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Detenzione ai fini di spaccio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione ai fini di spaccio. La Corte conferma che la condanna è legittima quando, oltre alla quantità di droga, vengono ritrovati elementi come bilancini di precisione, materiale per il confezionamento e somme di denaro non giustificate. Questi indizi, valutati nel loro complesso, sono sufficienti a escludere l’uso personale e a comprovare la finalità di spaccio.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione ai fini di spaccio: non solo la quantità fa la differenza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito i criteri per distinguere l’uso personale di sostanze stupefacenti dalla detenzione ai fini di spaccio. La decisione sottolinea come la valutazione del giudice non possa basarsi unicamente sul dato quantitativo della droga sequestrata, ma debba fondarsi su un’analisi complessiva di tutti gli elementi indiziari. Questo principio è cruciale per comprendere come viene provato uno dei reati più comuni in materia di stupefacenti.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguarda un giovane condannato in primo e secondo grado per la detenzione di hashish e marijuana. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una motivazione carente da parte della Corte d’Appello su tre punti fondamentali: l’esclusione della finalità di spaccio, il mancato riconoscimento del reato nella sua forma più lieve (il cosiddetto “fatto di lieve entità”) e la negazione delle attenuanti generiche.

I Motivi del Ricorso

La difesa sosteneva che non vi fossero prove sufficienti a dimostrare l’intenzione di cedere a terzi la sostanza stupefacente. Secondo il ricorrente, i giudici di merito non avrebbero adeguatamente motivato le ragioni per cui la detenzione non potesse essere considerata per uso puramente personale. Inoltre, si contestava la severità del trattamento sanzionatorio, chiedendo l’applicazione di una fattispecie meno grave e la concessione delle attenuanti.

Detenzione ai fini di spaccio: l’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno chiarito che, sebbene il superamento dei limiti tabellari di quantità non costituisca una presunzione legale di spaccio, esso rappresenta un indizio di notevole rilevanza. Tuttavia, tale indizio deve essere corroborato da altri elementi per fondare una condanna.

Nel caso di specie, gli elementi a carico dell’imputato erano molteplici e significativi:

1. Quantità rilevante: Il totale della sostanza sequestrata era pari a 100 dosi medie di marijuana e 27 dosi medie di hashish.
2. Modalità di presentazione: La droga era già suddivisa in involucri preconfezionati, pronti per la vendita.
3. Strumenti per il confezionamento: Sono stati rinvenuti tre bilancini di precisione e altro materiale per il confezionamento, considerati veri e propri “strumenti del mestiere”.
4. Disponibilità di denaro: L’imputato possedeva una somma di 790 euro, per la quale non è stata fornita alcuna giustificazione legata a un’attività lavorativa lecita.

Il Diniego delle Attenuanti e del Fatto di Lieve Entità

La Cassazione ha inoltre confermato la correttezza del diniego sia del fatto di lieve entità sia delle attenuanti generiche. Per quanto riguarda la lieve entità, la valutazione complessiva degli elementi (quantità, mezzi, modalità) non permetteva di qualificare il fatto come meno grave.

Riguardo alle attenuanti generiche, la Corte ha ricordato che, a seguito delle riforme legislative, il solo stato di incensuratezza non è più sufficiente per la loro concessione. È necessaria la presenza di elementi positivi concreti che giustifichino una riduzione della pena, elementi che nel caso in esame mancavano. Anzi, è stata sottolineata anche l’assenza di un atteggiamento collaborativo da parte dell’imputato.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si basa su un principio consolidato: la prova della detenzione ai fini di spaccio si raggiunge attraverso una valutazione globale e logica di una pluralità di indizi. Nessun singolo elemento è di per sé decisivo, ma la loro convergenza può fornire un quadro probatorio solido e inequivocabile. La presenza simultanea di una quantità non trascurabile, di droga già divisa in dosi, di bilancini e di denaro contante di cui non si sa spiegare la provenienza, crea un complesso di circostanze che, secondo la logica e l’esperienza, punta inequivocabilmente verso l’attività di spaccio.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un orientamento giurisprudenziale stabile e fornisce un’utile guida per comprendere la linea di demarcazione tra uso personale e spaccio. La decisione chiarisce che la difesa basata sulla sola assenza di una confessione o di una prova diretta della cessione è destinata a fallire quando sono presenti numerosi e concordanti indizi di segno contrario. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, il messaggio è chiaro: il possesso di stupefacenti accompagnato da “attrezzatura” specifica e denaro sospetto sarà quasi certamente interpretato dai giudici come un’attività illegale destinata alla vendita.

La sola quantità di droga è sufficiente per una condanna per spaccio?
No, la Cassazione ribadisce che la sola quantità, anche se superiore ai limiti di legge, non determina una presunzione automatica di spaccio. Tuttavia, è un indizio molto importante che, unito ad altri elementi, può fondare la condanna.

Quali altri elementi sono considerati prova della detenzione ai fini di spaccio?
Nel caso specifico, sono stati decisivi: la suddivisione della sostanza in dosi già pronte (involucri preconfezionati), il ritrovamento di tre bilancini di precisione e materiale per il confezionamento, e la disponibilità di una somma di denaro (€790) non giustificata da un’attività lavorativa lecita.

Per ottenere le attenuanti generiche è sufficiente non avere precedenti penali?
No, la Corte ha specificato che lo stato di incensuratezza da solo non è più sufficiente per concedere le attenuanti generiche. È necessaria la presenza di elementi positivi valorizzabili e, nel caso di specie, è stata negativamente valutata anche l’assenza di un atteggiamento collaborativo dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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