LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Detenzione banconote false: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per il reato di detenzione di banconote false. La Corte ha ribadito che l’intenzione di mettere in circolazione il denaro contraffatto, elemento necessario per la condanna, può essere provata anche da elementi indiziari, come l’impossibilità dell’imputato di fornire una spiegazione plausibile sulla provenienza delle banconote.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione banconote false: la prova del dolo specifico

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, si è pronunciata su un caso di detenzione banconote false, confermando la condanna di un imputato e dichiarando il suo ricorso inammissibile. La decisione offre importanti chiarimenti su come viene accertato l’elemento soggettivo del reato, ovvero l’intenzione di mettere in circolazione il denaro contraffatto.

I Fatti del Caso e la Condanna

La vicenda trae origine dalla condanna, confermata in secondo grado dalla Corte di Appello, di un uomo per il delitto previsto dall’articolo 455 del codice penale. L’imputato era stato trovato in possesso di banconote contraffatte. La sua difesa si basava principalmente sulla presunta assenza di prove riguardo all’intenzione di spendere o distribuire tale denaro, sostenendo di non essere consapevole della falsità delle banconote.

Il Ricorso in Cassazione e la Valutazione di Inammissibilità

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge in relazione alla sua ritenuta responsabilità penale. Secondo la difesa, mancava la prova dell’elemento psicologico del reato (il cosiddetto ‘dolo specifico’) e le dichiarazioni rese non erano state adeguatamente valutate.

La Suprema Corte ha respinto completamente queste argomentazioni, giudicando il ricorso inammissibile. La ragione principale è che i motivi presentati erano meramente riproduttivi di censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte di Appello, senza introdurre nuovi profili di illegittimità. La versione dei fatti fornita dall’imputato era stata considerata ‘non plausibile’ già nel giudizio di merito, con una motivazione ritenuta logica e coerente dalla Cassazione.

La Prova della Detenzione di Banconote False e il Dolo Specifico

Il punto cruciale della decisione riguarda la prova del dolo specifico. Per configurare il reato di cui all’art. 455 c.p., non è sufficiente la mera detenzione di denaro falso, ma è necessario che il soggetto agisca con l’intenzione di metterlo in circolazione. La Corte ha ribadito un principio consolidato: questa intenzione può essere desunta da qualsiasi ‘elemento sintomatico’.

In altre parole, il dolo può essere provato anche in via indiretta, attraverso indizi. Nel caso di specie, la Corte ha sottolineato come l’assenza di una qualsiasi spiegazione plausibile da parte dell’imputato circa la provenienza delle banconote false sia un elemento fortemente indicativo della sua mala fede e della volontà di utilizzarle.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione di inammissibilità sulla base di due argomenti principali. In primo luogo, il ricorso era generico e ripetitivo, non affrontando in modo critico le solide argomentazioni della sentenza di appello. In secondo luogo, la valutazione sull’esistenza del dolo specifico era stata effettuata correttamente dai giudici di merito. Essi hanno logicamente dedotto l’intento criminoso dalla totale incapacità dell’imputato di giustificare il possesso del denaro contraffatto. La Corte ha inoltre dichiarato tardiva una memoria difensiva presentata dall’imputato, in quanto depositata oltre i termini previsti dall’art. 611 del codice di procedura penale.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma che nel reato di detenzione banconote false, la prova del dolo specifico può essere raggiunta anche per via presuntiva. Chi viene trovato in possesso di denaro contraffatto e non è in grado di fornire una spiegazione credibile sulla sua origine, corre il serio rischio di essere considerato responsabile del reato. La mancanza di una giustificazione viene interpretata come un forte indizio della volontà di immettere le banconote nel circuito economico. La decisione ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Per quale motivo il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove questioni di diritto o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata.

Come si dimostra l’intenzione di mettere in circolazione banconote false secondo la Cassazione?
L’intenzione (dolo specifico) può essere liberamente desunta da qualsiasi elemento sintomatico. La Corte ha specificato che il difetto di una qualsiasi indicazione sulla provenienza delle banconote da parte dell’imputato è un elemento rilevante e convergente per provare la volontà di metterle in circolazione.

Quale conseguenza ha avuto la presentazione tardiva di una memoria difensiva?
La memoria presentata nell’interesse dell’imputato è stata considerata tardiva ai sensi dell’art. 611, comma 1, del codice di procedura penale e, pertanto, non è stata presa in considerazione dalla Corte. Inoltre, è stata giudicata comunque priva di elementi decisivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati