Detenzione Arma Comune: Quando un’Arma è illegale anche se non Funzionante?
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12090/2024, ha fornito importanti chiarimenti sul reato di detenzione arma comune, stabilendo principi rigorosi sulla funzionalità dell’arma e sull’errore del detentore. La pronuncia sottolinea che un’arma resta tale, e la sua detenzione illegale, anche se non è immediatamente operativa, a patto che possa essere ripristinata con semplici interventi. Analizziamo insieme la decisione.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla parziale riforma, da parte della Corte d’Appello, di una sentenza di primo grado. La Corte territoriale aveva prosciolto un imputato dall’accusa di furto per mancanza di querela, ma aveva confermato la sua responsabilità per il reato di detenzione di arma comune da sparo, rideterminando la pena in sei mesi di reclusione e 150 euro di multa.
Contro questa decisione, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La difesa ha articolato il proprio ricorso su due argomentazioni chiave:
1. Irripetibilità dell’accertamento tecnico: Si sosteneva che l’esame sul funzionamento dell’arma fosse un atto irripetibile e che i giudici di merito non avessero valutato adeguatamente questa circostanza.
2. Errore sulla funzionalità dell’arma: L’imputato avrebbe agito nell’erroneo convincimento che l’arma non fosse funzionante e, di conseguenza, riteneva di non essere obbligato a denunciarne il possesso.
Detenzione Arma Comune: La Decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione si fonda sulla valutazione di entrambi i motivi come generici, non pertinenti rispetto alle competenze del giudizio di legittimità e privi di un reale confronto con le solide argomentazioni della Corte d’Appello.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Cassazione ha smontato punto per punto le tesi difensive, offrendo una lezione di diritto sul tema.
In primo luogo, riguardo alla funzionalità dell’arma, la Corte ha ribadito un principio consolidato: un’arma resta tale anche se temporaneamente non funzionante. Ciò che conta è la sua potenziale offensività, ovvero la possibilità di ripristinarne il funzionamento con interventi di semplice manutenzione. Nel caso specifico, i giudici hanno evidenziato che la difesa non aveva provato un’alterazione irreversibile dell’arma durante gli accertamenti e che, in ogni caso, la possibilità di renderla di nuovo operativa tramite un’attività di manutenzione (come quella che avrebbe potuto compiere il RIS) era sufficiente per qualificarla come arma ai sensi di legge. Il primo motivo è stato quindi giudicato generico.
In secondo luogo, la Corte ha respinto la tesi dell’errore scusabile. I giudici hanno chiarito che, per escludere la colpevolezza, l’errore sulla funzionalità dell’arma deve essere assoluto e inevitabile. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva ragionevolmente ritenuto che le circostanze concrete avrebbero dovuto indurre nell’imputato quantomeno il dubbio sul fatto che l’arma potesse essere funzionante. Questo dubbio è sufficiente a escludere la buona fede e, quindi, l’applicazione della scusante dell’errore. Sollecitare una diversa valutazione su questo punto, secondo la Cassazione, equivarrebbe a chiedere un riesame dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rigore in materia di armi. Le conclusioni che possiamo trarre sono due:
1. La definizione legale di ‘arma’ è ampia e include anche quegli strumenti che, pur non essendo immediatamente operativi, possono essere facilmente ripristinati. Non è necessario che un’arma ‘spari’ al momento del sequestro per configurare il reato di detenzione illegale.
2. Per invocare con successo l’errore sulla natura dell’oggetto, non basta una semplice convinzione personale. È necessario dimostrare che tale convinzione fosse ragionevole e inevitabile. La sola presenza di un dubbio sulla funzionalità dell’arma è sufficiente a rendere la sua detenzione penalmente rilevante.
Un’arma da sparo che non funziona immediatamente è considerata comunque un’arma ai fini di legge?
Sì, secondo la Corte un’arma resta tale anche se non è immediatamente funzionante, a condizione che possa divenire tale tramite una semplice attività di manutenzione. Ciò che rileva è la sua potenziale capacità offensiva.
È possibile essere assolti per il reato di detenzione di arma se si credeva erroneamente che non fosse funzionante?
No, non in questo caso. La Corte ha stabilito che se le circostanze sono tali da ingenerare quantomeno il dubbio sul carattere funzionante dell’arma, l’errore non può essere considerato scusabile e quindi non esclude la responsabilità penale.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano generici e non si confrontavano adeguatamente con le motivazioni della sentenza d’appello. Inoltre, il secondo motivo mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività non consentita nel giudizio di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12090 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12090 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che con la sentenza in epigrafe la Corte d’Appello di Palermo, in parziale riforma sentenza del Tribunale di Palermo del 5/05/2021 pronunciata nei confronti di COGNOME NOME, dichiarato non doversi procedere nei suoi riguardi in relazione al furto in contestazione perché l penale non poteva essere proseguita per carenza di querela e ha rideterminato la pena in relazione solo reato di detenzione di arma comune da sparo in mesi sei di reclusione ed euro 150,00 di multa;
Rilevato che con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione di legge e il vizio di mot in relazione all’art. 360 cod. proc. pen. posto che i giudici di merito non avrebbero tenuto in considerazione la tesi difensiva secondo cui l’accertamento sul funzionamento dell’arma fosse irripe
Rilevato che con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione di legge e il vizio di moti in relazione agli artt. 2 e 7 legge n. 895/1967, posto che il giudice avrebbe dovuto riconoscere l’ convincimento dell’imputato sulla non funzionalità dell’arma, e quindi sull’assenza di obbligo di de
Considerato che il primo motivo di ricorso è inammissibile perché generico e privo di confronto le adeguate argomentazioni della Corte di appello, la quale ha evidenziato che non era prevedibile ex ante una alterazione del fucile a seguito delle operazioni della p.g. e che neppure risulta che tale sia effettivamente verificato, anche accogliendo la prospettiva del consulente tecnico della difesa ad ogni modo, l’arma resta tale anche laddove non sia immediatamente funzionante ma possa divenire tale in forza di mera attività di manutenzione come quella che ipoteticamente sarebbe stata reali dai RIS nel caso di specie.
Considerato che il secondo motivo è inammissibile perché teso a sollecitare una diversa e alterna lettura che non è consentita in questa sede (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 80601; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062) senza peraltro confrontarsi con la adegu motivazione resa dalla Corte di appello, la quale non ha ritenuto ragionevole che, in ragione circostanze del caso di specie, COGNOME non avesse quantomeno il dubbio (che esclude l’errore) cir carattere funzionante dell’arma;
Ritenuto che il ricorso è pertanto inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3 cod. proc. pen
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento d spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escl la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, rit congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7/03/2024