata sull’asserito errore logico commesso dalla Corte territoriale, omette di confrontarsi con il complessivo accertamento fattuale e con la valutazione fattane dai giudici di merito, come emergente dalla lettura coordinata delle due sentenze, conformi sul tema.
2.1. Si muove, per vero, dal principio di diritto, in varia misura già declinato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale integra un’ipotesi di concorso di persone nel delitto di illecita detenzione di armi la condotta di chi, consapevole RAGIONE_SOCIALE presenza di esse nell’abitazione che condivide con il loro proprietario, nulla faccia per rimuovere tale situazione antigiuridica, pur se di tali armi, inizialmente custodite od occultate a sua insaputa nel locale di sua proprietà o da lui gestito, egli sia venuto poi a conoscenza, volontariamente consentendo il prosieguo in loco RAGIONE_SOCIALE loro custodia e non attivandosi per far cessare il rapporto con le armi da lui instaurato, avendo così manifestato una consapevole e volontaria condivisione di condotta con il proprietario del materiale illecitamente detenuto, al pari di chi tenga un comportamento finalizzato a protrarne gli effetti e abbia accettato una situazione di fatto tale da poter, comunque, in qualsiasi momento, disporre anche autonomamente delle armi (Sez. 1, n. 12308 del 14/02/2020, COGNOME, Rv. 278698 – 01; Sez. 6, n. 46303 del 04/11/2014, COGNOME, Rv. 261016 – 01).
Assodata tale base, non risulta illogica la complessiva trama argomentativa intessuta dai giudici del merito lì dove sono pervenuti all’affermazione RAGIONE_SOCIALE penale responsabilità dell’imputata.
¨ stato, infatti, accertato che NOME COGNOME aveva dimostrato, con il proprio comportamento, di essere perfettamente a conoscenza RAGIONE_SOCIALE presenza RAGIONE_SOCIALE pistola clandestina collocata all’interno RAGIONE_SOCIALE propria abitazione, soltanto in tale chiave essendo
logicamente spiegabile, secondo la dettagliata ricostruzione esposta, la condotta posta in essere dall’imputata, con atti univocamente finalizzati a recuperare e protrarre l’antigiuridica detenzione RAGIONE_SOCIALE pistola, nella cui flagranza gli operanti avevano sorpreso il di lei figlio NOME COGNOME, a supporto del quale – ma non per una mera intenzione di protezione del congiunto, bensì – con il chiaro scopo, messo in pratica, di recuperare la disponibilità dell’arma l’imputata si era violentemente attivata.
Secondo quanto Ł stato precisato nella sentenza di primo grado, a cui si Ł richiamata la decisione impugnata, il verbale di arresto in flagranza ha reso chiaro che l’imputata, proprio in quanto perfettamente a conoscenza del possesso dell’arma da parte del figlio, quando si era resa conto che COGNOME stava per essere sottoposto a controllo da parte dei RAGIONE_SOCIALE, si era diretta verso il medesimo scavalcando il muretto di recinzione delle palazzine e ignorando l’espresso ordine dei Militari di fermarsi e anzi intimando loro di non ostacolarla (‘A me mi dovete lasciar perdere, Maresciallo’); indi, aveva spintonato violentemente i RAGIONE_SOCIALE, aveva impedito loro di continuare le operazioni di perquisizione nei confronti di COGNOME e aveva estratto a colpo sicuro la pistola, che era avvolta da un panno, dalla tasca del giubbotto del congiunto, repentinamente impossessandosi dell’arma e tentando di allontanarsi.
Inoltre, l’imputata, nell’immediato prosieguo, essendosi doverosamente i Militari attivati per fermarla, aveva compiuto gli atti di resistenza pure accertati e in relazione ai quali ella non ha proposto impugnazione, atti che erano consistiti, oltre che in calci e pugni, anche nell’afferrare per il giubbotto il Maresciallo COGNOME e nel profferire al suo indirizzo, fra le altre, la seguente, non irrilevante, espressione: ‘A te, devo prendere la pistola e ti devo sparare in testa (…)’.
Il complessivo comportamento di NOME COGNOME, contrassegnato in particolare dalle azioni richiamate, Ł stato considerato – con argomenti congrui e non privi di consecutio logica, in relazione alla loro oggettiva portata – come univocamente sintomatici, non del mero impossessamento postumo dell’arma, finalizzato alla sua sottrazione al sequestro, ma al consapevole quanto disperato recupero RAGIONE_SOCIALE sua disponibilità, messa in crisi dalla perquisizione a sorpresa organizzata dai RAGIONE_SOCIALE nei confronti di COGNOME non appena questi era uscito dall’abitazione RAGIONE_SOCIALE madre con indosso la pistola, con il caricatore armato e con il colpo in canna, occultata nel panno: possesso del quale ella si era così dimostrata, non soltanto pienamente consapevole, ma primariamente interessata a perpetuarlo, fino a tentarne il recupero con la descritta, gravissima, oltre che molto pericolosa, progressione antigiuridica accuratamente descritta nella prima decisione.
¨ in tale dettagliato quadro che la Corte territoriale ha – sia pure in modo così sintetico da apparire lapidario, ma avvalendosi proficuamente dell’accurata analisi espressa dal primo giudice – confermato la valutazione secondo la quale la condotta di NOME COGNOME si era caratterizzata per atti univocamente confermativi RAGIONE_SOCIALE sua pregressa codetenzione dell’arma, appena uscita dall’abitazione in modo studiatamente occultato, in posizione priva di sicura e con il colpo in canna, quando la stessa si era precipitata a recuperarla a ogni costo, fino a opporsi in modo minatorio e violento all’operato dei RAGIONE_SOCIALE.
2.2. Acclarati questi dati, i giudici di appello non hanno decampato dal consolidato orientamento per il quale, ai fini RAGIONE_SOCIALE configurabilità del concorso in detenzione o porto illegale di armi, Ł necessario che ciascuno dei compartecipi abbia la disponibilità materiale di esse e si trovi, pertanto, in una situazione di fatto tale per cui possa, comunque, in qualsiasi momento, disporne (Sez. 1, n. 6796 del 22/01/2019, Susino, Rv. 274806 – 01).
Alla stregua delle indicazioni richiamate – non scalfite dalle argomentazioni opposte
dalla ricorrente nel primo motivo – RAGIONE_SOCIALE, già pregressa rispetto alla fase direttamente percepita dai RAGIONE_SOCIALE, disponibilità materiale RAGIONE_SOCIALE pistola anche da parte di NOME COGNOME i giudici del merito hanno rinvenuto adeguato sostegno probatorio nelle connotazioni RAGIONE_SOCIALE situazione concreta (connotata dalla certa uscita dell’arma indosso al figlio dall’abitazione dell’imputata nelle condizioni di protezione e di uso suindicate) e soprattutto nel suo eclatante comportamento, adeguatamente e linearmente spiegato proprio con la precedente, diretta disponibilità dell’arma anche da parte dell’imputata, la quale, in virtø del chiaro atteggiamento successivo, si era dimostrata sua codetentrice, dato che ella, non soltanto non aveva respinto tale disponibilità, ma si era attivata in modo eclatante, oltre che apertamente criminoso, per recuperarla e conservarla.
La motivazione offerta, in via diretta e in via mediata, nella sentenza impugnata, siccome si profila congrua e non manifestamente illogica, resiste pertanto alle obiezioni, sostanzialmente reinterpretative delle evidenze probatorie, prospettate dalla difesa, in quanto esse muovono dall’assunto che non Ł stato accertato il minimum di permanenza del rapporto materiale dell’imputata con l’arma, così obliterando le argomentazioni espresse dai giudici di merito per ritenere solidamente collegato il comportamento apertamente tenuto da COGNOME con la sua pregressa e concorrente disponibilità RAGIONE_SOCIALE pistola, prima che essa uscisse, portata dal figlio, dalla di lei abitazione.
Posto quanto precede, deve aggiungersi che si mostra rivalutativa, in modo non ammissibile, la proposta di inquadrare la condotta dell’imputata quale quella RAGIONE_SOCIALE favoreggiatrice: essa, per come accertata, infatti, Ł risultata oggettivamente eccedente il comportamento del soggetto favoreggiatore (al di là di ogni rilievo sulla punibilità o meno di una siffatta violazione, come ascritta alla madre del soggetto prospettato come favorito): il favoreggiamento personale di cui all’art. 378 cod. pen., invero, si concreta soltanto al di fuori del concorso del soggetto nella commissione del delitto.
