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Detenzione animali: quando è reato ex art. 727 c.p.

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per il reato di detenzione animali in condizioni di grave sofferenza. L’animale era tenuto in uno spazio ristretto, sporco e mostrava segni di sofferenza fisica. La Corte ha ribadito che tali modalità integrano il reato previsto dall’art. 727 c.p. e ha respinto il motivo di ricorso relativo alla non punibilità per tenuità del fatto, poiché non sollevato durante il giudizio di merito, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Animali: Quando Scatta il Reato Secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato i principi cardine in materia di detenzione animali, chiarendo le condizioni che integrano il reato di maltrattamento e sottolineando l’importanza delle corrette procedure processuali. Questa pronuncia offre spunti fondamentali non solo sulla tutela degli animali, ma anche sulle conseguenze di una difesa tecnica non impeccabile. Analizziamo nel dettaglio la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per il reato previsto dall’articolo 727 del codice penale. Le autorità avevano accertato che un animale era detenuto in condizioni palesemente inadeguate: lo spazio era ristretto, sporco e di colore giallastro, come riportato nel verbale della polizia giudiziaria. Un testimone, inoltre, aveva confermato lo stato di sofferenza dell’animale, che piangeva e aveva perso il pelo. Questi elementi fattuali, comprovati durante il giudizio di merito, hanno costituito la base per la condanna iniziale.

Il Ricorso in Cassazione e la Detenzione Animali

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale. Si tratta di un istituto che consente di escludere la punibilità per reati considerati di lieve entità. Tuttavia, la difesa ha commesso un errore procedurale decisivo: la richiesta di applicazione di tale beneficio non era stata formulata durante il processo di merito. I verbali d’udienza, infatti, dimostravano che le conclusioni delle parti, al termine dell’istruttoria, non includevano questa specifica istanza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione su due pilastri fondamentali.

In primo luogo, ha ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: il reato di cui all’art. 727 c.p. è integrato dalla detenzione animali con modalità che arrechino loro gravi sofferenze. Le condizioni igieniche precarie, lo stato di abbandono e i segni evidenti di malessere fisico sono sufficienti a configurare la fattispecie criminosa, come già affermato in numerose sentenze precedenti.

In secondo luogo, e con valore dirimente per il caso specifico, la Corte ha giudicato il motivo relativo all’art. 131-bis c.p. privo di specificità e, soprattutto, tardivo. La richiesta di applicazione di una causa di non punibilità deve essere presentata nel corso del giudizio di merito, ossia davanti al tribunale che valuta le prove. Proporla per la prima volta in sede di legittimità, davanti alla Cassazione, costituisce una violazione procedurale che rende il motivo inammissibile. La Corte ha quindi condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende, evidenziando la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è emblematica sotto un duplice profilo. Da un lato, rafforza la tutela penale degli animali, confermando che la loro detenzione in condizioni non dignitose e produttive di sofferenza costituisce un reato a tutti gli effetti. Dall’altro, ammonisce sull’importanza del rigore procedurale: le istanze difensive, anche quelle potenzialmente favorevoli all’imputato come la richiesta di tenuità del fatto, devono essere presentate nei tempi e nei modi previsti dalla legge. Un errore procedurale può precludere l’esame nel merito di una doglianza, con conseguenze economiche significative per il ricorrente.

Quando la detenzione di animali diventa un reato secondo l’art. 727 del codice penale?
Secondo la sentenza, il reato è integrato quando gli animali sono detenuti con modalità tali da arrecare loro gravi sofferenze. Nel caso di specie, le condizioni di sporcizia, lo spazio ristretto, la perdita di pelo e i lamenti dell’animale sono stati considerati sufficienti a configurare il reato.

È possibile chiedere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) per la prima volta in Cassazione?
No. La Corte ha stabilito che la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto deve essere formulata nel corso del giudizio di merito. Se non viene presentata in quella sede, il motivo di ricorso sollevato per la prima volta in Cassazione è considerato inammissibile.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se sussistono profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità, il ricorrente può essere condannato al pagamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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