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Detenzione a fini di spaccio: motivazione e attenuanti

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un individuo per detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, da cui era possibile ricavare 301 dosi. L’ordinanza rigetta il ricorso, ritenendo le censure generiche e una mera riproposizione di argomenti già valutati. La Corte ha validato la motivazione della sentenza di appello, basata su prove come i ripetuti accessi di assuntori presso l’abitazione, il materiale per il confezionamento e le modalità di custodia della droga. È stato inoltre confermato il diniego delle attenuanti generiche, giustificato dalla personalità allarmante dell’imputato e dalla strutturazione dell’attività illecita.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione a Fini di Spaccio: Quando la Motivazione Resiste in Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti spunti di riflessione sui criteri di valutazione della prova nel reato di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti e sulla discrezionalità del giudice nel concedere le attenuanti generiche. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un imputato, condannato in primo e secondo grado, confermando la solidità del percorso argomentativo seguito dai giudici di merito. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti di Causa e la Decisione dei Giudici di Merito

Il caso riguarda un uomo condannato dal Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello alla pena di 4 mesi di reclusione e 1.000 euro di multa. L’accusa era quella di aver detenuto sostanza stupefacente (hashish) con lo scopo di cederla a terzi. Dalla quantità sequestrata, era possibile ricavare ben 301 dosi medie singole.

La condanna si fondava su una serie di elementi probatori solidi e convergenti. I giudici avevano infatti accertato:

1. Ripetuti accessi di noti assuntori presso l’abitazione dell’imputato.
2. La circostanza che uno di questi acquirenti, fermato dalla polizia, era stato trovato in possesso di un involucro contenente droga, confezionato con modalità identiche a quelle utilizzate per il narcotico trovato in casa del condannato.
3. La detenzione, all’interno dell’abitazione, di tutto il materiale necessario per il confezionamento delle dosi.

Nonostante questo quadro probatorio, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

Il Ricorso per Cassazione e le Censure dell’Imputato

L’imputato ha contestato la sentenza d’appello su due fronti:

La Violazione di Legge sulla Prova

Il primo motivo di ricorso lamentava una violazione dell’articolo 192 del codice di procedura penale e un vizio di motivazione. Secondo la difesa, mancavano gli “elementi rivelatori della detenzione a fini di spaccio”. Si trattava, in sostanza, di una critica generale all’impianto accusatorio, ritenuto non sufficientemente provato.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Con il secondo motivo, si contestava la decisione della Corte d’Appello di non concedere le attenuanti generiche, denunciando una violazione di legge e un ulteriore vizio di motivazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una motivazione chiara e in linea con il suo orientamento consolidato.

In merito al primo motivo, i giudici hanno sottolineato come la censura fosse assolutamente generica e costituisse una mera riproposizione di argomenti già ampiamente esaminati e respinti dalla Corte d’Appello. La sentenza impugnata, infatti, aveva costruito un percorso argomentativo logico e coerente, basato sui dati fattuali sopra elencati. La concatenazione degli indizi (frequentazione dell’abitazione da parte di tossicodipendenti, identiche modalità di confezionamento, possesso di materiale per il taglio e la pesatura) rendeva la conclusione sulla detenzione a fini di spaccio del tutto ragionevole e ben motivata.

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, il giudice non è obbligato a prendere in esame tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato elementi ostativi di grande peso, quali:

* L’allarmante personalità del ricorrente, desunta dalla sua “pessima biografia penale”.
* L’ingente numero di dosi ricavabili dalla sostanza sequestrata.
* La strutturazione della condotta, che indicava un’attività di spaccio organizzata e non occasionale.

Questi elementi, ritenuti prevalenti, hanno legittimamente giustificato il diniego del beneficio.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma due importanti principi. Primo, nel processo penale, la prova della detenzione a fini di spaccio può essere logicamente desunta da una pluralità di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, come le frequentazioni, le modalità di confezionamento e il possesso di materiale strumentale. Un ricorso che si limiti a contestare genericamente la valutazione di tali elementi, senza individuare vizi logici specifici, è destinato all’inammissibilità. Secondo, la concessione delle attenuanti generiche è una valutazione discrezionale del giudice di merito, il quale può negarle motivando la sua decisione sulla base di elementi ritenuti decisivi, come i precedenti penali e la gravità oggettiva del fatto, senza dover analiticamente confutare ogni singolo argomento a favore dell’imputato.

Quali elementi possono dimostrare la detenzione a fini di spaccio invece che per uso personale?
Secondo la Corte, elementi decisivi sono i ripetuti accessi di assuntori presso l’abitazione dell’imputato, le modalità di confezionamento della droga identiche tra quella venduta e quella detenuta, e la presenza in casa del materiale necessario per confezionare le dosi.

Il giudice è obbligato a considerare tutti gli argomenti della difesa quando nega le attenuanti generiche?
No. Per la Corte, è sufficiente che il giudice motivi il diniego facendo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o comunque rilevanti (come la personalità dell’imputato, la gravità del reato e l’organizzazione della condotta), senza dover analizzare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole.

Perché il primo motivo di ricorso, relativo alla responsabilità, è stato considerato inammissibile?
È stato ritenuto inammissibile perché costituiva una mera riproposizione di censure già valutate e respinte dalla Corte d’Appello con una motivazione logica e coerente. Inoltre, le deduzioni erano assolutamente generiche, prive di riferimenti specifici al caso concreto e al percorso argomentativo della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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