Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28012 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28012 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Polistena il 29/05/1972
avverso l’ordinanza emessa il 28/11/2024 dal Tribunale di sorveglianza di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 28 novembre 2024 il Tribunale di Sorveglianza di Bologna rigettava il reclamo proposto da NOME COGNOME, detenuto sottoposto al regime speciale di cui all’art. 41-bis legge 26 giugno 1975, n. 354 (Ord. pen.), presso la Casa circondariale di Parma, finalizzato a ottenere l’autorizzazione a trattenere nella propria cella, oltre le ore 20 di ogni giorno, utensili per cucinarsi i pasti.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, articolando un’unica censura difensiva.
Con questa doglianza, in particolare, si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che il Tribunale di sorveglianza di Bologna non aveva correttamente enunciato le ragioni che imponevano di ritenere che la direzione della Casa circondariale di Parma avesse esercitato la propria potestà organizzativa nel rispetto della previsione dell’art. 36, lett. b), d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, che demanda al regolamento interno di ciascuna struttura carceraria la disciplina degli orari relativi all’organizzazione del sostentamento e dell’alimentazione della popolazione detenuta.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
Osserva il Collegio che la questione dell’ambito di esplicazione del diritto di cottura dei cibi, relativamente ai detenuti sottoposti a regime detentivo differenziato di cui all’art. 41-bis Ord. pen., è stata oggetto di un ampio dibattito giurisprudenziale a partire dalla sentenza della Corte costituzionale 12 ottobre 2018, n. 186. Con tale pronuncia, in particolare, la Corte costituzionale dichiarava la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. f), Ord. pen., facendo venire meno il divieto, assoluto e non sindacabile, per la categoria di detenuti in discorso, di «cuocere cibi» (Corte cost., sent. n. 186 del 2018).
In questo ambito, costituisce espressione di un orientamento ermeneutico consolidatosi, che quello che è censurabile in sede giurisdizionale, perché elusivo dei principi affermati dalla pronuncia n. 186 del 2018 della Corte Costituzionale, non è la previsione, per i soggetti sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis Ord. pen., di fasce orarie di cottura dei cibi differenziate rispetto a quelle riservate ai detenuti comuni, quanto, piuttosto, la determinazione di fasce orarie non accompagnata dall’individuazione e dall’esplicitazione di ragioni apprezzabili che le giustifichino.
Ne consegue che non è consentita la determinazione di fasce orarie di cottura che presentano, quale unica finalità, quella di ottenere, attraverso di esse, una maggiore afflittività della detenzione dei soggetti sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis Ord. pen., in linea con quanto, da ultimo, affermato da Sez. 1, n. 43528 del 28/06/2023, Ministero della Giustizia, Rv. 285204 – 01, secondo cui: «In tema di ordinamento penitenziario, è legittima la disposizione del regolamento d’istituto che, incidendo sulle sole modalità di esercizio del relativo diritto, stabilisca il divieto di cottura dei cibi in determinate fasce orar a condizione che riguardi tutti i detenuti e non solo quelli sottoposti al regime detentivo di cui all’art. 41-bis Ord. pen., risolvendosi, in tal caso, i un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario, tale da assumere, in concreto, un carattere sostanzialmente vessatorio».
Infatti, nel dichiarare illegittimo la disposizione dell’art. 41-bis, comma 2quater, lett. f), Ord. pen., limitatamente al divieto di cuocere cibi per i detenuti sottoposti al regime differenziato di cui allo stesso articolo 41-bis., la Corte costituzionale ha riconosciuto a tale categoria di soggetti ristretti il dirit controverso, pur contemperandolo con le regole intrannurarie finalizzate ad assicurare l’ordine e la sicurezza interna, consentendone la fruizione limitata a determinate fasce orarie, purché le stesse non si caratterizzino per una durata irrisoria ed elusiva di principi costituzionalmente garantiti (Corte cost., sent. n. 186 del 2018, cit.).
In altri termini, la previsione di limiti alla possibilità di cucinare al di f delle fasce orarie, stabilite con il regolamento di istituto, laddove imposta in termini che non siano irrisori ovvero elusivi, costituisce un legittimo esercizio della potestà riconosciuta all’Amministrazione penitenziaria dall’art. 36, comma 2, lett. b), d.P.R. n. 230 del 2000, secondo cui «il regolamento interno disciplina gli orari relativi all’organizzazione della vita quotidiana della popolazione detenuta o internata » (Sez. 1, n. 22056 del 21/04/2021, COGNOME, non mass.).
Rispetto a queste modalità di esercizio della potestà riconosciuta all’Amministrazione penitenziaria, viene correlativamente affermata la sindacabilità in sede giurisdizionale dei provvedimenti con i quali viene regolamentato l’esercizio del diritto dei soggetti sottoposti al regime di cui all’art. 41 -bis Ord. pen. mediante l’individuazione di fasce orarie di autorizzazione alla cottura dei cibi, ritenuta indispensabile per impedire che eventuali risultino irragionevoli.
Né potrebbe essere diversamente, dovendosi ribadire che è necessario evitare che, mediante la determinazione di limitazioni orarie irragionevoli, venga introdotta, tra i detenuti comuni e quelli sottoposti al regime detentivo differenziato di cui all’art. 41 -bis Ord. pen., un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario, tale da assumere, in concreto, un carattere sostanzialmente vessatorio per questi ultimi, che determinerebbe un’ingiustificata lesione delle facoltà riconosciute, a tutti i detenuti, dall’art. 2 terzo comma, Cost.
Ne deriva ulteriormente che devono ritenersi legittime le disposizioni del regolamenti d’istituto – analoghe a quelle vigenti presso la Casa circondariale di Parma, dove è recluso NOME COGNOME – che, incidendo sulle sole modalità di esercizio del relativo diritto, stabiliscano il divieto di cottura dei cib determinate fasce orarie, a condizione che tali limitazioni traggono la propria giustificazione da ragioni di controllo intramurarii e non si risolvano in un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario dei soggetti dei soggetti sottoposti al regime di cui all’art. 41 -bis Ord. pen., tale da assumere, in concreto, un carattere sostanzialmente vessatorio, contrastante con la previsione dell’art. 27, terzo comma, Cost. (tra le altre, Sez. 1, n. 11050 del 22/11/2023, dep. 2024, Torcasio, non mass.; Sez. 1, n. 18910 del 06/03/2024, Cimato, non mass.).
In buona sostanza, la previsione di fasce orarie in cui l’attività di cottura dei cibi è consentita integra la mera regolamentazione intramuraria dell’esercizio di un diritto del detenuto, con la precisazione che attraverso tale disciplina non può essere ripristinata quella maggiore afflittività del trattamento detentivo differenziato che la Corte Costituzionale, con la richiamata pronuncia, ha ritenuto illegittima. Ne consegue che il parametro di riferimento per stabilire la legittimità della previsione delle modalità di esercizio del diritto per i detenuti soggetti al regime differenziato è costituito dal trattamento riservato ai detenuti comuni ristretti presso lo stesso istituto e alle esigenze di sicurezza proprie della struttura penitenziaria considerata (Sez. 1, n. 18910 del 06/03/2024, Cimato, cit.).
4. In questa cornice, appare evidente che, per verificare l’eventuale violazione dei diritti del detenuto, occorre esplicitare le ragioni per le quali l definizione delle fasce orarie nel corso delle quali è consentito cucinare ai detenuti assoggettati al regime differenziato di cui all’art. 41 -bis Ord. pen., non costituisce una scelta esorbitante dal ragionevole contemperamento tra il riconoscimento della possibilità di cucinare i cibi e le modalità di controllo della camera di detenzione dei soggetti sottoposti allo stesso regime, che deve essere effettuato alla luce dei principi affermati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 2018.
L’applicazione di questa regula juris, a cui il Collegio intende attenersi scrupolosamente, non può che indurre a ritenere legittima la decisione impugnata, dovendosi, in proposito, ribadire che, all’interno della Casa circondariale di Parma, i detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all’art. 41 -bis Ord. pen., a differenza degli altri soggetti ristretti, sono autorizzati a cucinare entro fasce orarie prestabilite e che la limitazione dell’autorizzazione a determinate fasce orarie non costituisce una particolare afflittività delle modalità di detenzione. Tale limitazione, infatti, è esclusivamente finalizzata a preservare la salubrità degli ambienti carcerari; l’ordinata convivenza dei detenuti sottoposti al regime detentivo speciale di cui all’art. 41 -bis Ord. pen.; la gestione dei controlli da parte degli operatori penitenziari, che devono eseguire verifiche giornaliere periodiche di tale categoria di ristretti.
Il Tribunale di sorveglianza di Bologna, quindi, sulla base di un percorso argonnentativo ineccepibile, riteneva che una tale differenziazione oraria fosse giustificata dalle esigenze di sicurezza connesse al regime detentivo speciale di cui all’art. 41 -bis Ord. pen. e dalla necessità di un’ordinata convivenza, che dovevano essere valutate alla luce della peculiare condizione intramuraria dei detenuti sottoposti al regime di cui si controverte, ristretti presso la Casa circondariale di Parma, nel cui ambito soggettivo andava ricondotto NOME COGNOME.
Occorre, pertanto, affermare conclusivamente che, nel caso in esame, il divieto di utilizzare nella propria camera di detenzione, oltre le ore 20 di ogni giorno, utensili per consentire ad NOME COGNOME di cucinarsi i propri pasti, tenuto conto della sua condizione di detenuto sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord. pen., presso la Casa circondariale di Parma, appare pienamente rispettoso del dettato normativo dell’art. 36, lett. b), d.P.R. n. 230 del 2000.
5. Le considerazioni esposte impongono conclusivamente di rigettare il ricorso proposto da NOME COGNOME con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15 luglio 2025.