2.3. Atteso l’accertamento, non passibile di censura, RAGIONE_SOCIALE codetenzione dell’arma clandestina da parte di NOME COGNOME, la Corte di appello ha fatto seguire, in modo giuridicamente corretto, anche l’affermazione RAGIONE_SOCIALE responsabilità dell’imputata in ordine al concorso nel delitto di ricettazione RAGIONE_SOCIALE pistola.
Pertinente si palesa, in proposito, il richiamo all’indirizzo ermeneutico secondo cui il possesso di un’arma clandestina integra di per sØ la prova del delitto di ricettazione, poichØ l’abrasione RAGIONE_SOCIALE matricola, che priva l’arma medesima di numero e dei contrassegni di cui all’art. 11 legge 18 aprile 1975, n. 110, essendo chiaramente finalizzata a impedirne l’identificazione, dimostra, in mancanza di elementi contrari, il proposito di occultamento da parte del possessore, in uno alla sua consapevolezza RAGIONE_SOCIALE provenienza illecita dell’arma, in tal senso essendo consolidato e meritevole di essere condiviso l’orientamento esegetico affermatosi in sede di legittimità (Sez. 1, n. 37016 del 28/05/2019, COGNOME, Rv. 276868 – 01; Sez. 1, n. 39223 del 26/02/2014, COGNOME, Rv. 260347 – 01; Sez. 2, n. 33581 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 245229 – 01; Sez. 2, n. 39648 del 23/03/2004, COGNOME, Rv. 230051 – 01).
Elementi contrari a tale inquadramento non risultano essere emersi nel caso in esame.
2.4. La prima doglianza va, pertanto, disattesa nel suo insieme.
Per ciò che concerne la questione posta con il secondo motivo, la deduzione contestativa articolata dalla ricorrente in ordine alla lamentata carenza di motivazione sulla quantificazione RAGIONE_SOCIALE pena omette di confrontarsi con gli effetti derivanti dalla presenza di sentenze conformi nei due gradi di merito, le quali, anche per tale parte, non possono che essere lette congiuntamente.
Si ribadisce che, ai fini del controllo di legittimità sul vizio dimotivazione, ricorre la doppiaconforme quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale. (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 – 01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, NOME, Rv. 252615 – 01).
Orbene, alla luce RAGIONE_SOCIALE doverosa lettura unitaria delle pronunce di merito, non si riscontra la lamentata lacuna argomentativa in ordine alla determinazione RAGIONE_SOCIALE pena, essendo stata la stessa commisurata sulla scorta di precisi indici ricompresi fra quelli stabiliti dall’art. 133 cod. pen., ossia in base alla verificata intensità del dolo, alle modalità particolarmente gravi RAGIONE_SOCIALE condotta – segnatamente alla pericolosità dell’arma clandestina detenuta, pronta all’uso e con sicura disinserita – nonchØ alla spiccata capacità a delinquere manifestata dall’imputata con riguardo all’intera gamma delle violazioni RAGIONE_SOCIALE legge penale commesse nell’episodio oggetto di processo.
Era stata la ponderata valutazione di tali rilevanti indici che aveva sorretto la scelta compiuta dal primo giudice di discostarsi dal minimo edittale, con la contestuale precisazione che non si era superata, nella relativa scelta, la media edittale.
I giudici di appello – recependo il ragionamento svolto nella sentenza di primo grado, salvo a emendarne il computo in melius per correggere l’errore di calcolo in cui era incorso il Giudice dell’udienza preliminare nell’aggiungere alla pena base l’aumento per la recidiva (che era stato fissato, nel rispetto dell’art. 99, ultimo comma, cod. pen., in mesi quattordici di reclusione, ma di fatto aveva dato luogo a un incremento di mesi sedici di reclusione, con un surplus indebito di pena correttamente eliso dalla sentenza impugnata) – non hanno prestato supina adesione all’opzione dosimetrica espressa nella prima decisione, ma hanno, in modo tanto sintetico quanto chiaro, confermato tale opzione dopo aver preso atto che con l’atto di appello la difesa, sulla questione, si era limitata a contestare la rilevanza di due parametri, ossia la gravità del reato e la capacità a delinquere dell’imputata, con argomentazioni (quali, fra le altre, la mancata emersione di tracce dattiloscopiche dell’imputata sull’arma o l’avere ella agito sostanzialmente per istinto materno) apertamente superate dal complessivo tessuto giustificativo di entrambe le sentenze di merito.
Attesa, quindi, l’evidente carenza di consistenza degli argomenti addotti dalla parte appellante sul tema RAGIONE_SOCIALE determinazione RAGIONE_SOCIALE pena, la Corte territoriale ha potuto rifarsi alla quantificazione sanzionatoria, debitamente emendata, esitata dal primi grado senza incorrere in omissioni motivazionali influenti, in forza, d’altronde, del principio per cui non Ł necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto RAGIONE_SOCIALE media edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01).
Dalle considerazioni che precedono discende, in definitiva, l’infondatezza RAGIONE_SOCIALE doglianza in esame.
Trascorrendo alla disamina del terzo motivo, la difesa ha lamentato la carenza motivazionale del provvedimento impugnato in relazione agli elementi fattuali da cui Ł stata inferita la maggiore pericolosità sociale dell’imputata, presupposto del riconoscimento RAGIONE_SOCIALE recidiva, ritenuta con riferimento a quella reiterata.
¨ opportuno rimarcare, quanto al presupposto generale di applicazione RAGIONE_SOCIALE recidiva reiterata contestata nel giudizio di cognizione, come, ai fini RAGIONE_SOCIALE relativa applicazione, sia
necessario e sufficiente che, al momento RAGIONE_SOCIALE consumazione del reato, l’imputato risulti gravato da piø sentenze definitive per reati precedentemente commessi ed espressivi di una maggiore pericolosità sociale, oggetto di specifica e adeguata motivazione, senza la necessità di una previa dichiarazione di recidiva semplice (Sez. U, n. 32318 del 30/03/2023, COGNOME, Rv. 284878 – 01).
¨ del pari utile evidenziare che, in presenza RAGIONE_SOCIALE contestazione RAGIONE_SOCIALE recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’art. 99 cod. pen., Ł compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito risulti essere il sintomo effettivo di riprovevolezza RAGIONE_SOCIALE condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità RAGIONE_SOCIALE ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo RAGIONE_SOCIALE personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, CalibŁ, Rv. 247838 – 01).
Posta questa corretta prospettiva, alla luce RAGIONE_SOCIALE lettura congiunta delle due sentenze di merito, non si ravvisa il vizio prospettato, avendo in particolare la sentenza di primo grado illustrato in modo puntuale le ragioni che hanno giustificato l’applicazione dell’aggravante in questione, senza che nell’atto di appello fossero state esposte deduzioni idonee a contrastarne l’approdo.
In particolare, era stata evidenziata dal primo giudice l’ingravescente pericolosità sociale manifestata da NOME, pregiudicata già recidiva ed era stata riconosciuta la recidiva reiterata, anche nella sua forma specifica, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE spiccata proclività al delitto mostrata dall’imputata, RAGIONE_SOCIALE sua insensibilità al monito costituito dalle precedenti condanne e RAGIONE_SOCIALE pericolosità, incrementata, desumibile dalla perpetrazione RAGIONE_SOCIALE serie criminosa oggetto di processo, nel corso RAGIONE_SOCIALE quale – secondo l’incensurabile accertamento di merito – era emerso il gravissimo comportamento integrato dall’imputata, oppostasi violentemente all’attività RAGIONE_SOCIALE polizia giudiziaria e attivatasi in modo patente per recuperare l’arma clandestina e sottrarla al sequestro, fino a provocare lesioni personali agli operanti.
NØ consta sia stata considerata, fra i precedenti penali rilevanti, la decisione, citata dalla ricorrente, che l’aveva assolta dichiarando la sua non punibilità per la particolare tenuità del fatto.
Per il resto, il fatto che ella fosse stata ritenuta, per alcuni dei reati in precedenza commessi, meritevole RAGIONE_SOCIALE sospensione condizionale RAGIONE_SOCIALE pena inflitta non esonerava i giudici di merito dal tenerne conto ai presenti fini: invero, la stessa estinzione del reato a seguito RAGIONE_SOCIALE sospensione condizionale RAGIONE_SOCIALE pena non elimina gli effetti penali RAGIONE_SOCIALE condanna, RAGIONE_SOCIALE quale deve, pertanto, tenersi conto ai fini RAGIONE_SOCIALE recidiva (Sez. 3, n. 5412 del 25/10/2019, M., dep. 2020, Rv. 278575 – 01).
Anche questo motivo risulta, dunque, da disattendersi.
5. In relazione al quarto motivo, concernente la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, la decisione impugnata si rivela immune dai vizi denunziati.
La Corte territoriale ha infatti motivato, seppur in forma sintetica, in ordine all’assenza di elementi idonei a fondare un giudizio di meritevolezza delle invocate attenuanti. Gli elementi valorizzati dalla difesa nell’atto di appello, dai quali si sarebbe potuto desumere tale meritevolezza, sono stati pertanto esaminati e disattesi RAGIONE_SOCIALE Corte di appello, nell’esercizio del proprio legittimo potere discrezionale: invero, la concisa motivazione con cui la Corte di appello ha negato le circostanze attenuanti generiche, esaminata congiuntamente a quella
resa dalla sentenza di primo grado (con riferimento al rilievo dei pregiudizi penali, alla mancanza di alcun comportamento collaborativo, alla carenza di suoi segnali di resipiscente, all’emersione RAGIONE_SOCIALE sua personalità particolarmente spregiudicata), ha adeguatamente reso espressi i fattori ostativi al riconoscimento delle suddette attenuanti, in particolare ribadendo esplicitamente la valenza ostativa dell’intrinseca gravità RAGIONE_SOCIALE vicenda antigiuridica in cui, ancora una volta, era incorsa l’imputata.
Si ricorda che il riconoscimento o meno delleattenuantigeneriche, secondo principio consolidato,rientra nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alladiscrezionalitàdel giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento RAGIONE_SOCIALE pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (fra le molte, Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, Straface, Rv. 248737 – 01).
In tale prospettiva, va riaffermato il principio di diritto secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto RAGIONE_SOCIALE quale, ai fini RAGIONE_SOCIALE concessione RAGIONE_SOCIALE diminuente, non Ł piø sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986 – 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260610).
E’ vero, poi, che a seguito RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale n. 182 del 2011 rientra tra gli elementi di cui il giudice deve tener conto, secondo i criteri dell’art. 133 cod. pen., anche la condotta positiva del condannato successiva al reato. Ciò non toglie, tuttavia, che, da un lato, per il giudice di merito sia, in via di principio, possibile escluderne, sulla scorta del giudizio di fatto che Ł proprio RAGIONE_SOCIALE sua delibazione, il rilievo con motivazione fondata su altre, preponderanti, ragioni RAGIONE_SOCIALE decisione con motivazione che non Ł sindacabile in sede di legittimità, se non risulta contraddittoria (Sez. 3, n. 1913 del 20/12/2018, dep. 2019, Carillo, Rv. 275509 -03), e che, dall’altro, nel caso concreto, era stato espressamente segnalato già nella prima decisione che nessun tangibile dato era emerso su tale versante: constatazione rimasta insuperata.
NØ appare censurabile la valutazione operata dai giudici del merito di non attribuire valenza decisiva agli elementi segnalati dalla difesa: sull’argomento, il giudice ha espresso un giudizio di fatto, la cui motivazione resta insindacabile in sede di legittimità, purchØ sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., stimati preponderanti ai fini RAGIONE_SOCIALE concessione o dell’esclusione (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 – 01).
Alla stregua di questi principi, la valutazione operata dai giudici di appello resta insuperata e le deduzioni RAGIONE_SOCIALE ricorrente risultano prive di fondamento.
Corollario delle considerazioni fin qui svolte Ł, in definitiva, il rigetto del ricorso.
A tale statuizione segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 03/10/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME