Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12742 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12742 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2018
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a REGGIO CALABRIA il 02/04/1965
avverso la sentenza del 12/09/2017 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
(IrIM – conclude chiedendo -( che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di REGGIO CALABRIA in difesa di: NOME COGNOME che conclude chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 21.12.2016, il Tribunale di Reggio Calabria in composizione collegiale dichiarava NOME NOME NOME colpevole dei reati di detenzione di armi comuni da sparo (capo A), detenzione di arma clandestina (capo C), ricettazione di arma comune da sparo (capo D) e detenzione di munizioni (capo E), per i quali, ritenuta continuazione, lo condannava alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione e 1.700,00 euro multa; dichiarava, inoltre, l’imputato colpevole del reato di detenzione a fini di spaccio 60 grammi di marijuana (capo G), per il quale lo condannava alla pena di due anni e due mesi di reclusione, con la sanzione accessoria di legge.
Con sentenza del 12.9.2017, la Corte di Appello di Reggio Calabria, dichiarato, quanto alla pistola di cui al capo C), l’assorbimento del reato ex artt. 10-14 L. n. 497/74 in qu art. 23, comma 3, L. n. 110/75, rideterminava la pena inflitta all’imputato in relazione a A), C), D), ed E) in due anni e otto mesi di reclusione e 1.000,00 euro di multa; qualifi fatto di cui al capo G) nel delitto di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309/90, rideterm pena inflitta all’imputato in relazione a tale reato in otto mesi di reclusione e 1.500,00 multa.
Revocava la sanzione accessoria, confermando nel resto la decisione impugnata.
In sintonia con il primo Giudice, la Corte territoriale fondava la responsab dell’appellante, sul piano oggettivo e soggettivo, sul rinvenimento di armi e munizioni in del quale egli aveva l’esclusiva disponibilità, attestata dal possesso delle chiavi, anche cassaforte, e non potendosi in alcun modo accreditare la tesi difensiva basata sull’assunto cui qualcuno, all’insaputa dell’imputato, si sarebbe introdotto nell’immobile e vi avr depositato la pistola clandestina “Erma Werke” di cui al capo C) della rubrica.
Né il fatto che i fucili e la pistola custoditi nella cassaforte fossero appartenut documentalmente riscontrato) al padre e allo zio del NOME faceva venir meno la dimensione illecita della condotta, connesse all’omessa denunzia da parte del nuovo titolare, ma, semma ne rendeva meno intensa la gravità.
Quanto al profilo dell’inefficienza della pistola clandestina, dovuta alla rott meccanismo di sparo, la Corte reggina, condividendo le valutazioni del Tribunale, osservava che l’intervento di un tecnico specializzato ben avrebbe potuto ripristinarne l’efficienza, riferito dal teste COGNOME il che, ad onta di quanto obiettato dall’appellante, soddisfac condizioni cui la giurisprudenza di legittimità subordinava la punibilità di simili condotte.
L’interessato, per il tramite del difensore, ha affidato il suo ricorso ai seguenti
4.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai capi A), C), D) ed E) d rubrica.
La conclusione di colpevolezza in ordine alla detenzione abusiva di armi di cui a era stata ribadita dalla Corte di merito sulla base della sola disponibilità dei l ricorrente, senza la minima considerazione dell’elemento psicologico del rea connotazione colposa avrebbe consentito di sussumere la condotta de qua nell’alveo della fattispecie contravvenzionale prevista dall’art. 697 cod. pen.
La Corte di Appello aveva trascurato come l’accessibilità ai locali nei termini ROMEO – ovvero al fine di eseguirvi opere di manutenzione e salvaguardia, tratta costruzione fatiscente – non si tramutasse in una relazione residenziale, il che and anche alla contestazione di detenzione di arma clandestina.
Sulle accertate peculiari modalità di occultamento di quest’ultima, che rend tutto plausibile la mancata consapevolezza, da parte del ROMEO, dell’esistenza stessa in quell’immobile, i Giudici del gravame non si erano per nulla soffermati, limi escludere l’ipotesi, neppure adombrata dalla difesa, di un’introduzione nell’appa sconosciuti.
Sempre con riferimento al reato sub C), doveva considerarsi che la possi recupero della funzionalità dell’arma non diceva nulla sulla fattispecie in esame e l’ della “facilità” dell’operazione non era supportata da alcuna emergenza dibattimenta contraddetta dalla relazione balistica agli atti.
4.2. Violazione di legge e carenza di motivazione in relazione al capo G) della rubrica.
La Corte di Appello, pur avendo riqualificato l’originaria imputazione in quell comma 5 dell’art. 73 D.P.R. n. 309/90 in accoglimento di specifica doglianza difensi ritenuto il ricorrente responsabile di condotta penalmente rilevante senza, tutta alcun elemento di riscontro a sostegno delle conclusioni raggiunte sulle finalit riconnesse alla detenzione della sostanza.
4.3. Violazione di legge e vizio di motivazione sul trattamento sanzionatori l’eccessività del quale non è adeguatamente motivata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni che seguono.
Giova, in premessa, rammentare e ribadire il condivisibile principio di dirit il quale è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute in giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le arg riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (S 18826 del 9/2/2012, Pezzo, Rv. 253849; Sez. 4, n. 5191 del 29.3.2000, Rv. 216473; S 119333 del 27.1.2005, Rv. 231708).
Va, inoltre, precisato che, ai fini dell’osservanza del principio di specificità in r alla prospettazione di vizi di motivazione e di travisamento dei fatti, è necessario che contenga la compiuta rappresentazione e dimostrazione di un’evidenza – pretermessa o infedelmente rappresentata dal giudicante – di per sé dotata di univoca, oggettiva immediata valenza esplicativa, in quanto in grado di disarticolare il costrutto argomentativ provvedimento impugnato per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati (Sez. 1, n. 54281 5/7/2017, COGNOME, Rv. 272492 – 01).
Va, infine, sottolineato che nel giudizio di legittimità resta esclusa la possibilit nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudi merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità d di prova. La Corte di Cassazione, dunque, non può essere chiamata ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli elementi probatori, a fortiori attraverso una sollecitazione “frammentata”, spettando ad essa unicamente il controllo sulle modalità con le quali t elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della interpretazione che ne è stata f (Sez. 5, n. 44992 del 9/10/2012, P.M. in proc. Aprovitola, Rv. 253774; Sez. 2, n. 7380 dell’11/1/2007, Messina e altri, Rv. 235716).
Esaminata in quest’ottica, la motivazione della sentenza impugnata si sottrae al censure che le sono state mosse, in quanto, scevra da evidenti incongruenze o interne contraddizioni, ha illustrato in modo adeguato le ragioni per le quali ha ritenuto di valor gli elementi probatori – siccome riportati compiutamente nella superiore esposizione in fa cui qui si fa richiamo – atti a suffragare, in primo luogo, la sussistenza dei reati in m armi e munizioni di cui ai capi A), C), D) ed E) ascritti al ROMEO nelle loro compone oggettiva e soggettiva.
3.1. Con riferimento a tali reati, il ricorrente si è, invero, limitato a sviluppare, con approccio essenzialmente assertivo-confutativo, rilievi di mero fatto o aspecifici in o alla ricostruzione e valutazione delle emergenze processuali, che non sono proponibili in ques sede, atteso che il logico argomentare del Giudice del merito non può essere alterato da un integrale “rilettura” delle evidenze probatorie in senso favorevole all’imputato – nella sp relazione alla pretesa ignoranza dell’esistenza dell’arma clandestina presso l’immobile di aveva la disponibilità, al dubbio sull’efficienza dell’arma o alla inesplicata suss dell’elemento psicologico del reato sub A) in termini di colpa e non di dolo -, maga equivalente logicità, ma che non vale, tuttavia, a dimostrare la manifesta illogicità motivazione, richiesta dall’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per l’annullamen provvedimento impugnato su tale punto, e ciò anche dopo la riforma introdotta con la legg 20.2.2006 n. 46 (Sez. 2, n. 19584 del 5.6.2006, Capri ed altri, Rv. 233774).
3.2. Manifestamente infondato è il dedotto vizio di motivazione sulla finalità di spac della marijuana detenuta (reato sub capo G), posto che la Corte di merito ha adeguatamente motivato, al riguardo, valorizzando in modo logico il parametro della quantità di dosi ricava
Del resto, è lo stesso difensore che, nel chiedere (ed ottenere) nel giudizio di app l’applicazione dell’ipotesi di lieve entità ex art. 73 comma 5, D.P.R. n. 309/90, ha, ovviam dato per presupposta la rilevanza penale della condotta e, quindi, la finalità di spaccio.
Inammissibile per genericità è, infine, il motivo sul trattamento sanzionatorio, non si confronta per nulla sulla riduzione della pena operata dalla Corte territoriale risp quella irrogata in primo grado, sia con riferimento ai reati in materia di armi, sul reat così come sui reati-satellite, – sia con riferimento al reato in materia di stupefacenti, riqualifi nell’ipotesi più lieve dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309/90.
Alla dichiarazione d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che, in assenza di esonero da colpa, si stima equo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2018
Il Consigliere estensore
Il Presidente