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Detenuti 41-bis: limiti acquisto riviste legittimi

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’amministrazione penitenziaria può legittimamente limitare l’acquisto di riviste per i detenuti 41-bis a un elenco pre-approvato. Tale restrizione, motivata da esigenze di sicurezza per prevenire comunicazioni illecite, non costituisce una violazione del diritto all’informazione, il cui esercizio può essere regolamentato all’interno del regime carcerario speciale. La Corte ha annullato le precedenti decisioni dei giudici di sorveglianza che avevano accolto il reclamo di un detenuto.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenuti 41-bis: Diritto all’Informazione e Limiti di Sicurezza

Il regime carcerario speciale, noto come 41-bis, rappresenta una delle misure più severe del nostro ordinamento, pensata per recidere i legami tra i boss mafiosi e le loro organizzazioni. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema delicato che riguarda proprio i detenuti 41-bis: il bilanciamento tra il loro diritto all’informazione e le imprescindibili esigenze di sicurezza. La Corte ha stabilito che limitare l’acquisto di riviste a un elenco pre-approvato non viola i diritti fondamentali del detenuto, se tale misura è giustificata dalla prevenzione di comunicazioni illecite.

I Fatti del Caso

Un detenuto sottoposto al regime del 41-bis aveva presentato un reclamo contro la decisione dell’amministrazione penitenziaria di negargli la possibilità di acquistare riviste non incluse in un catalogo specifico (il cosiddetto ‘mod. 72’). La sua richiesta era generica: poter acquistare qualsiasi pubblicazione in libera vendita, anche con allegati. Sia il Magistrato di Sorveglianza prima, sia il Tribunale di Sorveglianza poi, avevano accolto le sue ragioni, ordinando all’istituto penitenziario di consentire l’acquisto, previo controllo di sicurezza. Ritenevano infatti che un divieto così ampio costituisse una compressione ingiustificata del diritto all’informazione. Contro questa decisione, il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte sui Limiti per i detenuti 41-bis

La Suprema Corte ha ribaltato completamente il verdetto dei gradi precedenti, accogliendo il ricorso del Ministero e annullando senza rinvio le ordinanze impugnate. Il principio chiave affermato dai giudici è la distinzione fondamentale tra il nucleo intangibile di un diritto e le modalità del suo esercizio. Mentre il diritto all’informazione e alla lettura è garantito, le sue modalità di fruizione in un contesto di massima sicurezza come il 41-bis possono e devono essere regolamentate dall’amministrazione penitenziaria.

Le motivazioni

La Corte ha sottolineato che il regime del 41-bis è finalizzato a impedire ogni forma di contatto tra i detenuti e il mondo esterno, per evitare che continuino a impartire ordini e a gestire le attività criminali dal carcere. In quest’ottica, la circolazione di libri, giornali e riviste rappresenta un potenziale veicolo per la trasmissione di messaggi criptici, difficilmente individuabili anche con accurati controlli. La scelta dell’amministrazione di limitare gli acquisti a canali sicuri e a un catalogo predefinito (il ‘mod. 72’) non è dunque illogica o pretestuosa, ma risponde a una concreta esigenza di prevenzione.
I giudici hanno chiarito che non si tratta di una negazione del diritto, ma di una sua ponderata regolamentazione. Il detenuto non viene privato della possibilità di informarsi o leggere, ma gli viene imposto di farlo attraverso i canali ritenuti sicuri dall’amministrazione. La richiesta del detenuto, essendo generica e non legata all’acquisto di una specifica pubblicazione essenziale per un suo diritto soggettivo, si configurava come una contestazione delle modalità di esercizio, che rientrano nella discrezionalità dell’amministrazione. Di conseguenza, la restrizione è stata ritenuta legittima e proporzionata agli altissimi standard di sicurezza richiesti dal 41-bis.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nella gestione dei detenuti 41-bis: la sicurezza e la prevenzione della criminalità organizzata hanno un peso preponderante. Le restrizioni imposte, come quella sull’acquisto di riviste, sono legittime se non annullano il diritto fondamentale ma ne regolamentano l’esercizio in modo ragionevole e funzionale agli obiettivi del regime speciale. La valutazione dell’amministrazione penitenziaria sulle modalità più sicure per consentire l’accesso all’informazione gode di ampia discrezionalità e non è sindacabile dal giudice se non in casi di manifesta illogicità o irragionevolezza, non riscontrati in questo caso.

Un detenuto in regime 41-bis può acquistare qualsiasi rivista in commercio?
No. Secondo la sentenza, l’amministrazione penitenziaria può legittimamente limitare l’acquisto di riviste a quelle inserite in un elenco pre-approvato (‘mod. 72’), al fine di garantire la sicurezza e prevenire la trasmissione di messaggi illeciti.

Limitare l’acquisto di riviste viola il diritto all’informazione del detenuto?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che tale restrizione non nega il diritto all’informazione in sé, ma ne regola le modalità di esercizio. Il diritto è comunque garantito attraverso i canali di acquisto controllati e sicuri predisposti dall’amministrazione.

Perché l’amministrazione penitenziaria può imporre queste restrizioni ai detenuti 41-bis?
L’amministrazione può imporre queste restrizioni per le finalità specifiche del regime 41-bis, che sono quelle di recidere ogni collegamento tra i detenuti e le organizzazioni criminali di appartenenza. La limitazione serve a prevenire che riviste o altre pubblicazioni possano essere usate come veicoli per comunicazioni occulte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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