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Detenzione a fine di spaccio: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo contro una condanna per detenzione a fine di spaccio. I giudici hanno stabilito che la valutazione dei fatti e delle prove è di competenza esclusiva dei tribunali di merito e che i motivi d’appello non possono limitarsi a riproporre censure generiche già respinte. La condanna al pagamento delle spese e di una sanzione è stata confermata.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione a Fine di Spaccio: La Cassazione Sancisce l’Inammissibilità del Ricorso sui Fatti

Con l’ordinanza n. 42988/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un caso di detenzione a fine di spaccio, delineando con chiarezza i confini del giudizio di legittimità. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. L’analisi si è concentrata sull’inammissibilità di motivi che contestano la ricostruzione probatoria già vagliata, con motivazione logica, nei gradi precedenti.

I Fatti del Caso: La Condanna in Appello

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro del 6 dicembre 2023. Tale sentenza aveva confermato la sua responsabilità penale per la detenzione di sostanze stupefacenti finalizzata alla vendita. L’imputato, non accettando la decisione, ha deciso di rivolgersi alla Suprema Corte per chiederne l’annullamento.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorrente ha basato la sua difesa su due principali motivi:

1. Errata valutazione dei fatti e del materiale probatorio: Il primo motivo contestava la ricostruzione della vicenda e l’apprezzamento delle prove effettuati dalla Corte d’Appello, ritenendo la motivazione illogica.
2. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Il secondo motivo invocava l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo che il fatto, per le sue caratteristiche, dovesse essere considerato di minima gravità e quindi non punibile.

La Decisione della Corte: Detenzione a fine di spaccio e limiti del giudizio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. I giudici hanno chiarito che il ruolo della Suprema Corte non è quello di riesaminare le prove, ma di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Poiché la Corte d’Appello aveva fornito una spiegazione adeguata e priva di vizi logici, ogni ulteriore discussione sul fatto era preclusa.

Le Motivazioni della Suprema Corte

L’ordinanza ha esaminato nel dettaglio le ragioni dell’inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso.

Sulla Ricostruzione del Fatto

La Cassazione ha sottolineato che la valutazione delle prove è competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte d’Appello aveva motivato la finalità di spaccio basandosi su una serie di elementi concreti e convergenti:

* Il dato ponderale (la quantità della sostanza).
* La suddivisione in più involucri, tipica della preparazione delle dosi.
* Le modalità di occultamento.
* La disponibilità di materiale per il confezionamento.
* Le modeste condizioni economiche dell’imputato, ritenute incompatibili con un possesso per uso personale di tale entità.

Secondo la Cassazione, tale ragionamento era fondato su massime di esperienza condivisibili e del tutto privo di illogicità, rendendo il primo motivo di ricorso un mero tentativo di ottenere una nuova e non consentita valutazione del merito.

Sulla Particolare Tenuità del Fatto

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che le censure erano aspecifiche e si limitavano a ripetere argomenti già presentati e respinti in appello. La Corte d’Appello aveva già motivato in modo congruo il rigetto della richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p., evidenziando la gravità complessiva della condotta di detenzione a fine di spaccio. Il ricorso non ha evidenziato vizi logici o giuridici in quella decisione, ma si è limitato a riproporla in modo sterile.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza offre un importante monito: un ricorso per Cassazione deve essere fondato su precise violazioni di legge o su vizi logici manifesti della motivazione, non sulla speranza di una riconsiderazione delle prove. La decisione conferma che, per provare la detenzione a fine di spaccio, una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti è sufficiente a fondare una sentenza di condanna. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. in caso di inammissibilità del ricorso.

Perché il ricorso sulla valutazione dei fatti è stato dichiarato inammissibile?
Perché la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione si limita a controllare la logicità e la correttezza giuridica della motivazione, senza poter riesaminare le prove.

Su quali elementi si basa la prova della detenzione a fine di spaccio?
La prova è stata desunta da una pluralità di elementi indiziari, tra cui la quantità della sostanza, la sua suddivisione in dosi, le modalità di occultamento, la disponibilità di materiale per il confezionamento e le condizioni economiche dell’imputato.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso penale?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000,00 euro, oltre alla definitività della condanna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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