Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37036 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37036 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME CAGLIARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/10/2023 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Cagliar confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede del 14 gennaio 2021, con cui COGNOME NOME era stato condanNOME, in relazione al reato contestato di plurimi episodi di detenzione a fine di cessione di stupefacente ex art. 73 d.P.R. n. 309/1990 (realizzato mediante occultamento nell’abbigliamento intimo di 26 involucri contenenti sostanza stupefacente del tipo cocaina, del peso complessivo di circa gr. 9,05, e, presso la propria abitazione, di pietra di cocaina per un totale di gr. 45,15), nonché di cessione di quantitativi imprecisati di sostanza stupefacente a soggetti imprecisati, alla pena di anni due e mesi dieci di reclusione ed euro 14.000,00 di multa, ritenuta la continuazione e le circostanze attenuanti generiche.
COGNOME NOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo un unico motivo, con cui denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale, posto che la sentenza impugnata (costituente cd. doppia conforme rispetto a quella resa dal Tribunale), aveva ritenuto la responsabilità penale dell’imputato perché, presso la propria abitazione, erano stati rinvenuti grammi 45,15 di cocaina e complessivi euro 2.500,00, ritenuti corrispettivo di pregresse attività di spaccio. Con ciò si sarebbe trascurato di considerare che la finalità della detenzione allo spaccio costituisce elemento costitutivo del reato, di cui la pubblica accusa deve fornire piena prova. Invece, la motivazione si era basata sul fatto che l’imputato non aveva fornito giustificazioni circa la provenienza lecita del denaro, per cui gli elementi utilizzati dovevano ritenersi insufficienti a sostenere la sussistenza della destinazione allo spaccio.
Il motivo è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata ha effettuato l’accertamento relativo alla attività di spaccio della sostanza stupefacente rinvenuta alle pagine 4 e 5. In particolare, la Corte d’appello ha accertato che la somma di denaro era stata rinvenuta suddivisa in banconote di piccolo taglio, nel chiarissimo contesto di un’attività di spaccio in corso ( accertato dagli agenti nel corso del servizio di osservazione e comprovato dal contestuale rinvenimento di
26 dosi di cocaina addosso allo COGNOME; inoltre, nell’abitazione dello stesso era stato rinvenuto altro rilevante quantitativo di cocaina purissima ( dalla quale si sarebbero potuti ricavare 335 dosi) e bilancini. Elementi tali da dimostrare la natura stabile e remunerativa dell’attività. La Corte d’appello ha già compiutamente confutato la tesi difensiva secondo cui non assumerebbe rilievo il rinvenimento della somma di euro 2500,00e l’assenza di giustificazione circa il possesso del denaro. Infatti, nessuna inversione dell’onere della prova circa la colpevolezza era avvenuta da parte del Tribunale, il quale aveva correttamente attribuito alle circostanze sopra elencate il valore di fatti univocamente significativi dell’attivi illecita.
A fronte di tali specifiche deduzioni, il ricorrente si limit inammissibilmente, a reiterare le medesime difese disattese dalla Corte di appello, senza indicare in che modo la motivazione addotta sia erronea o viziata. Il che inficia il ricorso che si rivela del tutto privo di specifici art. 581 lett. d) cod.proc.pen., in relazione alla richiesta di annullamento della sentenza impugnata avanzata.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla RAGIONE_SOCIALE delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2024.