Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4990 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4990 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME NOME nato a Monte Sant’Angelo il 12/02/1975 avverso l’ordinanza del 09/01/2024 del MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso. lette le conclusioni del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 9 gennaio 2024 il magistrato di sorveglianza di L’Aquila ha respinto l’istanza presentata dal detenuto, in regime di cui all’art. 41-bis ord. pen., NOME COGNOME di poter trattenere presso la propria cella fornello e pentolame anche dopo le 20:00 e prima delle 07:00 del mattino.
Il magistrato di sorveglianza ha respinto l’istanza, in quanto ha ritenuto che l’istanza non abbia a fondamento una lesione grave ed attuale di diritti soggettivi.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto reclamo, convertito in ricorso per cassazione, il condannato, per il tramite del difensore, che, con unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., deduce che il magistrato di sorveglianza ha respinto il reclamo senza fissare l’udienza e senza quindi instaurare il contraddittorio, e, nel merito, che ogni disposizione che riguardi il trattamento differenziato per i detenuti nel regime di cui all’art. 41-bis ord. pen. deve trovare una propria giustificazione correlata all’esigenza di sicurezza.
Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
Con memoria scritta il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME ha replicato alle argomentazioni del Procuratore generale ed insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
La questione della possibilità per i detenuti in regime di cui all’art. 41-bis ord. pen. del carcere di L’Aquila di poter trattenere presso la propria cella il fornello e e le pentole anche in orari diversi dalle fasce orarie previste per la cottura dei cibi Ł stata portata ormai numerose volte all’attenzione del giudice di legittimità, e si Ł formato un orientamento consolidato che ritiene che ‘la particolare situazione del carcere di L’Aquila, che non ha detenuti comuni se non quelli impiegati nei servizi interni, comporta la difficoltà di ritenere che dalla possibilità di cucinare liberamente nel corso della giornata concessa a questi ultimi – che tornano nelle loro celle soltanto nelle ore in cui non sono impegnati nei servizi di istituto – si debba ricavare la inevitabile necessità di garantire anche a coloro che sono ristretti nel regime dell’art. 41-bis la possibilità di cucinare cibi a qualsiasi ora, previsione che Ł contraria alle regole di qualsiasi organizzazione complessa, anche non penitenziaria, in cui vi Ł coesistenza di persone e condivisione di ambienti comuni. Non si scorge quindi nella individuazione di fasce orarie per la cottura dei cibi dei detenuti sottoposti al regime speciale alcun tratto discriminatorio (Sez. 1, n. 49257 del 10/10/2023, DAP in proc. NOME, n.m.; Sez. 1, 27/06/2023, n. 39098, D.A.P. in proc. COGNOME, n.m.; Sez. 1, 25/05/2023, n. 34608, D.A.P. in proc. Muto, n.m.).
Con il provvedimento impugnato il magistrato di sorveglianza di L’Aquila ha preso atto di questo orientamento della Corte di legittimità ed ha ritenuto che, nella previsione della casa circondariale di negare al detenuto il trattenimento del fornello e delle pentole, non vi fosse questione di diritti soggettivi.
Il ricorso deduce che la decisione Ł stata presa de plano senza seguire la procedura in contraddittorio prevista dall’art. 35-bis ord. pen., ma l’argomento Ł infondato, perchØ l’art. 35-bis ord. pen. disponendo che ‘il procedimento relativo al reclamo di cui all’articolo 69, comma 6, si svolge ai sensi degli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale. Salvi i casi di manifesta inammissibilità della richiesta a norma dell’articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale, il magistrato di sorveglianza fissa la data dell’udienza e ne fa dare avviso, oltre che al soggetto che ha proposto reclamo, anche all’amministrazione interessata, a cui Ł comunicato contestualmente il reclamo, e che può comparire con un proprio dipendente ovvero trasmettere osservazioni e richieste’, prevede anche il potere del magistrato di sorveglianza di decidere senza fissare udienza qualora egli ritenga che la istanza sia manifestamente inammissibile.
