Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16489 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16489 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI NOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 25/03/1961
avverso l’ordinanza del 15/11/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che GLYPH ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Milano ha accolto il reclamo proposto dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, avverso l’ordinanza con la quale il Magistrato di sorveglianza aveva accolto il reclamo avanzato da NOME COGNOME detenuto in regime di cui all’art. 41 bis ord. pen., ed aveva disposto la disapplicazione degli artt. 6 e 8 Circolare DAP 3676/6126 del 02/10/2017, laddove . non prevede la disponibilità del fornelletto a gas H24/7, qualora consentita ai detenuti non sottoposti al regime ex art. 41 bis ord. pen.
Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per cassazione il difensore di COGNOME il quale, affidandosi ad un solo motivo, ha denunciato violazione di legge in relazione agli artt. 3, 27 e 32 Cost., 1, 3 e 41 -bis ord. pen., e 14 d:P.R. 230 del 2000.
Premesso che le questioni concernenti la cottura dei cibi attengono all’esercizio dei diritti soggettivi dei detenuti, in quanto suscettibili di interferire con l’esercizio d diritto alla salute, osserva il ricorrente come dalle norme in epigrafe indicate discende come le limitazioni alla ricezione e alla disponibilità di oggetti possono essere applicate solo qualora sostenute da motivate esigenze di sicurezza.
Nel caso in esame non sono state esplicitamente evidenziate le ragioni di sicurezza che si pongono alla base del divieto di disporre del fornello e delle suppellettili per tutta la durata della giornata; la limitazione è stata quindi imposta al detenuto esclusivamente sulla base del suo collocamento nella sezione del 41 bis, disvelandone la natura essenzialmente punitiva e discriminatoria.
Il sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
L’art. 41 -bis, comma 2 -quater, lett. f) ord. pen., come introdotto dalla legge n. 94 del 2009, prevede l’adozione, da parte dell’Amministrazione, di ogni misura di sicurezza volta a garantire, tra l’altro, che sia assicurata l’assoluta impossibilità di cuocere cibi. La norma è stata dichiarata, in parte qua, costituzionalmente illegittima da Corte cost. n. 186 del 2018 che ha precisato come «non si tratta di affermare, né per i detenuti comuni, né per quelli assegnati al regime differenziato, l’esistenza di un
“diritto fondamentale a cuocere i cibi nella propria cella” GLYPH si tratta piuttosto di riconoscere che anche chi si trova ristretto secondo le modalità dell’art. 41-bis Ord. pen. deve conservare la possibilità di accedere a piccoli gesti di normalità quotidiana, tanto più preziosi in quanto costituenti gli ultimi residui in cui può espandersi la sua libertà individuale (analogamente, sentenze n. 122 e n. 20 del 2017, n. 349 del 1993)». Nel dichiarare illegittimo l’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. f) ord. pen., limitatamente al divieto di cuocere cibi per i detenuti sottoposti al regime ex art. 41bis ord. pen., la Corte costituzionale ha riconosciuto a tali detenuti il corrispondente diritto, senza avere tuttavia affermato che questi ultimi non debbano sottostare alle regole del carcere disciplinanti le modalità del relativo esercizio, suscettibile di fruizione sulla base di fasce orarie deputate, che siano di durata adeguata e non irrisoria. Secondo un orientamento di questa Corte, la previsione di limiti alla possibilità di cucinare anche al di fuori delle fasce orarie, stabilite con il regolamento di istituto, costituisce un legittimo esercizio della potestà riconosciuta all’Amministrazione penitenziaria ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b), d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, secondo cui «il regolamento interno disciplina gli orari relativi all’organizzazione della vita quotidiana della popolazione detenuta o internata» (tra le altre, Sez. 1, n. 22056 del 21/04/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 21120 del 15/02/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 4030 del 04/12/2020, dep. 2021, Gallo, Rv. 280532). Rispetto a tale facoltà, viene comunemente affermata la sindacabilità in sede giurisdizionale dei provvedimenti con i quali viene regolamentato l’esercizio del diritto mediante l’individuazione di fasce orarie di autorizzazione alla cottura dei cibi. E’ necessario evitare che, mediante una disciplina distinta, venga introdotta, tra i detenuti comuni e quelli sottoposti al regime detentivo ex art. 41-bis Ord. pen., un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario tale da assumere, in concreto, un carattere sostanzialmente vessatorio per questi ultimi. E’ stato, quindi, affermato il principio per cui «in tema di ordinamento penitenziario, è legittima la disposizione del regolamento d’istituto che, incidendo sulle sole modalità di esercizio del relativo diritto, stabilisca divieto di cottura dei cibi in determinate fasce orarie a condizione che riguardi tutti i detenuti e non solo quelli sottoposti al regime detentivo di cui all’art. 41-bis, ord. pen., risolvendosi, in tal caso, in un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario tale da assumere, in concreto, un carattere sostanzialmente vessatorio. (Conf. n. 4031 del 2021, n. 7192 del 2021, n. 7193 del 2021 e n. 7194 del 2021)» (Sez. 1, n. 4030 del 2020, dep. 2021, Gallo, conformi, tra le molte, Sez. 1, n. 36940 del 28/06/2022, Crea, non mass.; Sez. 1, n. 38401 del 6/05/2022, Bolognino, non. mass.; Sez. 1, n. 43528 del 28/06/2023, COGNOME, Rv. 285204; Sez. 1, n. 11050 del 22/11/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass., Sez. 1, n. 18910 del 06/03/2024, COGNOME, non mass.),E’ stato confermato, da un lato, che la previsione di fasce orarie in cui l’attività è consentita integra la mera regolamentazione dell’esercizio di un diritto, con la Corte di Cassazione – copia non ufficiale
precisazione che attraverso tale disciplina non può essere ripristinata quella maggiore afflittività del trattamento detentivo differenziato che la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima. Il parametro di riferimento per stabilire la legittimità del previsione delle modalità di esercizio del diritto per i detenuti soggetti al regime differenziato è costituito dal trattamento riservato ai detenuti comuni ristretti presso il medesimo istituto: l’individuazione di fasce orarie per la cottura dei cibi si rivela, dunque, legittima laddove non discriminatoria rispetto al trattamento riservato ai detenuti comuni, determinandosi, in caso contrario, un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario tale da assumere, in concreto, carattere sostanzialmente vessatorio. Ne consegue la necessità che il provvedimento assunto nei confronti di detenuto a regime differenziato chiarisca «per esplicito e all’esito di un’analisi specifica, se la previsione di fasce orarie stabilita, nell’istituto stesso, solo per i detenut assoggettati al regime differenziato fosse in concreto esorbitante dall’esercizio del potere organizzativo da parte dell’Amministrazione penitenziaria, in quanto del tutto avulso dal perseguimento delle esigenze connotanti il regime differenziato stesso, tale da comportare una diversificazione di disciplina priva di giustificazioni e, in tal caso, avente carattere irragionevole, perché discriminatorio» (Sez. 1, n. 36940 del 2022, Crea, cit.).
3. GLYPH Ciò premesso, il Tribunale di Sorveglianza, nell’impugnato provvedimento, ha evidenziato le ragioni giustificative del provvedimento amministrativo limitativo, insite nell’esigenza di mantenere la salubrità degli ambienti carcerari, evitare la concentrazione di fumi ed odori, oltreché nell’esigenza di tenere sotto controllo un’attività comunque pericolosa; il Tribunale ha anche evidenziato come non vengano dedotte dal ricorrente esigenze particolari di salute o di altra natura che giustifichino un’esenzione dalla regola della turnazione orari.
Le giustificazioni offerte inducono a ritenere, pertanto, che la diversità di trattamento riservata ai soggetti ristretti al regime previsto dal citato art. 41-bis rispetto ai detenuti comuni trovi plausibile giustificazione nelle indicate esigenze logistiche ed organizzative e non si traduca, invece, in un mezzo per ottenere, attraverso la differenza di regolamentazione, una maggiore afflittività della detenzione.
In definitiva, la motivazione dell’ordinanza impugnata, condotta nel rispetto dei principi di legge, come interpretati dalla giustizia costituzionale e da quella di legittimità di questa Corte, nonché in conformità a logica argomentativa coerente e lineare, si sottrae alle non fondate quanto generiche censure proposte dal ricorrente, solo formalmente anche sulla base di assunte violazioni di legge, ma sostanzialmente su profili di merito non proponibili in questa sede.
4. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/02/2025