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Detenzione banconote false: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per detenzione banconote false nei confronti di un individuo trovato in possesso di 9 banconote contraffatte da 20 euro. La Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo provato il dolo specifico di messa in circolazione sulla base di vari indizi, tra cui la detenzione separata del denaro falso da una cospicua somma di denaro autentico. Sono state escluse sia la particolare tenuità del fatto, a causa dei precedenti penali e del disvalore della condotta, sia le attenuanti generiche.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione di Banconote False: Analisi di una Recente Sentenza della Cassazione

La detenzione banconote false è un reato che mira a tutelare la fede pubblica e la stabilità della circolazione monetaria. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 19110/2025, offre importanti chiarimenti su come la giustizia valuta gli elementi necessari per una condanna, come l’intenzione di spendere il denaro e le circostanze che possono escludere sconti di pena. Analizziamo insieme questo caso per capire quali sono i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: Oltre la Semplice Detenzione

Il caso riguarda un uomo condannato per il reato previsto dall’art. 455 del codice penale. Durante una perquisizione, l’imputato è stato trovato in possesso di nove banconote contraffatte da 20 euro, per un totale di 180 euro. L’aspetto cruciale non era solo il possesso, ma le circostanze del ritrovamento: le banconote false erano state accuratamente separate da una somma molto ingente di denaro autentico (oltre 13.000 euro), conservato in rotoli in vari punti dell’abitazione. Inoltre, l’imputato possedeva più telefoni cellulari, uno dei quali si era rifiutato di sbloccare fornendo il PIN.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia il Giudice per le indagini preliminari che la Corte di Appello di Brescia avevano ritenuto l’uomo colpevole. In particolare, la Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado, limitandosi a riformare la pena escludendo l’istituto della continuazione, ma ribadendo la responsabilità penale per la detenzione delle banconote contraffatte al fine di metterle in circolazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Mancanza del dolo specifico: La difesa sosteneva che non vi fossero prove sufficienti della volontà di spendere le banconote false. Anzi, il fatto di averle separate dal denaro vero dimostrerebbe l’intenzione opposta, ovvero quella di custodirle per non metterle in circolazione.
2. Particolare tenuità del fatto: Si richiedeva l’assoluzione per la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), data l’esigua somma contraffatta (180 euro) e la lontananza nel tempo di precedenti penali specifici.
3. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, valorizzando un presunto comportamento collaborativo e la non gravità dei precedenti penali.

La Valutazione della Cassazione sulla Detenzione Banconote False

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettando tutte le doglianze della difesa e confermando la condanna. Vediamo nel dettaglio il ragionamento seguito dai giudici per ogni punto.

Il Dolo Specifico di Messa in Circolazione

La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse logica e coerente. L’intenzione di mettere in circolazione il denaro (il cosiddetto dolo specifico) è stata desunta da una serie di elementi indiziari convergenti:
– Il numero non irrilevante di banconote (nove).
– Le modalità di conservazione: tenerle separate dal denaro autentico non è stato interpretato come una cautela, ma come una strategia per gestire e utilizzare le banconote false in modo mirato.
– La detenzione di una pluralità di cellulari, di cui uno bloccato, che suggerisce un’attività non trasparente.
– La mancanza di una spiegazione plausibile e documentata sull’origine di quel denaro.

In sostanza, la Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di controllare la logicità della motivazione del giudice di merito, che in questo caso è stata ritenuta ineccepibile.

L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

Anche il secondo motivo è stato respinto. I giudici hanno sottolineato che, per applicare l’art. 131-bis c.p., l’offesa deve essere minima e il comportamento occasionale. In questo caso, sono emersi elementi di “cospicuo disvalore”:
– Il contesto del ritrovamento, insieme a una grande quantità di denaro contante, indicava un’attività potenzialmente illecita.
– Il comportamento non occasionale, dedotto anche dai precedenti penali dell’imputato, tra cui reati di falso documentale.

La Corte ha specificato che la non occasionalità e il disvalore complessivo della condotta impedivano di qualificare il fatto come di particolare tenuità, nonostante l’importo contraffatto non fosse elevatissimo.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Infine, la richiesta di attenuanti generiche è stata giudicata inammissibile. La valutazione sulla concessione di tali benefici rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. La Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato il diniego sulla base della “personalità delinquenziale” dell’imputato, desunta sia dal suo comportamento non collaborativo durante la perquisizione (rifiuto di fornire il PIN) sia dai precedenti penali. Secondo la giurisprudenza consolidata, è sufficiente che il giudice si concentri su un solo elemento negativo (come i precedenti specifici o la personalità) per negare le attenuanti, senza dover analizzare ogni singolo aspetto favorevole prospettato dalla difesa.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione sul principio della “doppia conforme”, ovvero la presenza di due sentenze di merito che giungono a conclusioni identiche sulla base di una valutazione concorde delle prove. In tali casi, il controllo di legittimità si limita a verificare la coerenza logica e giuridica del percorso argomentativo, senza poter entrare nel merito di una diversa interpretazione dei fatti. I giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una giustificazione solida e priva di vizi logici, rispondendo puntualmente a tutte le censure mosse dalla difesa. La motivazione è stata considerata completa, corretta e immune da censure, in quanto ha evidenziato come tutti gli indizi raccolti convergessero univocamente verso la colpevolezza dell’imputato e la sussistenza del dolo specifico richiesto per la detenzione banconote false.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce alcuni principi fondamentali in materia di reati legati alla falsificazione di monete. In primo luogo, la prova dell’intenzione di spendere denaro falso può essere raggiunta anche attraverso elementi indiziari, come le modalità di occultamento e il contesto generale. In secondo luogo, l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non dipende solo dall’importo contraffatto, ma richiede una valutazione complessiva della condotta e della personalità dell’autore. Infine, la concessione delle attenuanti generiche è una decisione ampiamente discrezionale del giudice, che può legittimamente negarle basandosi su elementi negativi consolidati come i precedenti penali, anche a fronte di una parziale collaborazione.

Quali elementi dimostrano l’intenzione di mettere in circolazione banconote false?
Secondo la sentenza, l’intenzione (dolo specifico) può essere provata da un insieme di indizi, quali il numero non esiguo di banconote, la loro detenzione separata da denaro autentico, la presenza di una notevole quantità di contanti, il possesso di più cellulari e il rifiuto di collaborare pienamente con le autorità (es. non fornendo il PIN).

Perché non è stata riconosciuta la particolare tenuità del fatto nonostante l’importo modesto (€180)?
La particolare tenuità del fatto è stata esclusa perché, al di là dell’importo, la condotta è stata ritenuta di ‘cospicuo disvalore’. A pesare sono stati il contesto del ritrovamento (insieme a oltre 13.000 euro in contanti) e i precedenti penali dell’imputato, che indicavano una non occasionalità del comportamento illecito.

È sufficiente un comportamento collaborativo parziale per ottenere le attenuanti generiche?
No. La sentenza chiarisce che il giudice di merito può negare le attenuanti generiche basandosi sulla personalità complessiva dell’imputato e sui suoi precedenti penali. Un comportamento non pienamente collaborativo, come il rifiuto di sbloccare un cellulare, può essere valutato negativamente e ritenuto prevalente su altri eventuali elementi favorevoli.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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