Il ‘presupposto per la necessaria instaurazione del contraddittorio Ł, dunque, che la prospettazione difensiva del detenuto abbia un qualche fumus di fondatezza’ (Sez. 1, Sentenza n. 23533 del 07/07/2020, COGNOME, Rv. 279456, in motivazione).
La memoria depositata dal ricorrente in corso di procedimento deduce che in un precedente giurisprudenziale recente, relativo ad un caso analogo, la Suprema Corte ha annullato con rinvio per nuovo giudizio la decisione impugnata, rilevando come alla base vi fosse una originaria situazione di diritto soggettivo che avrebbe imposto l’attivazione del procedimento ex art. 35 bis ord. pen. (Sez. 1, n. 36553 del 04/07/2024, Lupo, n.m.).
La deduzione Ł corretta in fatto, ma non decisiva per la decisione di questo giudizio. E’ vero, infatti, che come nota la sentenza COGNOME, la posizione giuridica soggettiva relativa all’ambito di accesso del detenuto all’attività di cottura dei cibi rientra nell’esplicazione del suo diritto di alimentarsi, che permette di individuare nella richiesta del detenuto un diritto soggettivo, che, a sua volta, impone di trattare il reclamo non come un reclamo generico ai sensi dell’art. 35 ord. pen., ma come un reclamo giurisdizionale secondo la procedura di cui all’art. 35-bis ord. pen.
Però, come Ł stato evidenziato sopra, anche la procedura di cui all’art. 35-bis ord. pen. permette la decisione de plano senza passare per la fissazione di una udienza in contraddittorio e,
nel caso in esame deve ritenersi che con il passaggio dei mesi l’orientamento della giurisprudenza di legittimità sulla questione delle fasce orarie di cottura per i cibi per i detenuti in regime di cui all’art. 41-bis ord. pen. ospitati nel carcere di l’Aquila si sia ulteriormente consolidato nel senso della insussistenza di qualsiasi situazione di discriminazione rispetto ai detenuti comuni (v., di recente, Sez. 1, Sentenza n. 46304 del 29/10/2024, D.A.P. in proc. COGNOME, Sez. 1, Sentenza n. 46303 del 29/10/2024, D.A.P. in proc. COGNOME; Sez. 1, Sentenza n. 43645 del 25/09/2024, D.A.P. in proc. COGNOME; Sez. 1, Sentenza n. 41131 del 09/07/2024, D.A.P. in proc. Madonia), per cui deve ritenersi legittimamente esercitato da parte del magistrato di sorveglianza il potere di dichiarazione di manifesta infondatezza del reclamo, che legittima il ricorso alla procedura de plano.
E’ vero che nella motivazione del provvedimento del magistrato di sorveglianza si sostiene l’assenza nel caso in esame di diritti soggettivi del detenuto, mentre la giurisprudenza della Corte, in realtà, Ł nel senso della sussistenza nella questione in esame di diritti soggettivi, che, però, in concreto, non sono stati violati, ma il sistema processuale permette alla Corte di cassazione la rettificazione ‘degli errori di diritto nella motivazione’, secondo la formula dell’art. 619 cod. proc. pen., in caso, quale quello in esame, in cui il reclamo avrebbe dovuto comunque essere respinto pur se con diversa motivazione (Sez. 1, Sentenza n. 35423 del 18/06/2014, Ortolano, Rv. 260279 – 01: Nel giudizio di legittimità, i casi di rettificazione elencati nell’art. 619, commi 1 e 2, cod. proc. pen. non sono tassativi ed Ł quindi suscettibile di rettificazione ogni altro erroneo enunciato contenuto nella sentenza impugnata, del quale sia palese e pacifica la riconoscibilità, qualora non comporti la necessità dell’annullamento. In motivazione, la Corte ha precisato che questa “regola” discende dai principi dell'”economia”, dell'”efficienza processuale” e della “massima semplificazione nello svolgimento del processo con eliminazione di ogni atto ed attività non essenziale”).
In definitiva, il ricorso Ł infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 29/01/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME